30 ottobre 2007

Obiezione di coscienza: lo speciale de "Il Giornale"


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Il Papa contro le pillole abortive «Un diritto rifiutare di venderle»

di Andrea Tornielli

L’obiezione di coscienza è «un diritto riconosciuto» anche per i farmacisti, i quali devono essere liberi di rifiutarsi di fornire medicinali «che abbiano scopi chiaramente immorali», come l’aborto e l’eutanasia. Lo ha detto ieri mattina Benedetto XVI, ricevendo in udienza in Vaticano i partecipanti al Congresso internazionale dei farmacisti cattolici.

Nel suo discorso, tenuto in francese, il Papa ha chiesto ai farmacisti, nel loro ruolo di «intermediari tra medici e pazienti», di far conoscere «le implicazioni etiche dell’uso di alcuni farmaci». «In questo campo - ha spiegato il pontefice - non è possibile anestetizzare le coscienze, per esempio circa gli effetti di molecole che hanno lo scopo di evitare l’annidamento di un embrione o di cancellare la vita di una persona». Il riferimento, piuttosto evidente, è alla cosiddetta «pillola del giorno dopo», la «norlevo», che appunto impedisce l’annidamento di un eventuale ovulo fecondato (da non confondere con la RU486, farmaco abortivo in tutti i sensi) ed è stata approvata in Italia nel 2000: per acquistarla è necessaria la ricetta medica da rinnovare volta per volta.
Sulla RU486, invece, Ratzinger aveva già parlato all’inizio dell’anno agli amministratori del Lazio, spiegando che bisognava «evitare di introdurre farmaci che nascondano in qualche modo la gravità dell’aborto come scelta contro la vita».
Per il Papa dunque i farmaci devono «assolvere realmente al loro scopo terapeutico». Da qui l’invito ai farmacisti cattolici ad affrontare «la questione dell’obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti che hanno per obiettivo scelte chiaramente immorali, come per esempio l’aborto e l’eutanasia». Ratzinger ha anche chiesto di «aiutare i giovani che entrano nelle differenti professioni farmaceutiche a riflettere sulle implicazioni etiche sempre più delicate delle loro attività e decisioni». Si tratta «di approfondire la loro formazione non soltanto sul piano tecnico ma anche su ciò che riguarda le questioni bioetiche».

Ma nel discorso ai farmacisti, Benedetto XVI non ha parlato solo di obiezione di coscienza. Ha anche lanciato un appello in favore dei Paesi del Terzo Mondo: «Le case farmaceutiche - ha detto - favoriscano l’accesso alle terapie per i più poveri». «È necessario - ha aggiunto - che le diverse strutture farmaceutiche, i laboratori e i centri ospedalieri abbiano la preoccupazione della solidarietà in ambito terapeutico, per permettere un accesso alle cure e ai farmaci di prima necessità a tutti gli strati della popolazione, in tutti i Paesi».

Il Papa ha infine ribadito che «qualsiasi ricerca o sperimentazione deve avere come prospettiva un eventuale miglioramento del benessere della persona, non solo gli avanzamenti scientifici» e ha messo in guardia dai rischi di una sperimentazione incontrollata: «Nessuna persona può essere utilizzata in maniera sconsiderata come un oggetto per realizzare sperimentazioni terapeutiche che devono svilupparsi secondo protocolli rispettosi delle norme etiche fondamentali».
Le parole di Ratzinger hanno provocato diverse reazioni. Il presidente dei farmacisti italiani, Giacomo Leopardi, si dice «pienamente d’accordo col Papa, auspicando da tempo una precisa regolamentazione in merito»; Isabella Bertolini e Maurizio Lupi (Forza Italia) plaudono, mentre Ermete Realacci (Pd) ricorda che la farmacia «è tenuta a fornire obbligatoriamente tutte le medicine ammesse». Mentre Silvestri (Pdci) e Menapace (Prc) parlano di «Chiesa maschilista» e di «pesantissima intrusione» nella vita civile italiana.

© Copyright Il Giornale, 30 ottobre 2007

Bene Tornielli che accentua anche l'appello del Papa per i Paesi poveri.
Raffaella


"Ma l’appello non avrà effetto"

di Redazione

Milano - «Chi viene nella mia farmacia per comprare la pillola del giorno dopo non è, evidentemente, cattolico. Quindi non dovrebbe essere troppo preoccupato da quanto dice il Papa». Così Alberto Ambreck, titolare di una delle farmacie più frequentate di Milano, commenta l’appello lanciato ieri da Benedetto XVI.

I farmacisti devono avere facoltà di rifiutarsi di vendere la pillola del giorno dopo?

«Un credente ha l’obbligo di prendere in considerazione quanto indicato dal Papa. Ma l’appello non potrà avere effetto pratico».

Perché?

«Io devo tenere conto solo delle regole deontologiche della mia professione, che mi obbligano, una volta ottenuta e verificata la ricetta, a vendere il farmaco. Qualora non avessi il prodotto in magazzino, quelle regole mi impongono di ordinarlo e di consegnarlo nel più breve tempo possibile».

Non cambierà nulla allora?

«Se il pontefice auspica l’introduzione dell’obiezione di coscienza deve rivolgere le sue parole non al mondo dei farmacisti ma a quello istituzionale, l’unico che possa modificare il codice. Fino ad allora tutti i farmacisti, cattolici o no, avranno le mani legate e dovranno vendere il farmaco».

La clausola di coscienza può creare problemi?

«Causerebbe senza dubbio difficoltà: il 90 per cento delle persone sa già quello che vuole in farmacia; anche il preservativo, prima richiesto con imbarazzo e solo dagli uomini, è ormai un articolo di acquisto comune».

© Copyright Il Giornale, 30 ottobre 2007


"Io, obiettore, difendo la vita"

di Redazione

Roma - «La pillola del giorno dopo? Mi spiace, ma qui non l’abbiamo nemmeno mai ordinata». È categorico Piero Uroda, a Fiumicino dagli anni ’60, presidente dell’Unione cattolica dei farmacisti italiani. Da quando Norlevo è stata introdotta in Italia dall’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi, in sette anni, dal suo negozio non è uscita neppure una sola confezione.

Ma alle donne a cui nega il farmaco che cosa dice?

«Che difendo il diritto alla vita. Che quello che credono sia un normale contraccettivo non è altro che un abortivo in piena regola; che assumendo quelle due pasticche si uccide un embrione e che l’embrione è già l’inizio di una nuova vita umana».

E riesce a convincerle a desistere?

«C’è una signora che è tornata nella mia farmacia per ringraziarmi perché ora ha un figlio meraviglioso. Vede, è una questione di principio. Io sono obiettore e rivendico il diritto a esserlo. E rivendico il diritto a una giusta informazione».

Che cosa vuole dire?

«La pillola del giorno dopo ha controindicazioni fortissime che non vengono adeguatamente illustrate. Si tratta di un autentico bombardamento ormonale che può provocare in molti casi persino una gravidanza extrauterina. Ma non viene detto. Tossicologicamente è pericolosissima».

Qual è l’alternativa che voi indicate?

«Esistono consultori pro vita e un centralino Sos-vita sempre raggiungibile. Ci sono persone che possono aiutare chi è in difficoltà a portare avanti gravidanze non desiderate, ma anche questo non viene detto».

© Copyright Il Giornale, 30 ottobre 2007


Viaggio in farmacia. "Stia attenta è come una bomba"

di Redazione

Matthias Pfaender - Alessia Marani

Tra Milano e Roma, alla ricerca della «pillola del giorno dopo». Senza ricetta. Un viaggio lungo un pomeriggio tra le farmacie delle due città, dalle periferie al centro. Una «caccia al tesoro» conclusasi in un fallimento totale. Il regolamento è ferreo, e rigidamente applicato: senza adeguata prescrizione medica, niente farmaco.
Invano fingersi disperati, raccontare di non poter portare avanti una gravidanza non voluta, proporre di portare la ricetta il giorno dopo. Dietro al bancone sono inflessibili.
Dieci farmacisti romani su dieci hanno imposto il niet alla vendita del farmaco senza prescrizione, sette colleghi milanesi su sette hanno confermato il «divieto assoluto» di vendere il Norlevo o il Levonelle (i due prodotti più commercializzati) senza i documenti previsti per legge.
«Devo trattenere la ricetta per un anno - spiega il medico della farmacia romana di piazza di Spagna - se non ce l’ho sono guai». Sempre nella capitale, in via Nazionale il medico mette in guardia: «Questa pillola è una “bomba”. È bene parlare con uno specialista prima di prenderla». A piazza Barberini la dottoressa prova a consolare: «È in tempo. Vada al consultorio, magari un’ecografia le dirà che non è incinta», mentre a largo Brancaccio la farmacista non perde tempo: «Sei al limite, corri all’ambulatorio di via Toscana per la prescrizione». A Colle Oppio suggeriscono di «chiedere a qualsiasi dottore, non per forza a quello di famiglia». E di ripresentarsi con la ricetta.
Il ritornello suona identico anche a Milano. «Deve andare al consultorio, o dal suo medico di base. Oppure vada all’ospedale e si informi. Comunque, senza ricetta, il Norlevo non glielo possiamo proprio vendere» rispondono al bancone di una farmacia in zona Duomo.
«Non è la prima volta che qualcuno senza ricetta mi domanda la pillola per l’interruzione di gravidanza – racconta la titolare di una farmacia di viale Monza, periferia nord -. La gente dovrebbe essere meglio informata: per ottenere il Levonorgestrel (il principio attivo) la donna deve prima sottoporsi a una visita medica, che confermi la necessità dell’assunzione».

© Copyright Il Giornale, 30 ottobre 2007

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