27 ottobre 2007
I 498 martiri risposta a Zapatero? Peccato che la beatificazione sia stata decisa da Papa Wojtyla ben prima dell'ascesa del premier spagnolo
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Domenica saranno beatificati 498 preti uccisi dai Repubblicani che combattevano Franco. E il passato torna a dividere il Paese
ALBERTO FLORES D´ARCAIS
MADRID
JuanDuarte aveva 24 anni, era un seminarista, un diacono che aspettava con ansia i pochi mesi che lo dividevano dall´essere ordinato sacerdote. Era il novembre del 1936, da poco più di tre mesi il "golpe" di Francisco Franco aveva fatto precipitare la Spagna in quella che sarebbe stata una guerra civile terribile e sanguinosa. Juan era in vacanza a Yunquera, un piccolo villaggio vicino a Malaga che, pur trovandosi nel sudovest del paese, non era ancora caduto nelle mani dell´esercito franchista.
Il 7 novembre venne arrestato dalle milizie repubblicane, torturato orrendamente per una settimana e infine ucciso. È uno dei 498 "martiri" che verranno beatificati domenica a San Pietro. L´uomo più adatto per parlare di Juan Duarte è José Andres Torres Mora.
Ex capo di gabinetto di Zapatero, deputato socialista è il teorico della Ley de Memoria Historica, la legge che riconosce e allarga i diritti (e le misure a favore) delle vittime della guerra civile (e della dittatura franchista) che mercoledì prossimo verrà approvata dalle Cortes, il parlamento spagnolo.
Torres Mora è l´uomo giusto, perché è anche il pronipote di Juan Duarte. E domenica, insieme con i suoi familiari, sarà in Vaticano a rendere omaggio al prozio martire. «Per me è un viaggio importante, è importante sia sul piano personale che su quello politico», mi spiega parlando dall´aeroporto dove è in attesa di prendere il volo delle 19 per Roma. «È giusto che ci vada, per rendere omaggio al mio prozio, ma anche perché sono un deputato socialista che ha voluto con forza la legge sulla memoria».
«No, non credo che le due cose si contraddicano; - prosegue - io non sono credente ma in Vaticano ci voglio essere perché è giusto che ci sia. Del resto nessuno si meraviglia se un non credente si reca in chiesa per un funerale di un amico o di un parente. Mi costa molto fare una distinzione tra il mio omaggio privato e il mio essere un uomo pubblico, ma non trovo che sia una situazione paradossale. La mia non è una contraddizione. Nel primo paragrafo del primo articolo della legge sulla memoria si parla di tutte le persone assassinate, vittime della guerra civile, indipendentemente dal loro credo politico o religioso; è una legge che si riferisce anche ai martiri della chiesa cattolica».
Racconta la storia che tante volte gli hanno raccontato in famiglia, «di come mio prozio venne torturato, castrato, di come lo abbiano cosparso di benzina, di come gli abbiano dato fuoco fino a una morte terribile». Non se la sente di condannare la chiesa solo perché i martiri beatificati sono solo quelli di una parte (la franchista), anche se ci furono molti sacerdoti uccisi anche tra le file repubblicane: «Per me, che sono laico, la chiesa è un´istituzione privata, ha tutto il diritto di scegliere chi vuole beatificare; è un po´ come se il partito comunista volesse commemorare i vecchi stalinisti, hanno il diritto di farlo. Io sono entrato nel partito socialista quando avevo 17 anni, poco prima delle elezioni del 1977, perché credevo in certi ideali. I miei genitori durante il franchismo erano emigrati in Germania a cercare lavoro, tra i miei familiari ci sono altri socialisti, i miei parenti di Malaga hanno idee diverse, ma sono stati i primi a essere contenti che anche io andassi in Vaticano. Senza presunzione, diciamo che sono la prova vivente della riconciliazione nazionale».
La beatificazione dei 498 "martiri", così come la legge sulla memoria storica, più che riconciliare sta di nuovo dividendo la Spagna, evocando i fantasmi mai sopiti di una guerra civile che ha toccato praticamente tutte le famiglie del paese. Con la destra che accusa il governo di Zapatero di voler cancellare la storia del franchismo, con la Chiesa che spiega che dietro la beatificazione non si nasconde nessun progetto politico e nessun risentimento, «ma solo il sentimento della riconciliazione». Poco importa che i vescovi abbiano premuto sul papa (inizialmente contrario) perché le beatificazioni (un processo locale) venissero fatte a Roma, «sono i socialisti - dicono i documenti della Conferenza Episcopale - che vogliono riaprire le ferite della guerra civile».
José Maria Ridao è uno degli intellettuali emergenti della nuova Spagna, romanziere, storico e saggista, un elettore socialista che non fa mancare critiche all´attuale governo. Ridao ha una visione diversa, fuori dai vecchi schemi della guerra civile, di un paese spaccato in due. «Intanto dobbiamo dire che oggi la chiesa cattolica conta sul piano sociale sempre di meno. Conta politicamente e vuole contare di più, e il processo di beatificazione è insieme un problema ideologico e una risposta politica alla legge della memoria. Le dico chiaramente quello che penso: io sono d´accordo con i contenuti della ley de memoria ma sostengo che non c´era alcun bisogno di fare una legge. Gli indennizzi alle vittime si possono dare senza dover votare in parlamento; cercare e riaprire le fosse comuni per dare sepoltura a chi non l´ha ancora avuta dopo 70 anni è un dovere dello Stato; cancellare i segni del franchismo dalle strade e dai comuni è un compito dei poteri locali. La verità è che l´agenda ideologica di Zapatero è opposta a quella di Aznar ma usa gli stessi metodi. Come Aznar voleva rendere accettabile il franchismo, voleva banalizzare la dittatura, che fu una dittatura feroce e responsabile di migliaia di morti, così Zapatero lo vuole cancellare. Mi piace citare una frase di Tucidide, "la politica serve perché l´odio non sia eterno"; quello che succede in questi giorni è esattamente il contrario».
Non è d´accordo Fernando Vallespin, presidente del Cis, il "centro de investigaciones sociologicas" (tipo il nostro Censis). «Io credo che il fatto che ci sia la beatificazione domenica e si voti la legge sulla memoria tre giorni dopo sia solo una coincidenza. Perché se ne discute solo oggi, trent´anni dopo il processo di transizione alla democrazia? Allora tutti erano d´accordo che per superare le ferite della guerra civile e della dittatura fosse necessario dimenticare; un processo curioso e interessante, quello di annullare la memoria. Ha funzionato; ma oggi che la democrazia si è consolidata trovo giusto che chi per quaranta anni è stato costretto al silenzio voglia parlare, che la memoria dimenticata venga riscoperta. Non credo sia un caso che questa legge sia opera dei politici della generazione di Zapatero, quelli tra i 40 e i 50 anni che sono cresciuti nella democrazia, che erano adolescenti quando la Spagna ha ritrovato le libere elezioni».
Perfecto Andres Ibanez è un magistrato molto conosciuto, giudice del Tribunal Supremo. «I due avvenimenti, beatificazione e legge della memoria, sono forse casuali come tempistica, ma è una coincidenza un po´ sospetta. Mi spiego: la chiesa spagnola è molto belligerante, è una sorta di partito politico, o almeno parte di un partito politico. Con la beatificazione di 498 "martiri", che sono tutti dello stesso campo, il franchismo, intende rivendicare ex post il valore politico del golpe militare del 1936. La chiesa spagnola non ha mai fatto veramente autocritica per l´appoggio che diede alla dittatura; quanto alla legge sulla memoria da un punto di vista giuridico credo che non abbia lacune; non la conosco ancora a fondo, anche perché deve essere ancora approvata. Però, e guardi che io non sono tenero con il governo Zapatero, le critiche della destra mi sembrano pretestuose».
Di beatificazione, di martiri e di leggi della memoria si parla molto sui giornali, si discute in modo acceso alle Cortes, ma non sembra che il tema stia appassionando particolarmente l´opinione pubblica. Perché se è vero che quasi ogni famiglia spagnola ha una vittima da piangere (sia in campo repubblicano che tra i nazionalisti) i giovani, ad esempio, sentono la guerra civile come qualcosa di sempre più distante. Del resto sono passati quasi settanta anni, come se all´alba della Seconda Guerra mondiale si discutesse ancora delle vittime della guerra franco-prussiana. Ed è un tema che, stando a tutti gli interpellati, non sarà neanche uno di quelli principali nella prossima campagna elettorale (si vota nel marzo 2008).
Ludolfo Paramio è considerato l´ideologo del premier spagnolo. Con lui ha lavorato, e lavora ancora, a stretto contatto, e rivendica la necessità della legge sulla memoria: «Tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli spagnoli è d´accordo, il fatto che tre giorni prima del voto ci sia la beatificazione non mi preoccupa, e non credo neanche che su questi temi il paese sia veramente diviso. Era giusto farla, anche se oggi, quasi settanta anni dopo, riguarda solo una minoranza degli spagnoli».
© Copyright Repubblica, 26 ottobre 2007
L´intervista
Il cardinale spagnolo Herranz: la beatificazione non ha nulla a che fare con la politica
"È solo un gesto religioso non una risposta a Zapatero"
ORAZIO LA ROCCA
«Il sangue del martire mai grida vendetta. Chi muore per la fede è specchio di Gesù, per i cristiani primo martire per eccellenza, ucciso sulla croce benché innocente, ma che perdonò i suoi carnefici perché non sapevano quello che facevano». Evoca il Vangelo, il cardinale spagnolo Julian Herranz, per smentire che la mega beatificazione di domenica prossima in piazza S. Pietro - dove saranno elevati agli onori degli altari 498 martiri cattolici della guerra civile spagnola - possa essere vista come una risposta della Chiesa alla politica anticlericale del governo Zapatero.
«Il martire è un seme di rispetto, di concordia e di unità, la sua morte è segno d´amore perenne, mai di odio», tiene a puntualizzare il porporato, insigne giurista, presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi ed attuale presidente della Commissione disciplinare della Città del Vaticano.
Cardinale Herranz, ma come si fa a negare del tutto che la beatificazione sia anche un segnale socio-politico in risposta al processo di laicizzazione che sta portando avanti il governo socialista di Zapatero?
«Beatificare un martire, o un gruppo di martiri, non ha nessun significato politico, ma solo ed esclusivamente religioso. Vorrei solo ricordare che anche papa Giovanni Paolo II negli anni passati aveva beatificato altri martiri spagnoli della guerra civile. La Chiesa lo fa da 2000 anni. Iniziò con i martiri delle persecuzioni romane, lo ha fatto con le vittime di regimi dittatoriali in Urss, in Cina, in Messico, nella Germania nazista. È un momento di vita ecclesiale con cui si riconosce il massimo sacrificio in nome della fede».
Perché dentro e fuori la Spagna in molti vedono in questi nuovi 498 beati una sorta di risposta a Zapatero?
«Fare queste nuove beatificazioni non è stata una scelta di questo pontificato. Il processo è iniziato molto prima dell´arrivo del presidente Zapatero. Chi vede la celebrazione di domenica prossima in chiave politica e con intento antigovernativo, manipola la realtà, dice il falso e distorce il vero significato religioso dell´evento per creare nuovi steccati e tenere alta la tensione nel mio Paese tra Chiesa e istituzioni laiche. Ma non è per niente così».
In Spagna c´è anche chi vede in queste nuove beatificazioni una sorta di risposta all´annunciata legge sulla Memoria Storica con cui l´attuale governo intende riabilitare le vittime comuniste del franchismo. Cosa risponde?
«Ripeto: la beatificazione è un atto di fede e non vuole essere mai una risposta per questa o quella iniziativa esterna alla Chiesa. I martiri per la fede e le vittime del franchismo, così come le intenderebbe riabilitare la legge sulla Memoria Storica sono due cose diverse. Tra le due iniziative non c´è nessuna relazione. Dico solo che, secondo me, questa annunciata legge sulla Memoria è sbagliata perché andrebbe a creare nuove fratture tra la popolazione, a tanti anni di distanza da un evento tragico come fu la guerra civile. Oggi la Spagna ha bisogno di altro, non certamente di iniziative che portano nuove fratture».
Si tratta, comunque, di ricordare delle vittime. Perché non farlo?
«È vero, la pietà va comunque riconosciuta per tutte le vittime. Ma va specificato che il martire e il caduto in guerra non sono la stessa cosa. Il martire accetta di sacrificare la sua vita per testimoniare la sua fede in Cristo senza vendette e per amore della pace. E la Chiesa per questo lo venera con la beatificazione. Il caduto, invece, è vittima di uno scontro bellico, di una guerra, di una lotta fratricida, come avvenne in Spagna, dove caddero da ambo i fronti. In questo secondo caso la fede non c´entra nulla. Ma temo che riaprire certe pagine storiche tanto tragiche, il Paese non ne possa giovare».
© Copyright Repubblica, 26 ottobre 2007
Le chiacchiere stanno sempre a zero! Questa beatificazione non e' stata decisa da Benedetto XVI ma da Papa Wojtyla ben prima che le bombe nella stazione di Madrid facilitassero l'ascesa del governo anticlericale zapateriano.
Noto che anche in Spagna, come in Italia, affermare le proprie ragioni e' sintomo di ingerenza politica.
R.
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2 commenti:
Personalmente credo che sia giusto beatificare chi è morto per testimoniare la fede.Al tempo stesso, tenendo conto del fatto che la guerra civile spagnola è stata terribile, e durissima è stata la violenza di comunisti ed anarchici, ma anche la repressione ordinata dal generale Franco (per questo Paolo VI fermò le beatificazioni: per evitare struimentalizzazioni politiche da parte di un regime dittatoriale che per fortuna non c'è più), credo che l'episcopato spagnolo farebbe bene (seguendo l'esempio di Giovanni Paolo II) a chiedere perdono per non avere denunciato le violenze del regime franchista. A questo proposito ho trovato molto bella la corrispondenza tra lo scrittore cattolico e monarchico Bernanos (che nel libro "I cimiteri sotto la luna" denunciò le violenze dei franchisti) e la scrittrice ebrea Simon Weil, che aveva sostenuto il governo repubblicano spagnolo denunciò le violenze gratuite di comunisti ed anarchici contro preti, religiose e semplici cristiani.
cara raffaella, non posso non essere d'accordo con te
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