21 marzo 2008

I Cristiani nella patria di Maometto (Vladimir per "Europa")


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I cristiani nella patria di Maometto

VLADIMIR

Il problema principale dell’Arabia Saudita non è quello del numero delle chiese. In un paese che usa il corano come costituzione e la sharia come codice civile e penale, i fatti di cui l’Occidente farebbe bene a preoccuparsi, segnala un recente rapporto londinese di Human Rights Watch, sono ben altri. E sono tutti riferibili alla situazione dei lavoratori stranieri. Nella patria di Maometto, essi sono oggetto di soprusi, di torture, confessioni forzate, maltrattamenti nelle carceri, conversioni imposte. Una situazione che il rapporto, di 135 pagine, definisce «da incubo» perché abbraccia ogni possibile casistica nel campo degli abusi, delle condizioni di lavoro al limite dell’umano, dell’incapacità dello stato saudita di assicurare agli interessati tutela e giustizia. È la porzione araba di quella pagina vergognosa che la globalizzazione sta scrivendo in tutte le regioni del mondo: traffico di braccia, lavoratori condotti nel Golfo clandestinamente da organizzazioni criminali, tratta di donne – specialmente filippine e europee orientali – per la prostituzione, riduzione in schiavitù, lavoro domestico coatto.
In mezzo a tante ombre, da quasi due decenni, la patria di Maometto è in cima alla top ten dei paesi dove il cristianesimo sta conoscendo il massimo incremento: su 17 milioni di abitanti, in Arabia vivono 8,8 milioni di stranieri immigrati, a stragrande maggioranza di religione cristiana, un abitante ogni due cittadini sauditi.
Se poi si allarga l’analisi agli Emirati Arabi Uniti, le proporzioni diventano ancora più impressionanti: gli stranieri diventano più di 13 milioni – l’ottanta per cento della popolazione – di cui quattro milioni sono cristiani. I battezzati d’Arabia appartengono all’intero arcobaleno confessionale dell’Occidente e dell’Oriente ecclesiale. In termini numerici, però, i cattolici sono la maggioranza perché – pur con le cautele del caso – il loro numero è stimato tra un milione e mezzo-due milioni di anime.
L’immagine della Chiesa della Penisola arabica ha il volto di uomini, donne e bambini di origine filippina, libanese, indiana, giordana, egiziana, libanese, siriana, irachena. E in questo coagulo culturale e umano, il vento caldo della fede cristiana sta animando una comunità cristiana imponente, multirazziale che vive condizioni diverse e a seconda dell’entità politica in cui le comunità si trovano ad operare.
E questo, nonostante le pressioni che vengono fatte, con forti incentivi governativi, verso gli immigrati cristiani perché abbraccino l’islam per ottenere un lavoro, promozioni, paghe più alte o solo per contrarre matrimonio con un’islamica.
Nella Penisola arabica, infatti, ogni emiro è libero di scegliere la politica che meglio desidera anche nel campo dei diritti umani. In campo religioso, permettono una certa libertà di culto in luoghi “donati” dall’emiro e che restano di sua proprietà. Così come sono state permesse, possono anche essere riprese dal governante di turno. E così, nei flussi e riflussi del piacere dei principi, attualmente i cattolici in Arabia possono tenere aperte una parrocchia nel Barhain e in Qatar, due ad Abu Dhabi, una a Dubai e Sharjah, quattro nell’Oman e quattro piccoli centri di culto nello Yemen. Ovviamente, sono luoghi di culto rigorosamente riservati agli stranieri perché in esse non può essere accolta alcuna conversione dall’islam, pena i rischi gravissimi nei quali incapperebbero sia le persone interessate sia le istituzioni ecclesiali.
Sono chiese gremite, con comunità animate da un grande entusiasmo, dedite a dare una bella testimonianza della cattolicità.
Fonti diplomatiche stimano a 850 mila i cittadini filippini, l’ottanta per cento dei quali cattolici, che risiedono in Arabia Saudita
.
Per questi, era stata timidamente avanzata dalle autorità diplomatiche vaticane la richiesta dell’apertura di un luogo di culto. Come altri organismi internazionali, comprese le agenzie Onu, anche il rapporto di Human Rights Watch non fa alcuna fatica a riconoscere al regno saudita la qualifica di paese “maglia nera” nelle classifiche sui diritti umani, tra i quali viene annoverata anche il diritto alla libertà religiosa. E infatti, come seguito alla sommessa richiesta vaticana, che peraltro troverebbe una ovvia giustificazione equitativa nel principio di reciprocità visto che l’Arabia saudita è la finanziatrice di una buona parte delle gigantesche moschee, compresa quella di Roma, che stanno variegando il paesaggio di molte città europee, ieri il sito della tv al Arabiya, di proprietà dello stato saudita, ha riportato le affermazioni di autorevoli personalità islamiche tra le quali primeggia, per originalità, quella del dottor Anwatr al Oshqi, presidente del Centro Medio Oriente per gli studi strategici in Arabia saudita. «Effettivamente – ha dichiarato – nell`ambito del dialogo interreligioso, nel novembre scorso ci sono stati colloqui in tal senso, ma la nostra risposta al Vaticano è che se il Papa e tutte le chiese cristiane avessero riconosciuto il profeta Mohammed, allora sarebbe stato possibile trattare per la costruzione di una chiesa in Arabia saudita».
Ed è come dire: per i diritti umani, in Arabia saudita, la nottata sarà ancora molto lunga.

© Copyright Europa, 21 marzo 2008 consultabile online anche qui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che l'articolo colga in pieno il problema. Il problema NON E' il fatto che in Arabia Saudita non si possano edificare chiese...Il problema è che non si possa neanche pregare (quindi celebrare un atto privato) all'infuor dell'Islam. E credo che questo sia molto + grave. Spesso si dice: "costruire una chiesa in Arabia Saudita è come costruire una moschea nella Città del Vaticano". In realtà se ne qlc volesse pregare Allah a Piazza San Pietro non verrebbero certo le Guardie Svizzere ad arrestarlo. Il problema sta tutto qua....

Anonimo ha detto...

Il fatto è che nello Stato della Città del Vaticano non risiedono musulmani, mentre in Arabia Saudita risiedono milioni di cristiani.
Paragonare il divieto alla costruzione di chiese nel regno dei Saud a quello (se esiste) vaticano è veramente ridicolo.

Buona Pasqua a tutti
Francesco

Anonimo ha detto...

Buona Pasqua, Francesco :-)