18 settembre 2008

Il pellegrinaggio apostolico del Papa in Francia: "Una riserva di acqua sotterranea" (Alain Besançon per l'Osservatore Romano)


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Il pellegrinaggio apostolico in Francia

Una riserva di acqua sotterranea

di Alain Besançon
Membro dell'Institut de France

La Vergine Maria ordinò a Bernadette di scavare in un punto preciso. Una sorgente sgorgò e non si sarebbe mai esaurita.
Nel terreno a prima vista tanto secco e sterile della Francia cristiana, la visita di Papa Benedetto XVI ha fatto apparire una riserva di acqua sotterranea di cui non si sospettava la presenza, né l'abbondanza. Così vanno le cose nella Chiesa: sempre inattese e sorprendenti.
Si dice spesso che questo Pontefice sia privo di carisma rispetto al suo predecessore che ne aveva molto, con uno stile che i media riconoscevano.

A me sembra che ne abbia altrettanto, ma di un altro genere.

L'ho visto all'Eliseo, nel Collège des Bernardins, all'Institut, calmo, semplice, dignitoso, di una distinzione intellettuale evidente, in contrasto con molti suoi interlocutori. Il dislivello era grande. Era anche in buona salute, l'andatura sicura, la voce netta e bene impostata, in buona forma, il che gli ha permesso di seguire un programma estenuante.

Ma cosa ha detto?

Le sue prime parole, sull'aereo, ai giornalisti, sono risposte concise, chiare, profonde. Sulla laïcité, questo termine francese intraducibile in ogni altra lingua, ha detto: "È un frutto della fede, perché la fede cristiana era, fin dall'inizio, una religione universale, dunque non identificabile con uno Stato, e presente in tutti gli Stati". E sull'autorizzazione dell'antica liturgia: "Questo motu proprio è semplicemente un atto di tolleranza, con uno scopo pastorale, per persone che sono state formate in questa liturgia, la amano, la conoscono, e vogliono vivere con questa liturgia".
Parole tanto semplici quanto evangeliche.
Vi sono molti commenti sul suo incontro con Sarkozy. I due discorsi da un punto di vista letterario sono diversi, e il migliore non è quello del presidente, ma l'idea è chiara: la "laicità positiva" è qualcosa che si avvicina alla separazione americana fra le Chiese e lo Stato: separazione rigorosa, ma che non impedisce ai presidenti americani di parlare con le autorità religiose, di guardare a loro con benevolenza, di chiedere loro consiglio e aiuto. Il presidente vuole rompere con l'astio geloso, meschino, e a volte fanatico, di tipo francese, a vantaggio di "tutte le religioni, in particolare quella cristiana".
La Chiesa in Francia non chiede nient'altro. Si spera che questo buon clima s'instauri in modo duraturo.
Il deputato socialista Vals ha rimproverato al Papa di sostituire l'ambito sociale con quello religioso. L'affermazione colpisce. Che i socialisti vogliano sostituire l'ambito religioso con quello sociale, che cerchino di farlo da due secoli, è un loro problema. A eccezione del sindaco di Parigi, essi hanno ostentatamente snobbato la visita. Peccato.

Colpisce che in tutti i suoi interventi il Papa abbia evitato lo stile protocollare, il cliché, la formula vuota, la retorica clericale, la demagogia dell'emozione. Ha sempre parlato dal punto di vista più alto. Ci si è lamentati del fatto che non era "comprensibile a tutti", che il livello era eccessivo per il pubblico.

Ma proprio perché rispettava il pubblico, perché aveva fiducia nella capacità di comprensione degli uomini, nella loro ragione, ha parlato così.
Tutti i suoi interventi sono stati di alto tenore. Si è rivolto nello stesso modo ai ragazzi e alle ragazze dell'Esplanade des Invalides, alle folle di Lourdes, ai "giovani", e agli intellettuali invitati ai Bernardins.
A questi ultimi ha offerto una splendida lezione di storia del pensiero monastico, colta, ricca di citazioni, ed è stato piuttosto da parte di alcuni invitati che si avvertiva qualche perplessità, poiché non sapevano che la teologia potesse raggiungere simili vette, e perché nessuno gliene aveva insegnato le basi. Questi intellettuali hanno scoperto di non esserlo così tanto.
A Lourdes il Papa era fra il popolo, i piccoli, i bambini, i malati, dalla devozione spontanea e semplice. Anch'essi hanno avuto diritto a un insegnamento rigoroso, anche se davanti a questi uomini e a queste donne il Papa ha lasciato parlare più liberamente il suo cuore. Era più facile perché si onorava Maria, che il Papa ama al di sopra di tutto, e Bernadette. Ha anche spiegato ai vescovi che esistono punti, come l'indissolubilità del matrimonio, sui quali non si può prospettare alcuna concessione di principio. Ha chiesto loro un po' di buona volontà verso i tradizionalisti. Li ha assicurati del suo affetto.
Ora la festa è finita. Il Papa è partito e la Chiesa in Francia si ritrova di fronte a se stessa. Sa di essere piuttosto isolata, talvolta smarrita. La trasmissione della fede alla nuova generazione è difficile. Quanti davvero credono alla vita eterna, alla resurrezione, o semplicemente in Dio? Il popolo cattolico e il clero diminuiscono. L'episcopato forma un corpo omogeneo ma che potrebbe essere più aperto verso la società civile, verso i laici cattolici e verso l'esterno.

In questo mondo la venuta del Papa ha portato una grande ventata di aria fresca. Non sappiamo se il chicco di grano sparso dal seminatore germoglierà e maturerà.

Kant paragonava il sermone sterile dei pastori a un "massaggio" spirituale i cui effetti hanno breve durata. Spesso, dopo grandi avvenimenti, l'entusiasmo scema e le abitudini più radicate riprendono il sopravvento. Non perdiamo la speranza. Molti battezzati non si ricordano più della fede, credono di averla respinta, ma improvvisamente scoprono di averne più di quanto loro stessi credevano. Allo stesso modo, non si è riusciti a strappare completamente la fede dal popolo francese, nonostante gli sforzi ostinati di tanti nemici o di falsi amici della Chiesa. La venuta del Papa ha rivelato, con stupore gioioso o indispettito da parte dell'opinione pubblica, che il battesimo millenario della Francia non ha esaurito i suoi effetti.

(©L'Osservatore Romano - 19 settembre 2008)

Bellissimo articolo. A margine vorrei fare una riflessione generale.
Chi mi conosce sa che c'e' un aggettivo che io non sopporto.
Si tratta del termine "carismatico".
Per me questo aggettivo ha un valore cosi' grande, cosi' alto, cosi' prezioso, che mi dispiace molto vederlo "sprecato".
Purtroppo nella societa' attuale si utilizza questo termine come sinonimo di "mediatico", "teatrale", "spettacolare", "stupefacente".
Ecco perche' ho iniziato a non sopportare piu' quel termine.
Non e' l'aggettivo in se' che mi dispiace ma l'uso (l'abuso) che se ne fa.
Per me il carisma e' un dono dello Spirito Santo, un bene preziosissimo. Nulla a che vedere con l'accezione mediatica di quella parola.
Ogni volta che qualcuno, sui media, afferma che qualcuno e' una persona carismatica, nel senso di mediatica, mi viene l'impulso irrefrenabile di spegnere la tv e/o di chiudere il giornale.
Carismatico e' chi possiede un carisma, cioe' un dono dello Spirito.
In questo senso non esiste nessuno al mondo che non abbia un suo specifico carisma proprio perche' ciascuno di noi, come dice Papa Benedetto, e' prezioso agli occhi del Signore.
Benedetto XVI possiede il carisma della parola chiara, forte, decisa, prorompente.
Forse e' il primo Pontefice a possedere un dono del genere.
Ecco perche' e' carismatico ed ecco perche' i media non riescono a capirlo ne' ad inquadrarlo in schemi antiquati e ormai sciocchini
.
R.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è un altro termine abusato e, ormai, insopportabile: profetico.
Buona serata
Alessia

Raffaella ha detto...

Esatto, cara Alessia :)
Buona serata anche a te.
R.