17 settembre 2008

Il viaggio trionfale di Benedetto XVI in Francia. E Ratzinger conquistà la patria dell'illuminismo (Agnetti)


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Il viaggio trionfale di Benedetto XVI in Francia. E Ratzinger conquistà la patria dell'illuminismo

di Pino Agnetti

E così, l'ultimo rivoluzionario del nostro tempo ha gettato giù anche l'ultimo muro. Quello del laicismo arrogante e nemico ad oltranza del dialogo fra fede e ragione.
Quello, per intendersi, dei 67 "cervelli" nostrani che nel gennaio di quest'anno firmarono il famoso manifesto che, per la prima volta nella storia, ha impedito a un Papa di mettere piede in una Università.
Clamorosamente smentiti e definitivamente delegittimati (loro come gli ultrà dell'intolleranza d'ogni razza, nazionalità e corrente ideologica o religiosa) dall'incredibile entusiasmo popolare che ha accompagnato, fin dall'inizio, il viaggio apostolico di Benedetto XVI in Francia.
Una "missione impossibile", come l'aveva definita alla vigilia il quotidiano della "gauche" Liberation. Che invece si è trasformata in un'avanzata trionfale, che ha avuto il suo culmine nella messa celebrata sulla Esplanade des Invalides a Parigi, di fronte a una folla di 260.000 persone, e nella liturgia di ieri davanti al santuario di Lourdes e ad altri 200.000 fedeli uniti da un solo grido: Viva il Papa!
Tutto ciò, nel cuore della nazione culla dell'Illuminismo e della Rivoluzione. E, come tale, simbolo di una supposta inconciliabilità fra laici e credenti.
Miseramente franata già sotto il colpo di maglio infertole da Nicolas Sarkozy in persona, all'atto di ricevere all'Eliseo il pontefice di Roma: "Sarebbe una pazzia privarci della religione, un errore contro la cultura e contro il pensiero". Parole che, pronunciate per di più dal presidente di turno dell'Unione europea, sono suonate come una drastica inversione di marcia rispetto alla decisione, operata a suo tempo, di depurare il testo della Costituzione europea da qualsiasi richiamo alle comuni radici cristiane del Continente.
Come spiegare un simile capovolgimento di prospettiva? Innanzitutto, con l'onda lunga di Ratisbona.
Quanti dissero allora (e sostengono tuttora) che il discorso pronunciato il 12 settembre 2006 da Benedetto XVI non fu altro che un infortunio maldestro, devono oggi misurare l'effetto che col tempo esso ha saputo scavare nelle coscienze. L'esortazione di Ratzinger, infatti, puntava dritto al cuore di uno dei nodi centrali della nostra epoca: il rapporto fra la fede (che non può essere diffusa e tanto meno imposta "con la spada") e la libertà di coscienza.
Da allora, gli attacchi contro il Papa "nemico dell'Islam" si sono succeduti senza tregua.

In maniera tanto virulenta, quanto ridicola e paradossale visto che la "lectio magistralis" di Ratzinger rappresentava, appunto, una condanna esplicita di qualsiasi pretesa passata, presente e futura di "imporre" il dominio della fede (di qualunque fede) con altri mezzi che non siano la ragione e la libera scelta di ogni singolo individuo.

Semmai, è stato proprio l'aver fatto di questo argomento la pietra angolare del suo pontificato a conferire a Benedetto XVI un'autorevolezza e un consenso senza precedenti. In taluni casi, addirittura superiori a quelli già enormi del suo gigantesco predecessore Wojtyla.
Sufficienti comunque a suggellare, e proprio nei giorni del secondo anniversario dello "scandalo" di Ratisbona, una "Santa alleanza" fra Chiesa e mondo laico in nome di quella "laicità positiva" più volte evocata come la bussola cui si deve ispirare lo Stato in materia religiosa da Nicolas Sarkozy in persona. Cioè, dal presidente della Francia regina dei lumi e ormai abitata per meno del 50 per cento da cattolici.
Se non suonasse vagamente offensivo del luogo in cui ieri sera Benedetto XVI si è raccolto in preghiera - la grotta dove 150 anni fa una fanciulla analfabeta di nome Bernadette Soubirous ricevette l'apparizione della Madonna - si potrebbe parlare di una specie di miracolo. Mentre tutt'altro che stonato, nel caso di Papa Ratzinger, suona invece l'aggettivo "rivoluzionario".
Basti pensare che uno dei filosofi d'Oltralpe oggi più attenti al tema del ruolo della religione nel panorama contemporaneo si chiama Regis Debray. Proprio lui: il compagno d'armi e d'avventura di Che Guevara.

© Copyright America Oggi, 15 settembre 2008 consultabile online anche qui.

Questo commento e' la versione integrale di quello gia' pubblicato qui.

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