8 settembre 2008
«Si chiude un'epoca e il Papa invita velocemente a guardare avanti». Interviste a Quagliariello e Casini
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«Si chiude un'epoca e il Papa invita velocemente a guardare avanti»
Fabrizio dell'Orefice
Gaetano Quagliariello legge e rilegge le frasi pronunciate da Benedetto XVI a Cagliari. Poi, il vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato, prova ad analizzare.
Senatore, quale epoca va chiudendosi?
«Quella della generazione politica dei cattolici che ha ritenuto, già dalla metà degli anni '50, che l'accettazione della modernità per i cristiani fosse ineluttabile e comportasse l'accettazione della secolarizzazione e di tutti i suoi esiti».
In che senso, scusi? Accettare la modernità significava andare verso sinistra?
«Anche questo. Per molto tempo è valso anche tra i cattolici una sorta di darwinismo politico: il moderno si trovava a sinistra. Così sono nati il centrosinistra, il compromesso storico, i governi di unità nazionale. Di fronte al fallimento di queste esperienze è chiaro che il Papa proponga una nuova via».
Ma perché allora il Papa pronuncia queste parole proprio oggi?
«Perché l'esperienza dei partiti identitari e ancor più quella dei partiti unici dei cattolici è definitivamente tramontata. In Italia la Chiesa assecondò quella stagione perché si avevano tre condizioni storiche peculiari connesse tra loro: la divisione bipolare del mondo, l'esistenza del più forte partito comunista d'Europa, la Dc: un partito che, al contempo, raggruppava tutti i cattolici e costituiva la diga più efficace contro il comunismo».
D'accordo, sono tre condizioni cadute ormai da anni.
«Infatti queste riflessioni sono da tempo nel pensiero del cardinale Ratzinger prima e di papa Benedetto XVI poi. Ieri le ha solo ribadite».
Il Papa ha liquidato anche l'esperienza dei cattolici in politica così come si è svolta ai tempi della Dc?
«Quell'esperienza è stata liquidata dai fatti. Semmai la forza del messaggio del Papa potrebbe indurre i piccoli partiti che in Italia perseguono ancora quella strada a ripensarci».
Sta pensando all'Udc?
«L'Udc potrebbe comprendere che i suoi principi possono essere meglio tutelati in un contesto partitico più ampio in cui convivono laici e cattolici».
Quella del Papa oggi non suona come una bocciatura dell'attuale classe politica cattolica, di destra e di sinistra, al punto da invocare una nuova con rigore, morale e competenza?
«Piuttosto mi sembra una bocciatura di classi politiche del passato che hanno ritenuto di adattarsi alla modernità anche a scapito di quei principi che Benedetto XVI ritiene "non negoziabili"».
Benedetto XVI, tuttavia, ha lodato il presidente del Consiglio Berlusconi. A suo avviso perché?
«Perché arriviamo da due anni molto difficili nel rapporto tra Chiesa e politica. Anni durante i quali si è messo in discussione il fatto che la Chiesa potesse esprimersi su temi come la vita, la morte, la famiglia».
Si è sostenuto che fossero delle vere e proprie «invasioni di campo».
«La distinzione tra la sfera civile e quella ecclesiale è sacrosanta, ma se la distinzione diventa separazione si determina una perdita secca di laicità. La Chiesa non ha solo il diritto, ma ha il dovere di affermare ciò che pensa, a maggior ragione su temi fondamentali per il suo magistero».
Intanto anche due ministri, come Rotondi e Brunetta, si accingono a presentare una proposta sui Dico. Ci risiamo?
«Non credo proprio. L'iniziativa del governo Prodi tendeva a dar vita a un surrogato di famiglia. Questo era e resta inaccettabile. Se invece per regolamentazione intendiamo il perfezionamento dei diritti della persona nelle unioni, diritti in gran parte già riconosciuti, non c'è ragione per opporvisi. Neppure da parte della Chiesa».
Anche il mondo cattolico ha mosso critiche a questo governo, proprio per essere stato carente nella sua azione a sostegno della famiglia. Condivide?
«Vi sono risoluzioni votate da questa maggioranza che impongono al governo di destinare eventuali tesoretti a detrazioni fiscali a favore delle famiglie. Era quel che si poteva fare. Se non rispetteremo l'impegno, il mondo cattolico farà bene a criticarci».
© Copyright Il Tempo, 8 settembre 2008 consultabile online anche qui.
L'INTERVISTA. Casini: "Ma anche io mi sento chiamato in causa come cattolico dalle parole del Papa"
"Quel monito è proprio per Silvio basta con veline e calciatori"
di CLAUDIO TITO
ROMA - "Certo che mi sono sentito chiamato in causa. Proprio come ogni cattolico che va a messa e si sente tirare le orecchie dal suo parroco". Pier Ferdinando Casini non nasconde di aver ascoltato le parole di Benedetto XVI "in modo particolare": un richiamo che ha investito anche la sfera "personale".
Per il leader dell'Udc, però, l'ammonimento del Pontefice riguarda tutti e tutti gli schieramenti, dal Pd al Pdl di Silvio Berlusconi. Allora ricorda al premier di non poter essere "al di sopra" del richiamo papale e poi punta l'indice contro la televisione. Contro chi propaganda la "società delle veline e dei calciatori". "Bisognerebbe - dice - guardare meno la televisione e fare più volontariato".
Cosa ne pensa del discorso del Pontefice a Cagliari?
"Intanto credo che il richiamo del Papa sia ineccepibile. Chi riteneva che la Chiesa dovesse essere confinata in un ruolo testimoniale, ora dovrà meditare sulle parole del Pontefice. La Chiesa è una risorsa per la società, un elemento fondamentale".
Però Benedetto XVI sembra bacchettare proprio i cattolici impegnati in politica come lei. Tanto da invocarne una nuova generazione.
"So bene che nel Dopoguerra c'è stata una generazione di cattolici - penso a De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti - capace di impregnare la prima fase della Repubblica a cominciare dalla definizione della Costituzione. E so bene che oggi, al contrario, si avverte un deficit di rappresentanza".
Un deficit che tocca anche lei?
"Chi non si sente chiamato in causa, forse non capisce. Ciascuno poi cerca di dare il proprio contributo. Io difendo un partito che si poggia sui principi richiamati da Sua Santità".
Una riflessione che riguarda solo la politica o anche la sfera personale?
"Chi è senza peccato scagli prima pietra. E chi è abituato a farlo evidentemente ha poca dimestichezza con il nostro mondo. Certo, a partire dal tema dei divorziati, ciascun credente è chiamato a interrogarsi profondamente. Altri, invece, non si pongono il problema. Ma nell'appello del Pontefice c'è dell'altro".
Ossia?
"Ci fa capire che la politica non è solo pragmatismo, non è solo selezione della classe dirigente attraverso la cooptazione del capo. Non è la spartizione dei posti negli studi notarili: l'esigenza che pone il Santo Padre è di far avanzare una generazione nuova che si costruisca sulla idealità e sui principi".
Un modo per dire che anche Berlusconi non si può considerare immune? Eppure il Cavaliere da tempo dice che i cattolici li rappresenta lui.
"Se è per questo, allora mi dica: chi non rappresenta Berlusconi? Se parlassimo dei musulmani, direbbe esattamente la stessa cosa. Ma a parte le battute, il deficit di rappresentanza esiste, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di questo richiamo. Nessuno può pensare di essere al di sopra delle parole di Benedetto XVI".
Qualcuno ha letto come una stoccata al Cavaliere anche l'invito a non farsi affascinare da chi è ricco e famoso.
"In effetti quel che conta è l'essere e non l'apparire. Ma la società di oggi idolatra veline e calciatori perché siamo tutti schiavi di un consumismo che mercifica ogni riferimento. Penso che i nostri figli dovrebbero guardare meno la televisione e frequentare di più certe straordinarie esperienze di volontariato e di assistenza ai disabili. Ma forse questo vale per tutti noi. Le veline e i calciatori non sono dei miti, ma dei finti modelli".
Per recepire l'intervento del Pontefice, bisognerebbe tornare all'unità politica dei cattolici?
"Quella è morta e sepolta da tempo. E la Chiesa non ha mai contato tanto come in questa fase, proprio perché interloquisce con tutti. Però è vero che un'azione congiunta su alcuni temi specifici - come sulla fecondazione assistita - ci dovrebbe essere".
In che senso?
"Su alcune battaglie, sulla "fine vita" che io non chiamo testamento biologico, sui temi etici insomma, i cattolici devono uscire dall'infantilismo politico. Al di là degli schieramenti in cui sono eletti, bisogna cercare una trasversalità. Va recuperata la difesa dei valori. Questo è un grande disegno cui l'Udc sta lavorando da tempo".
E vorrebbe coinvolgere anche i cattolici del Pd?
"Certo, mica sono dei credenti di serie B. Le grandi questioni etiche riguardano tutti e forse in Italia ce ne accorgiamo solo adesso. Se andiamo negli Usa vediamo come tra Obama e McCain la sfida sui valori etici sia centrale. Dunque smettiamola di avere complessi di inferiorità verso un certo mondo laicista che vorrebbe confinare i cattolici in "riserve di caccia". È ora che anche chi sta all'avanguardia nel centrosinistra si dia una mossa".
© Copyright Repubblica, 8 settembre 2008 consultabile online anche qui.
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2 commenti:
Non conoscevo il tuo blog ma lo trovo bellissimo e pieno di contenuti utili, grazie a nome di tutti...
Odisseus
Grazie a te :-)
R.
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