8 settembre 2008

L'eco dell'entusiasmo della Chiesa cagliaritana per la visita di Benedetto XVI nelle parole dell'arcivescovo, Giuseppe Mani, e dei giovani (R.V.)


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L'eco dell'entusiasmo della Chiesa cagliaritana per la visita di Benedetto XVI nelle parole dell'arcivescovo, Giuseppe Mani, e dei giovani

Si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri la visita di Benedetto XVI a Cagliari.
L’ultimo appuntamento ufficiale, in Piazza Carlo Felice, nel cuore della città sarda, dove il Papa ha incontrato i giovani.
Ad accoglierlo un’atmosfera gioiosa ed un vero e proprio spettacolo, con canti e balli, animati dai ragazzi sardi. A loro, il Pontefice ha rivolto un discorso intenso e sentito. Poco prima, aveva incontrato sacerdoti e seminaristi, mentre in mattinata, era stato protagonista della grande celebrazione al Santuario di Bonaria, in occasione dei cento anni dalla proclamazione della Vergine di Bonaria come patrona massima dell’isola. Ma ripercorriamo i momenti salienti di questa giornata, nel servizio del nostro inviato a Cagliari, Salvatore Sabatino:


Al termine di questa importante giornata per tutta la Chiesa sarda, e cagliaritana in modo particolare, Salvatore Sabatino ha avvicinato per un commento l’arcivescovo del capoluogo sardo, mons. Giuseppe Mani:

R. – Io l’ho presentata veramente come una grande celebrazione della fede del popolo sardo. Ed è riuscita veramente tale. La gente ha partecipato in modo inverosimile e con una adesione personale che mi ha commosso profondamente.

D. – Lei ha presentato letteralmente la Sardegna al Papa definendola “un tempio del Signore”…

R. – E’ stata veramente un tempio del Signore. In Sardegna siamo pochi, siamo soltanto un milione e 600 mila abitanti, ed è una terra che è più grande della Sicilia. E credo che ci saranno state tra le 100-120 mila persone e gli altri erano davanti alla televisione.

D. – Un altro esempio, quindi, concreto di quanto questa fede – come dice lei – sia viva, sia nella quotidianità di questa gente…

R. – E’ una fede vivissima … siamo noi che si rischia di misurare la fede con le statistiche, ma questa è fede su cui si può far leva. Questo è ciò che fa la Chiesa.

D. – Il Santo Padre ha pronunciato dei discorsi anche molto intensi e legati a questa società, ai problemi di questa società; in particolare, che la Vergine rende i sardi capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica. Parole forti, no?

R. – Il Papa ha parlato proprio della necessità di permeare, invadere, tutte queste realtà della fede, e ne ha parlato in maniera molto forte e anche molto incisiva. Credo che questo tema sarà un tema che sarà ripreso dalla pastorale, e diventerà veramente uno stimolo per fare molto.

D. – Proprio ai seminaristi il Papa ha portato un messaggio importante: “non vi spaventino né vi scoraggino le difficoltà”, quindi un segnale di speranza anche per loro..

R. – Ed ha citato anche le due figure di martiri dei nostri preti. Il Papa ha detto di non aver paura, portando come modello don Muntoni, il viceparroco di Orgosolo che è stato ucciso, e l’altro missionario del PIME che è stato ucciso, e questo è stato sicuramente molto, molto efficace da parte del Papa.

D. – Secondo Lei, che cosa rimarrà come eredità ai cagliaritani e ai sardi, tutti?

R. – Rimane il frutto di una grande celebrazione della propria fede, e io in questo ci credo moltissimo, e aver celebrato la fede tutti, i centenari, le famiglie e i giovani, è stato sicuramente un grande evento, ed è stato un grande evento di speranza. Per cui, è da questo momento qui che riparte tutto il discorso.

Ai giovani della Sardegna - che, ha detto il Papa, "sono il domani di questa terra" - Benedetto XVI ha voluto ricordare, come abbiamo sentito, tre grandi valori, quali famiglia, formazione e fede. Ascoltiamo alcuni dei ragazzi presenti all’incontro col Pontefice, nelle interviste realizzate dal nostro inviato a Cagliari, Salvatore Sabatino:

R. – Penso che il Santo Padre abbia portato luce a quelli che sono i concetti che per noi giovani, in questo momento, dovrebbero rappresentare un punto cardine. Perché penso che la mia generazione si sia un po’ allontanata dai questi valori, ovvero la famiglia, la formazione e la fede. Da parte del Santo Padre c’è stato quindi, a mio parere, questo forte richiamo verso di noi, verso noi giovani che dovremmo fare da apripista per le nuove generazioni.

D. – Cosa vi lascia in eredità Benedetto XVI?

R. – Sicuramente una carica interiore che potrà permettere a tutti noi giovani di guardare al futuro con più fiducia. Se vogliamo cambiare questa società, dobbiamo iniziare anzitutto da noi stessi ed impegnandoci soprattutto nel nostro piccolo e quindi nel nostro quartiere, nelle nostre scuole, nelle nostre università e nel nostro comune.

R. – Io sono molto contenta perché ha lasciato un messaggio di speranza. Credo che per i tempi che viviamo, e questo soprattutto nella nostra isola, ci ha veramente incoraggiati a non perdere la speranza per la vita futura, ma soprattutto il presente che viviamo.

D. – Quali sono state le emozioni che avete vissuto?

R. – Commozione profonda, emozione, vibrazioni del cuore. E’ una persona che ha detto delle cose che hanno veramente toccato il cuore a tutti.

R. – E’ riuscito a farci capire che ci pensa e che capisce quali siano i nostri problemi e come viviamo tutti i giorni la disoccupazione, i licenziamenti, la difficoltà di costruire una famiglia. Noi abbiamo avuto la fortuna di esserci sposati, da tre anni, e il Signore ci aiuta. Sentiamo il Papa tanto vicino.

Vasta eco hanno avuto le parole del Papa che guardando a Cristo ha esortato a “evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica”, ribadendo la necessità “di una nuova generazione di laici cristiani impegnati”. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Antonio Maria Baggio, docente di etica politica presso l’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano:

R. – C’è un aspetto preoccupante in ciò che ha detto il Papa ed è che se chiede ad una nuova generazione che si impegni anche in politica, significa che percepisce in un certo senso una assenza di questa generazione. Manca un’identità forte. Si avverte che a volte c’è una sudditanza culturale, la necessità di piegarsi alle posizioni dei vari partiti che non sarebbero secondo una linea di vero pensiero sociale cristiana. Una frammentazione, in sostanza, che non è soltanto politica. E’ culturale. Siamo, quindi, davanti al richiamo del Papa – mi sembra – a compiere un lavoro di scavo molto più profondo.

D. – Sentendo il discorso del Papa vengono in mente figure come De Gasperi, La Pira… ma cosa vuol dire oggi essere un cattolico impegnato in politica? Cosa bisogna fare?

R. – A me pare che ci voglia un grandissimo lavoro di inculturazione del Vangelo nel linguaggio specifico della società e della politica. E’ un nuovo annuncio in effetti, che deve avvenire nel linguaggio – appunto – dell’impegno civile. Senza questo annuncio, anche l’annuncio stesso del Vangelo che la Chiesa fa quotidianamente rimane incompiuto, rimane per così dire almeno in questi settori disincarnato.

D. – Seguendo le orme di Cristo, il Papa ha portato in Sardegna la luce della speranza, ma la quasi totalità dei quotidiani italiani si è concentrata sulle espressioni riferite alla necessità di un nuovo slancio in politica….

R. – Mi sembra che è un po’ il mestiere del giornalista in questo contesto, che ha come punto di riferimento i politici. Si domanda, quindi, in maniera molto quotidiana e non secondo l’attualità profonda di un discorso, ma secondo la sua contemporaneità spicciola da che parte possa essere tirato. E siccome ci sono dei politici che di fronte ad un richiamo del genere non vedono l’immensità del problema, l’epocalità dell’impegno che è richiesto, ma vedono ciò che praticamente può toccare il loro piccolo. Anche il giornalista che fa riferimento a questa piccolezza politica non può che commentare in questo senso.

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1 commento:

mariateresa ha detto...

bella, bella intervista. L'ultima risposta poi sui giornalisti la stacco e la porto in tinello con altre citazioni che ho immortalato sul marmo.
E' proprio così: alcuni hanno un orizzonte veramente piccolo, pensano piccolo e scrivono minuscolo.