20 marzo 2008

Vescovo ex lefebvriano: "Poca spiritualità alla base degli abusi liturgici" (Zenit)


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Vescovo ex lefebvriano: poca spiritualità alla base degli abusi liturgici

Intervista al responsabile di una comunità in Brasile che celebra la Messa antica

di Alexandre Ribeiro

CAMPOS (Rio de Janeiro), giovedì, 20 marzo 2008 (ZENIT.org).- Il Vescovo di una comunità brasiliana che celebra la Messa antica (forma liturgica straordinaria del Rito Romano, denominata Tridentina o di San Pio V) ritiene che gli abusi nella liturgia siano dovuti alla “mancanza di una seria spiritualità”.

“La Santa Messa attrae di per sé, per la sua sacralità e il suo mistero”, afferma monsignor Fernando Arêas Rifan, Amministratore apostolico dell'Amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney.
In questa intervista a ZENIT, il Vescovo parla, tra le altre cose, della bellezza e della ricchezza della Messa antica, la cui facoltà di celebrare è stata estesa da Benedetto XVI a tutta la Chiesa con il Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007.
L'Amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney è una circoscrizione ecclesiastica equiparata dal Diritto alle Diocesi e immediatamente soggetta alla Santa Sede in base al canone 368 e al Decreto “Animarum Bonum”.

Nell'Amministrazione apostolica si celebra la Messa antica del Rito Romano (precedente alla riforma del 1970). Quali sono le caratteristiche di questo tipo di Messa?

Monsignor Fernando Rifan: Sono vari i motivi di questo amore, della preferenza e della conservazione della forma straordinaria della Liturgia Romana.
L'allora Cardinale Joseph Ratzinger, nostro attuale Papa, parlando ai Vescovi cileni a Santiago il 13 luglio 1988 li sintetizzò in questo modo: “Anche se ci sono numerosi motivi che possono aver portato un gran numero di fedeli a trovare rifugio nella liturgia tradizionale, quello più importante è che lì trovano preservata la dignità del sacro”.

Di fatto, per la sua ricchezza, bellezza, elevazione, nobiltà e solennità delle cerimonie, per il suo senso del sacro e reverenziale, per il suo senso di mistero, per la sua maggiore precisione e per il rigore, presentando così più sicurezza e protezione contro gli abusi, non dando spazio ad ambiguità, libertà, creatività, adattamenti, riduzioni e strumentalizzazioni (come lamentava Papa Giovanni Paolo II nell'Enciclica “Ecclesia de Eucaristia”) ed essendo per noi la migliore espressione liturgica dei dogmi eucaristici e solido alimento spirituale, è una delle ricchezze della Liturgia cattolica, con la quale esprimiamo il nostro amore e la nostra comunione con la Santa Chiesa. E la Santa Sede riconosce questa nostra adesione come perfettamente legittima.

La Messa antica potrebbe essere più promossa nella vita della Chiesa, anche in forma straordinaria, come segnala e permette il Motu Proprio “Summorum Pontificum”? Quali benefici porterebbe?

Monsignor Fernando Rifan: Questo era già il desiderio del Santo Padre Giovanni Paolo II, quando ha affermato nel suo Motu Proprio “Ecclesia Dei adflicta” del 2 luglio 1988: “A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina, desidero manifestare anche la mia volontà - alla quale chiedo che si associno quelle dei Vescovi e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale - di facilitare la loro comunione ecclesiale, mediante le misure necessarie per garantire il rispetto delle loro giuste aspirazioni... inoltre, dovrà essere ovunque rispettato l'animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un'ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l'uso del Messale Romano secondo l'edizione tipica del 1962”.

Questo desiderio è stato ora rafforzato e ampliato al mondo intero da Papa Benedetto XVI con il Motu Proprio “Summorum Pontificum”.

I benefici della reintroduzione e della diffusione nella vita della Chiesa di questa forma straordinaria del Rito Romano sono stati già menzionati dal Papa attuale nel suo Motu Proprio, quando dice che nella celebrazione della Messa secondo il Messale di Paolo VI si potrà manifestare, in modo più intenso di quanto è accaduto finora, quella sacralità che attira molti verso la tradizione antica. E' esattamente quello che ha sottolineato il Cardinale George, di Chicago: “...Il Santo Padre stesso, tempo fa, ha richiamato la nostra attenzione sulla bellezza e la profondità del Messale di San Pio V... la liturgia del 1962 è un rito autorizzato della Chiesa Cattolica e una fonte preziosa di comprensione liturgica per tutti gli altri riti... Questa liturgia appartiene alla Chiesa intera come un veicolo dello spirito che si deve irradiare anche nella celebrazione della terza edizione tipica del Messale romano attuale” (Cardinale Francis George, Arcivescovo di Chicago, Stati Uniti, nella prefazione agli Atti del Colloquio 2002, “La Liturgia e il Sacro”, del CIEL, Centro Internazionale di Studi Liturgici).
Quando ho partecipato, nell'agosto 2007, al Congresso di Oxford riunito per insegnare la celebrazione della Messa nella forma straordinaria agli oltre 60 sacerdoti diocesani del Regno Unito lì presenti, l'Arcivescovo di Birminghan, monsignor Vincent Nichols, ha detto nella Messa Solenne di apertura ai sacerdoti partecipanti che, dopo aver imparato la Messa nella forma antica, anche se nelle loro parrocchie avessero celebrato la Messa nel rito attuale di Paolo VI l'avrebbero comunque celebrata molto meglio.

Credo che sia il beneficio auspicato dal Papa nel Motu Proprio “Summorum Pontificum”.

A ZENIT riceviamo molte e-mail di lettori che lamentano il fatto che la liturgia venga trascurata nelle loro comunità. Quali indicazioni dà per frenare la banalizzazione e la scarsa attenzione nei confronti della liturgia?

Monsignor Fernando Rifan: Parlando degli abusi conseguenti alla Riforma Liturgica, l'allora Cardinale Joseph Ratzinger lamentava che la liturgia degenerava in show, in cui si cerca di rendere la religione interessante con l'aiuto di elementi alla moda, con successi momentanei nel gruppo dei “fabbricanti” liturgici (introduzione al libro La Réforme Liturgique, di monsignor Klaus Gamber, pagg. 6 e 8).

Il Cardinale Edouard Gagnon era della stessa opinione: “Non si può ignorare che la riforma (liturgica) abbia dato origine a molti abusi e abbia condotto in una certa misura alla scomparsa del rispetto per il sacro. Questo fatto deve essere purtroppo ammesso e scusa un buon numero di quelle persone che si sono allontanate dalla nostra Chiesa o dalla loro antica comunità parrocchiale” (...) (“Integralismo e conservatorismo” - Intervista al Cardinale Gagnon, “Offerten Zitung - Römisches ”, nov. dic. 1993, p.35).

Credo che il punto centrale degli abusi sia stato individuato dallo stesso Cardinale Ratzinger: la porta che è stata lasciata aperta a una falsa creatività dei celebranti (intervista a L’homme Nouveau, nº 7, ottobre 2001).
Dietro a questo, c'è la mancanza di una seria spiritualità, secondo cui per attirare il popolo si devono inventare novità. La Santa Messa attrae di per sé, per la sua sacralità e il suo mistero. In fondo, si tratta della diminuzione della Fede nei misteri eucaristici alla quale si cerca di supplire con novità e creatività. Quando il celebrante vuole diventare protagonista dell'azione liturgica, iniziano gli abusi. Si dimentica che il centro della Messa è Gesù Cristo.

L'attuale segretario della Congregazione per il Culto Divino, monsignor Albert Malcolm Ranjith, lamenta: “La Santa Messa è sacrificio, dono, mistero, indipendentemente dal sacerdote che la celebra. E' importante, direi fondamentale, che il sacerdote si metta da parte: il protagonista della Messa è Cristo. Non comprendo, quindi, le celebrazioni eucaristiche trasformate in spettacoli con balli, canti o applausi, come purtroppo avviene molte volte con il Novus Ordo”.

La soluzione agli abusi è nelle norme date dal Magistero, soprattutto nel documento Redemptionis Sacramentum, del 25 marzo 2004, che chiede che “tutti, secondo le possibilità, facciano sì che il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia sia custodito da ogni forma di irriverenza e aberrazione e tutti gli abusi vengano completamente corretti. Questo è compito della massima importanza per tutti e per ciascuno, e tutti sono tenuti a compiere tale opera, senza alcun favoritismo” (n. 183).
Ma, come dice monsignor Ranjith, “esistono tanti documenti (contro questi abusi) che purtroppo sono rimasti lettera morta, lasciati in librerie piene di polvere o, peggio ancora, buttati nel cestino della carta straccia”.

[Traduzione dal portoghese e adattamento di Roberta Sciamplicotti]

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