26 ottobre 2007

Card. Biffi: quanto divertimento nel leggere le previsioni e le analisi sul Conclave degli "intelligenti" e dei "sapienti"


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Biffi: il mio conclave con... Mafalda

anticipazione

Dall’amato Pinocchio alla più alta teologia, dalla diocesi di Ambrogio a san Petronio, da Dossetti a don Giussani. Ma anche la Petacci, Moro e piazza Fontana... Con la consueta «ruvida franchezza» l’arcivescovo emerito di Bologna racconta se stesso, la Chiesa italiana e la società del secondo ’900 in un’autobiografia

La morte di Giovanni Paolo II P apa Wojtyla concluse la sua splendida giornata terrena sabato 2 aprile 2005. Ne provai un dolore acutissimo, come avviene quando ci lascia una persona molto amata. Da lui mi sono sempre sentito compreso e considerato con stupefacente benevolenza. Fin dai primi giorni del suo pontificato ho avuto la gioia di una gratificante sintonia con i suoi pensieri e coi suoi insegnamenti. Mi ha ripetutamente aiutato nel mio ministero bolognese, e ha dimostrato quanto gli fosse cara la nostra città, visitandola per ben tre volte. Nella prima parte del suo pontificato la sua grandezza si è rivelata segnatamente per la capacità di annunciare a tutti con forza Cristo, centro e senso di ogni esistenza e sola speranza dell’uomo, e di ridare vitalità e slancio alla Chiesa, senza curarsi troppo delle critiche e delle opposizioni circospette o palesi.
Negli ultimi anni è stato ammirevole primariamente per la sua totale adesione alla «via della croce», purificandosi e arricchendosi interiormente con un’esemplare accettazione della sofferenza e del decadimento fisico.

Prima del conclave

I giorni più faticosi per i cardinali sono quelli che precedono immediatamente il conclave. Il Sacro Collegio si raduna quotidianamente dalle ore 9,30 alle ore 13, in un’assemblea dove ciascuno dei presenti è libero di dire tutto ciò che crede. S’intuisce però che non si possa trattare pubblica mente l’argomento che più sta a cuore agli elettori del futuro vescovo di Roma: chi dobbiamo scegliere? E così va a finire che ogni cardinale è tentato di citare più che altro i suoi problemi e i suoi guai: o meglio, i problemi e i guai della sua cristianità, della sua nazione, del suo continente, del mondo intero. È senza dubbio molto utile questa generale, spontanea, incondizionata rassegna delle informazioni e dei giudizi. Ma senza dubbio il quadro che ne risulta non è fatto per incoraggiare.

Il mio intervento

Quale fosse nell’occasione il mio stato d’animo e quale la mia riflessione prevalente emerge dal l’intervento che dopo molte perplessità mi sono deciso a pronunciare il venerdì 15 aprile. Eccone il testo:

1. «Dopo aver ascoltato tutti gli interventi – giusti opportuni appassionati – che qui sono risonati, vorrei esprimere al futuro Papa (che mi sta ascoltando) tutta la mia solidarietà, la mia simpatia, la mia comprensione, e anche un po’ della mia fraterna compassione. Ma vorrei suggerirgli anche che non si preoccupi troppo di tutto quello che qui ha sentito e non si spaventi troppo. Il Signore Gesù non gli chiederà di risolvere tutti i problemi del mondo. Gli chiederà di voler gli bene con un amore straordinario: «Mi ami tu più di costoro?» (cfr. Gv 21,15).
In una 'striscia' e 'fumetto' che ci veniva dall’Argentina, quella di Mafalda, ho trovato diversi anni fa una frase che in questi giorni mi è venuta spesso alla mente: 'Ho capito – diceva quella terribile e acuta ragazzina –; il mondo è pieno di problemologi, ma scarseggiano i soluzionologi'».

2. «Vorrei dire al futuro Papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i 'piccoli'».

3. «Qualche giorno fa ho ascoltato alla televisione una suora anziana e devota che così rispondeva all’intervistatore: 'Questo Papa, che è morto, è stato grande soprattutto perché ci ha insegnato che tutte le religioni sono uguali'. Non so se Giovanni Paolo II avrebbe molto gradito un elogio come questo».

4. «Infine vorrei segnalare al nuovo Papa la vicenda incredibile della Dominus Iesus: un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli – a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni non è stata mai posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma.
L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna.
Eppure questo documento, che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia».

5. «Mi è stato raccontato di un buon cattolico che ha proposto al suo parroco di fare una presentazione della Dominus Iesus alla comunità parrocchiale. Il parroco (un sacerdote peraltro eccellente e benintenzionato) gli ha risposto: 'Lascia perdere. Quello è un documento che divide'. 'Un documento che divide'. Bella scoperta! Gesù stesso ha detto: 'Io sono venuto a portare la divisione' (Lc 12,51: diamerismòn). Ma troppe parole di Gesù oggi risultano censurate dalla cristianità; almeno dalla cristianità nella sua pars loquacior ».

Il conclave

E’ stata un’esperienza esaltante di comunione ecclesiale. Percepivamo di essere come avvolti dall’intensa e appassionata preghiera della moltitudine di coloro che amavano sinceramente la Chiesa. Tutto nel conclave è organizzato e predisposto al servizio della speditezza e di un garantismo assoluto; e ogni cosa perciò è facilitata. I cardinali devono solo pensare a votare.
Siamo entrati in clausura nel pomeriggio di lunedì 18 aprile e col primo scrutinio pomeridiano di martedì 19 aprile il quorum è stato raggiunto. In meno di ventiquattro ore si è avuto il nuovo Papa nella persona di Joseph Ratzinger. La nostra gioia è stata grande, come è stata grande in tutta la cattolicità la gioia dei «piccoli».

Il nostro divertimento si è poi accresciuto con la lettura delle analisi e delle previsioni dei «sapienti» e degli «intelligenti» che, in virtù della scienza infusa della loro impavida «ecclesiolalìa», «sapevano» che noi eravamo irriducibilmente divisi e contrapposti. E non si sono ricreduti neppure dopo, neppure davanti all’evento indiscutibile di una elezione così rapida, conseguita nel rispetto di una normativa che ci imponeva di superare i due terzi dei votanti: hanno continuato a parlare di grande divisione tra i cardinali. L’ideologia non si arrende mai, quale che sia l’evidenza della realtà effettuale che la smentisce.

Il nuovo Papa Benedetto XVI ha conquistato il popolo dei credenti fin dalla sua prima apparizione al balcone e dalle prime parole. E nei giorni successivi l’ammirazione e l’affetto si sono ampliati per la chiarezza e il mite vigore del suo annuncio evangelico, la gentilezza naturale del suo tratto, la straordinaria attitudine a farsi capire da ogni ascoltatore. Ancora una volta il Signore aveva provveduto doviziosamente alla sua Sposa; e tutti siamo stati consolati.
Rigore e umorismo ereditati dal prediletto Newman. Così, ai preoccupati colleghi cardinali, cita la battuta di un celebre fumetto: «Il mondo è pieno di problemologi, però servono soluzionologi»

© Copyright Avvenire, 26 ottobre 2007


IL LIBRO

Filippo Rizzi

Un viaggio dentro «la mia ruvida franchezza». Si può riassumere così l’ultimo saggio del cardinale Giaco­mo Biffi Memorie e digressioni di un italia­no cardinale (Cantagalli, pp. 640, euro 23,90), in uscita a fine mese e di cui in que­sta pagina pubblichiamo l’ultimo capitolo. Il corposo volume si presenta come un’au­tobiografia del cardinale emerito di Bolo­gna attraverso le sue passioni, gli incontri importanti e il grande attaccamento alle «piccole patrie»: gli anni dell’infanzia e a­dolescenza con i genitori a Milano, la pas­sione per la letteratura, l’incontro di una vita con Pinocchio e Collodi, il seminario a Venegono, la guida del «maestro» e futuro cardinale di Milano Giovanni Colombo fi­no alla nomina alla guida della diocesi di San Petronio: Bologna. In questa carrellata di immagini emergono le impressioni, ad esempio, del giovane Biffi «balilla» sul fa­scismo, sulla morte definita «ingiusta» di Claretta Petacci. Ma non solo. Biffi raccon­ta la sua «profonda ammirazione per il fu­turo monaco Dossetti» o la parallela stima per il fondatore di Cl don Giussani. Nelle oltre 600 pagine affiora anche tutta la pas­sione di Biffi per la teologia, «la sacra doc­trina », e non da ultimo la grande devozio­ne per il teologo John Henry Newman, per sant’Ambrogio e il suo rito. Le istantanee di Biffi, quasi nella veste di cronista, si sof­fermano sui grandi fatti del ’900 che lo ve­dono a volte non protagonista ma solo spettatore: la strage di Piazza Fontana, la morte di Moro, Paolo VI, la legge sul divor­zio. La parte finale, forse la più conosciuta al pubblico, è dedicata al magistero a Bolo­gna, al tema della laicità rispetto ai diritti della Chiesa. Un libro costruito, secondo Biffi, come quel­lo di un «pellegri­no incamminato verso l’ultimo in­contro » con il «suo Signore». In questi giorni, a 50 anni dalla di­scussione, è stata ristampata pure la tesi di Biffi
Colpa e libertà nell’odierna con­dizione umana (Edizioni Studio Domeni­cano, pp. 317, euro 20) che rappresenta il primo banco di prova del giovane teologo ambrosiano e che, secondo il curatore Inos Biffi, incarna l’incipit della maturità teolo­gica e letteraria del futuro cardinale.

© Copyright Avvenire, 26 ottobre 2007

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