27 ottobre 2007

Martiri spagnoli: domani a Roma ministro del governo Zapatero. Dubbi sulla legge della memoria storica


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Domani beatificati a Roma 498 religiosi uccisi dai repubblicani

Vittime della guerra civile Tregua Zapatero-Chiesa

Il ministro Moratinos con i fedeli spagnoli a San Pietro

Elisabetta Rosaspina

MADRID — Non sono i primi, e probabilmente non saranno nemmeno gli ultimi martiri religiosi della guerra di Spagna che il Vaticano avvia alla santità. Ne morirono atrocemente migliaia, durante il conflitto civile, e le cause di beatificazione sono cominciate fin dal 1948. Ma soltanto questo drappello di 498 preti e suore sale alla gloria degli altari proprio nella stessa settimana in cui, per la prima volta, la Spagna vota in Parlamento la sua Memoria Storica, con l'intento di mettere fuori legge i 40 anni di dittatura di Francisco Franco, le sue risoluzioni, i suoi simboli e le sue sentenze politiche. Rendere giustizia a tutte le vittime, indipendentemente dalla loro bandiera, e restituirne i corpi alle famiglie, svuotando le fosse comuni. Però è il paragrafo che fa riferimento alle feroci persecuzioni religiose perpetrate dal campo opposto, il miglior accredito su cui possa contare il ministro degli Esteri socialista, Miguel Ángel Moratinos, per presenziare senza imbarazzi, domani a Roma, alla cerimonia organizzata in piazza San Pietro, in compagnia di 74 vescovi e 20.000 pellegrini giunti appositamente dalla Spagna.
I quasi cinquecento sacerdoti fanno parte del massiccio debito storico dei repubblicani, e in particolare degli anarchici, che sfogarono, soprattutto in Catalogna e in Aragona, il loro odio per la Chiesa, accusata di appoggiare i franchisti. La Conferenza Episcopale Spagnola ha sempre risposto che i martiri non facevano parte di un campo né dell'altro, ma che furono trucidati unicamente in nome della loro fede.
In ogni caso, la Legge della Memoria Storica, al voto tra quattro giorni, impone di cancellare anche le targhe dedicate, negli anni di Franco, ai «Caduti per Dio e per la Patria». Così come ogni simbolo, insegna, lapide, monumento che ancora celebri la vittoria del Caudillo, i fondatori della Falange, il regime instaurato alla fine della guerra civile. Si fa eccezione per le opere considerate o catalogate come patrimonio artistico, ma non per slogan o epitaffi saldati alle mura esterne di edifici privati: i proprietari che non si adegueranno, perderanno le eventuali sovvenzioni pubbliche di cui godono; ed è chiara l'allusione alle chiese.
Dai quasi cinquecento nuovi beati ora si attende un miracolo collettivo: evitare che la Spagna si spacchi ancora su due fronti, nelle laceranti discussioni postume su torti e ragioni accantonate durante la Transizione, per amor di patria e di Dio.

© Copyright Corriere della sera, 27 ottobre 2007


LA SPAGNA TRA I 498 MARTIRI BEATI E LA LEY DE LA MEMORIA

Perché Zapatero non può vincere per legge la guerra civile 70 anni dopo

Marina Valensise

Roma. Sono perplessi gli spagnoli. A cinque mesi dalle elezioni, non solo assistono alla beatificazione in Vaticano di 498 “martiri” religiosi, vittime delle persecuzioni politiche durante la guerra civile, ma si preparano al dibattito nelle Cortes sulla Ley de la memoria historica, proposta dal governo di Zapatero. E se molti sono pronti a riconoscere la libertà di Papa Benedetto XVI e della chiesa cattolica di onorare secondo tradizione i martiri cristiani, non altrettanti sembrano disposti ad avallare la libertà di mettere mano alla storia nazionale.
La nuova legge, infatti, frutto di più di un anno di trattative parlamentari, condanna il franchismo e rende onore alle vittime della guerra civile e della dittatura. E’ vero che nell’ultima stesura si parla di “tutte le vittime”, dunque non solo i miliziani repubblicani che si battevano per il Fronte popolare e vennero torturati dai falangisti e perseguitati durante la dittatura del generale Francisco Franco. Ma anche gli stessi nazionalisti caduti per mano dei repubblicani nei lunghi mesi della guerra civile, quando le sorti del conflitto non erano ancora segnate. Il compromesso, spiega l’editore cattolico José Miguel Oriol, è stato imposto come moneta di scambio dai due partiti catalani moderati, usciti dal governo dopo tre anni di coalizione. “Se leggi il preambolo, è evidente che la legge è nata solo per vendicare le vittime di Franco. Ed è perfettamente in linea con la politica generale di Zapatero, che settanta anni dopo pretende di vincere la guerra civile spagnola, trasformando da cima a fondo la democrazia spagnola, sino a demolire la Costituzione e il concordato tra stato e chiesa, per riesumare la legittimità della Repubblica e del Fronte popolare”.
L’idea di una legge della memoria, dunque, suona quasi come un anacronismo nella Spagna post franchista che aveva suggellato “la transición” dalla dittatura alla democrazia col patto dell’oblio, sulla volontà di non accanirsi nell’antagonismo politico della guerra civile. E anche se oggi sono le stesse nipoti di Federico Garcia Lorca, per esempio, a rifiutare la riesumazione della salma, gettata nelle fosse comuni, per molti questa legge segna la fine di un’epoca.
L’epoca della riconciliazione nazionale, studiata da Victor Perez Diaz e orchestrata dal socialista Felipe González, che vent’anni fa dichiarava “non stiamo celebrando, ma commemorando” lanciando la parola d’ordine “Nunca mas”. Da allora, osserva José Varela Ortega che oggi dirige la Fondazione Ortega y Gasset, isola liberal-moderata nella Spagna zapaterista, “sono usciti migliaia di libri, saggi, articoli, centinaia di interviste e documentari sulla guerra civile e la repressione franchista. Non è vero, come pretende la sinistra radicale, che si sia taciuto sugli orrori del passato E’ vero semmai che la transizione avvenne in nome di un accordo generale: evitare l’uso politico della storia”. Ora è proprio questo accordo, uno dei segreti del successo politico spagnolo, a essere rimesso in discussione.
“Gli antichi greci, insiste Varela Ortega, ci hanno insegnato col teatro di Eschilo che la democrazia è Koinonia, amicizia civile. Zapatero, invece, cerca solo di riattizzare il senso di colpa del centrodestra, tenta di fomentare il radicalismo senza socialismo.
Non ho nulla in contrario alle riparazione individuali, ma farne una legge di stato è assurdo. E’ come se noi spagnoli fossimo stati liberati dagli americani, come voi italiani”.
Non solo i liberali sono perplessi, ma anche i radicali di destra come Pio Moa, che negli anni Settanta militava fra i maoisti del Grapo, e oggi è la bestia nera del revisionismo post franchista, autore di best seller dalle tesi urticanti, come “Los Mitos de la Guerra civil”, che minano la vulgata politicamente corretta dell’antifascismo democratico. “Questa legge è un insulto.
Pretende di assimilare le vittime innocenti del franchismo a un gran numero di criminali.
E’ una legge antidemocratica, buona per un paese totalitario come Cuba, perché si fondasu una visione completamente falsa della guerra civile, che non segnò la fine della democrazia, ma fu la conseguenza della distruzione della democrazia messa in opera dal Fronte popolare”.

© Copyright Il Foglio, 27 ottobre 2007

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