15 giugno 2008
Colloquio con monsignor Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi-Ostuni: "L'inizio di una nuova storia di fede" (Osservatore)
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L'inizio di una nuova storia di fede
di Mario Ponzi
Rassegnazione. Speranza. Sono gli estremi contrapposti nei quali è racchiusa la storia di una popolazione del mezzogiorno d'Italia, quella del brindisino, pronta ad accogliere Benedetto XVI. Gente considerata ai margini che oggi ha ritrovato il coraggio di opporsi alla criminalità organizzata e ai poteri occulti che condizionano lo sviluppo del territorio e che si è riscoperta comunità viva e unita. La Chiesa non ha perso una sola battuta di questa storia. L'ha seguita, preservandone le radici cristiane; l'ha segnata con l'autenticità della sua presenza; l'ha aperta al futuro con la luce della fede. Ora si prepara ad inaugurare un capitolo nuovo. E lascia che sia il Papa a dettare l'incipit. Ce ne parla monsignor Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi-Ostuni nell'intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della visita pastorale di Benedetto XVI.
Il Papa arriva a Brindisi in un momento molto particolare della vita di questa popolazione dell'estremo sud d'Italia. Si intravede la possibilità di un rilancio dopo un periodo molto buio, e si comincia a parlare nuovamente di speranza. Quanto potrà incidere in questo cammino la visita del Papa?
È certamente un segno di quel cambiamento che ormai avvertiamo sempre più concreto. Sicuramente alimenta la speranza di una popolazione che proprio con la speranza aveva perso confidenza. Fino a qualche anno fa Brindisi era una città caratterizzata dal silenzio colpevole e dominata dalla rassegnazione. Terra dimenticata tra le terre dimenticate, è rimasta tagliata fuori, sempre, anche da quei pochi e famosi interventi per il Mezzogiorno che erano destinati a risolvere l'irrisolta questione meridionale. Le stesse industrie imposte al territorio, hanno dovuto chiudere i battenti nel giro di pochi anni: proprio perché imposte si sono dimostrate inutili. E la disoccupazione è divenuta fenomeno dilagante; le promesse dei politici di turno sono sempre rimaste spot elettorali. Qui, in questa terra del profondo sud, non sono mai arrivate neppure le briciole, almeno così ci hanno sempre detto. Poi scoppiò tangentopoli. Quello che tutti sapevano, ma non dicevano, a proposito delle connivenze tra politica e criminalità organizzata cominciò a brillare alla luce del sole. Le forze dell'ordine si sono fatte più presenti. La gente a poco a poco ha ripreso coraggio; sono cambiati i personaggi, c'è stata maggiore attenzione alla trasparenza, è crollata a poco a poco anche l'omertà per paura. I taglieggiati dalla criminalità organizzata si sono uniti per combattere ed oggi sono riuniti in associazione, e sembra siano in grado di sconfiggere definitivamente almeno certe forme di criminalità. Anche se provati, e ancora un po' mortificati, dunque i brindisini stanno iniziando un cammino nuovo, soprattutto attraverso un'opera di educazione alla giustizia, di vicinanza alla legalità e di fiducia nelle istituzioni. Si sta insomma costruendo una città nuova che tende a coinvolgere tutte le intelligenze in un progetto che, si spera, possa aiutare a superare le difficoltà, a sconfiggere vecchie e nuove povertà. L'esempio è il grande sforzo in atto per la costruzione dell'università in modo da dare ai giovani la possibilità di studiare rimanendo a casa loro, senza essere costretti ad andare a studiare altrove che significa poi, una volta laureati, restare per sempre in un ambiente divenuto ormai familiare e dove magari si trova anche lavoro.
Ritiene in questo senso importante l'incontro del Papa con i giovani di Brindisi?
Il Papa sa, conosce qual è la realtà che devono affrontare i nostri giovani, i problemi con i quali si devono confrontare e dunque li incontra nella consapevolezza di poter dare loro risposte e consigli. Il suo messaggio è atteso. Tanto. E proprio dalle nuove generazioni. La gente ha imparato ad apprezzare la presenza della Chiesa nella sua quotidianità e dunque sa che quelle del Papa saranno parole vere, non futili promesse. Se abbiamo voluto che i giovani fossero il cuore dell'abbraccio tra Brindisi e il Papa al suo arrivo è proprio perché sono loro gli araldi di quella speranza sulla quale stiamo faticosamente cercando di costruire la città nuova di cui le dicevo.
Il Papa incontra anche una Chiesa in stato di Sinodo. Quale contributo crede possa apportare alla riflessione della comunità ecclesiale?
A costo di ripetermi devo ancora parlare di speranza. Certo, quando abbiamo indetto il sinodo non era previsto che Benedetto XVI avrebbe presieduto la fase inaugurale. La coincidenza però è già di per sé un ottimo auspicio per il raggiungimento del fine che ci eravamo prefissi convocandolo: l'avvio di un cammino di comunione e di missione. Ecco che la presenza del Papa tra noi si traduce nel segno più alto della comunione nella Chiesa e con la Chiesa e in un ottimo viatico per la nostra tensione verso la missione. Ci farà sentire Chiesa insieme, Chiesa convocata, dunque Chiesa comunione in un territorio e in una storia che ci appartengono.
La Chiesa che è in Brindisi è in realtà una comunità di frontiera, aperta all'accoglienza delle genti che vengono d'oltre mare e al dialogo con le religioni dell'oriente sul quale si affaccia. Come vivere queste due dimensioni oggi?
Credo che proprio queste caratteristiche della nostra Chiesa siano alla base della visita che il Papa ha voluto renderci. Sono marginali le motivazioni ipotizzate in questi giorni a proposito del fatto che Brindisi sia l'unico capoluogo di provincia che Giovanni Paolo ii non ha potuto visitare.
Benedetto XVI, ripeto, conosce bene la nostra realtà, glielo posso assicurare personalmente. Conosce i nostri problemi, conosce le nostre tensioni, ma conosce anche le nostre enormi possibilità di crescita interiore e dunque le nostre possibilità di aiutare la Chiesa a crescere. Sa bene, per esempio, che siamo in un momento cruciale per lo sviluppo vocazionale. Lo scorso anno abbiamo inaugurato, tra l'altro alla presenza del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, un nuovo seminario. Sa che stiamo elaborando un nuovo piano di inserimento attivo del laicato nella vita della Chiesa. E sa molto bene che è qui la porta aperta verso oriente. L'oriente rappresentato dallo scenario mediterraneo in cui è necessario diffondere lo spirito della giustizia e della pace. Ma anche l'oriente rappresentato dal mondo ortodosso in particolare, e dal mondo islamico, dove proseguire il cammino ecumenico e il dialogo tra le religioni. Noi per esempio viviamo l'esperienza della fraternità con tanti sacerdoti ortodossi nel rispetto reciproco e nella consapevolezza che quanto ci unisce è assai più di quello che ancora ci divide.
Brindisi, città aperta all'accoglienza. Ciò significa accoglienza soprattutto del popolo del mare, degli immigrati che giungono dall'est. Ma Brindisi è anche città di emigrazione, un fenomeno che si riteneva superato e che invece in questa terra è persistente.
È una delle nostre piaghe più vive. Ma andiamo con ordine. Brindisi è stata una delle città d'elezione delle prime ondate d'immigrati, soprattutto albanesi. Chi può dimenticare l'accoglienza dei primi ventimila albanesi sbarcati sulle nostre sponde, accuditi, curati. Erano vittime di un esodo terrificante e i brindisini furono protagonisti di un'accoglienza gigantesca nella quale tutti si sentirono coinvolti: istituzioni pubbliche, parrocchie, ma soprattutto famiglie. Da noi certamente non si sono fermati: gli immigrati entrano e vanno al nord. Ma quei pochi che hanno deciso di restare hanno trovato terreno fertile per una loro sana integrazione: non vivono nel timore del razzismo, non sono rifiutati né discriminati e si comportano bene. Anche nel rapporto con quanti sono ancora nella condizione di clandestini cerchiamo di stabilire dei contatti per vedere come eventualmente sia possibile aiutarli a rientrare nella legalità. Paradossalmente questo spirito di accoglienza così forte è determinato proprio dall'esperienza che il brindisino vive sulla propria pelle. Conosce bene la molla che spinge ad abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro. Anzi ne è sempre più sollecitato. E il fenomeno dell'emigrazione ci preoccupa in questo momento in modo particolare. Si allargano infatti le maglie della disoccupazione e, soprattutto i giovani sono costretti ad emigrare.
Per la Chiesa è questa la vera sfida da affrontare. Fortunatamente le forze non ci mancano. E ci auguriamo che, proprio a partire dalla visita del Papa, la nostra speranza trovi nuove forze, magari proprio tra quei laici che in questo tempo sinodale sono chiamati a riflettere sul loro ruolo nella missione evangelizzatrice della Chiesa.
(©L'Osservatore Romano - 15 giugno 2008)
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