9 settembre 2008

Benedetto XVI in pellegrinaggio alle radici di una fede antica (Osservatore Romano)


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Oltre centomila persone a Bonaria per rinnovare l'atto di consacrazione alla Patrona della Sardegna

In pellegrinaggio alle radici di una fede antica

dal nostro inviato Mario Ponzi

Sa Mama, Fiza, Isposa de su Segnore.
Forse loro, i sardi radunati dinanzi al santuario di Bonaria a Cagliari, non aspettavano altro per dare libero sfogo al grido prepotente che da anni sentono salire dal profondo dell'anima e che ha il sapore della rivincita.
Sta di fatto che quando il Papa, durante l'omelia della messa sul sagrato del santuario, ha pronunciato, nella loro lingua, le prime parole dell'Ave Maria sarda, un boato ha scosso l'immensa piazza, dove erano oltre centomila persone provenienti da tutta l'isola.
Il Papa con quelle parole cominciava a tracciare l'itinerario di un pellegrinaggio nel cuore di un popolo dalla fede antica, compiuto non solo per rinnovarne la consacrazione a Maria, ma anche e soprattutto per rinverdirne le radici cristiane, che proprio in Maria trovano le più alte espressioni: l'amore di una madre, la forza di una famiglia, il coraggio della fede. Valori, ha ricordato, che vanno difesi con il sostegno di tutti, a ogni livello sociale, economico, imprenditoriale, e anche politico. Un compito, ha detto ancora, che deve vedere in prima fila i fedeli laici come lievito per una società da rinnovare profondamente.
Da una terra ferita, dunque, Benedetto XVI ha indicato la rotta da seguire per uscire dalla crisi di valori che investe la società di oggi. Una rotta che - come dirà a fine giornata ai giovani sardi - passa attraverso tre direttrici: "Famiglia, formazione e fede".
Significativamente il Papa, per offrire i suoi orientamenti, ha scelto l'incontro con il "popolo del mare" - e non "popolo di mare", come amano precisare i sardi per sottolineare il loro viscerale legame con il mare - che vive su quest'isola, le cui bellezze naturali finiscono troppo spesso per appiattirne la grande anima.
Doveva essere un arrivo in forma privata quello di Benedetto XVI a Elmas, l'aeroporto di Cagliari. Ma qui, in questa terra che ancora conserva il carattere sacro dell'ospitalità, non c'è nulla che possa considerarsi cosa di pochi, soprattutto quando si tratta di vivere uno dei grandi momenti di una storia spesso avara, ma sempre foriera di nuova speranza. E così alcuni gruppi di vacanzieri che si accingevano a lasciare l'isola sulla via del rientro sono stati inattesi spettatori di una festa che si è subito colorita di gioia. Allo stesso modo, quanti ancora godevano del sole e del mare della costa hanno assistito al concerto di decine e decine di sirene con le quali le barche alla fonda hanno salutato l'arrivo del Papa non appena l'aereo che lo trasportava da Roma, in atterraggio, ne ha sorvolato a bassa quota i pennoni e fumaioli. Una sfida, quella del concerto delle sirene, raccolta dalle campane delle chiese di tutta la città che, suonate a distesa, hanno dato l'annuncio del suo arrivo.
All'aeroporto il Papa - accompagnato dagli arcivescovi Filoni e Harvey, rispettivamente sostituto della Segreteria di Stato e prefetto della Casa Pontificia - è stato ricevuto dall'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani, dal nunzio apostolico in Italia, arcivescovo Giuseppe Bertello, dall'ausiliare di Cagliari, monsignor Mosé Marcia, dal presidente del Consiglio dei ministri italiano Silvio Berlusconi, dalle autorità regionali provinciali e cittadine. Due bambine gli hanno offerto un bouquet di roselline bianche e gialle.
Lungo le strade del percorso cittadino del corteo papale c'era tutta Cagliari, sicuramente, e tanti altri giunti dalle diverse province. Un'immagine certo simile a quelle viste ormai in tante altre città d'Italia e del mondo; ma qui ha assunto il tono dell'omaggio a una cara persona di famiglia, che si accoglie tra le mura di casa e della cui presenza si fa di tutto per godere il più possibile ogni attimo.
È stato un crescendo, continuo. Tanto che il programma previsto per la visita non era neppure iniziato che già aveva accumulato diversi minuti di ritardo. Per le strade c'era veramente tanta, tantissima gente.
A fare da cornice lo scintillio dei ricami dorati di coperte, tappeti e quant'altro appeso alle finestre dei palazzoni di contorno, un segno tipico di omaggio. Tra i tanti striscioni esposti lungo il tragitto, gigantesco quello allestito dalle suore Figlie di San Giuseppe Genoni in via Sant'Avendrace, dove ospitano nella loro casa una trentina di anziani, alcuni dei quali, ultracentenari, sono stati poi ricevuti dal Papa nel santuario di Bonaria. Particolarmente felice Maria Teresa Vargiu, 102 anni appena compiuti, la mascotte del quartiere, e Antonia Girau, 106 anni, la quale stringendo più tardi la mano del Papa all'interno del santuario gli ha augurato "di vivere - ha detto - almeno quanto me".
Il santuario della Madonna di Bonaria è posto in cima a una collinetta che domina il mare. Dal sagrato discende un'ampia scalinata sino a raggiungere una piazza immensa, ribattezzata "piazza dei centomila" in ricordo della visita di Paolo VI nel 1970. Scalinata e piazza erano come scomparse sotto la compattezza di una folla multicolore. Mentre la papamobile compiva un giro tra la folla per dar modo a tutti di vedere da vicino il Papa, un gruppo folk negli abiti tradizionali ha dato vita ad alcune originali coreografie.
All'interno del santuario Benedetto XVI, prima della messa, si è brevemente intrattenuto con la comunità dei padri mercedari alla cui cura pastorale il santuario è affidato. Benedictus qui venit in nomine Domini, sono le parole con le quali padre Salvatore Mura, rettore del santuario, lo ha accolto.
L'alleluja intonato da una folta corale ha invece sottolineato il passaggio della processione dei celebranti verso l'altare. Dietro il palco bianco allestito sul sagrato del santuario, a fare da sfondo sulla cima della rocca, la Cagliari vecchia sembrava specchiarsi nella città nuova, adagiata ai suoi piedi.
Sull'altare, insieme con i tipici doni, i cagliaritani, e con loro quanti si sono uniti a rappresentare l'intera isola, hanno deposto l'immagine di una civiltà antica, ricca di tradizioni e di cultura, pronta a rigenerarsi sempre nella fede e a vivere una nuova stagione. L'arcivescovo Mani, all'inizio della messa, se ne è fatto per loro interprete.
Per la celebrazione il Papa ha usato un artistico calice realizzato con l'oro estratto dalle miniere sarde, le uniche in Italia dalle quali si estrae ancora oggi il prezioso minerale. "In questo calice - aveva spiegato l'arcivescovo - il Papa vedrà l'esaltazione del lavoro di tutti i minatori della nostra isola". Da domani rimarrà esposto nel museo diocesano e verrà usato per ogni celebrazione officiata nelle zone minerarie dell'isola.
Numerosi i doni offerti al Pontefice. I padri mercedari, tra l'altro, gli hanno donato un artistico bassorilievo, raffigurante il miracolo di Bonaria, sul quale campeggia il ritratto di Benedetto XVI. Al Papa sono anche state indirizzate numerose lettere da parte dei reclusi nel carcere cittadino del Buoncammino. Hanno voluto esprimere "il più profondo ringraziamento - si legge nella lettera firmata da Cristian e Massimo - per la sua visita a Cagliari. Ci uniamo alle preghiere del nostro amato Papa confidando in una nuova realtà sulla nostra vita a divenire che, come elemento fondamentale, si riconosca nel Vangelo e riceva l'appoggio della Chiesa. Siamo certi di essere in buona parte dei suoi pensieri. Le chiediamo la sua benedizione insieme ai nostri cari e a tutte le persone del mondo che, per varie ragioni, soffrono in attesa di una presa di coscienza mondiale che induca a tornare ai precetti di nostro Signore, basati sull'amore, sulla fratellanza, sul rispetto civile". In un'altra lettera i detenuti della sezione ad alta sorveglianza scrivono: "Soltanto sapere che lei è qui ci fa sentire i cuori gonfi di speranza e di fiducia, perché la nostra fede ne godrà dei benefici, rinforzandosi sempre di più. Se mai un giorno dovesse tornare - conclude la lettera - venga a trovare i detenuti che tanto vorrebbero vederla e stringerle la mano in segno di speranza". E ancora, in un'altra lettera: "Noi della sezione provvisoria come tutti i detenuti sparsi per il mondo abbiamo perso la libertà, ma non la dignità di uomini. Si deve fare tanto affinché dietro le sbarre di ogni carcere non ci siano parassiti, numeri, persone insignificanti, ma esseri umani. La ringraziamo per le preghiere che lei vorrà elevare al Signore per noi e per le nostre famiglie. Le assicuriamo che noi la ricorderemo tutte le volte che riusciremo a pregare".
La messa si è conclusa con il rinnovarsi dell'atto di affidamento del popolo sardo a Maria. Nella preghiera il Papa ha voluto ricordare le tante situazioni di sofferenza che vivono oggi le famiglie, in particolare i troppi divorzi. Poco prima, nell'omelia, aveva proposto Maria come specchio "per un popolo di madri", aperte alla vita. E poi ancora, durante l'Angelus, ha pregato la Madre del Verbo incarnato di proteggere ogni mamma terrena: "Quelle che con il marito educano i figli in un contesto familiare armonioso e quelle che, per tanti motivi, si trovano sole ad affrontare un compito così arduo".
Prima che il Papa lasciasse il sagrato, il sindaco di Cagliari Emilio Floris, gli ha rivolto il saluto a nome di tutta la città.

Doveva essere veloce il trasferimento in macchina al seminario regionale. La folla assiepata lungo il percorso lo ha notevolmente rallentato. Quasi due ore il ritardo rispetto alla tabella di marcia.

Al seminario il Pontefice è stato accolto dal rettore, don Franco Pilotto. Ha incontrato i seminaristi e ha benedetto la nuova cappella. Poi un breve incontro con i vescovi della Sardegna ha concluso la mattinata.

(©L'Osservatore Romano - 8-9 settembre 2008)

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