19 marzo 2008
I vescovi: il primo dovere una nuova legge elettorale (Alberto Bobbio)
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I vescovi: il primo dovere una nuova legge elettorale
Monsignor Betori: con le attuali norme un potere oligarchico «In questa campagna per il voto mancano temi come la scuola»
Alberto Bobbio
Roma Usa la parola «dovere» perché non ci siano dubbi. Quello del segretario generale dei vescovi italiani, monsignor Giuseppe Betori, appare dunque molto più di un appello al prossimo Parlamento. Ieri, nella conferenza stampa che segue di una settimana i lavori del Consiglio permanente della Cei, Betori ha detto che «il primo dovere» delle nuove Camere sarà quello di «cambiare la legge elettorale per ridare, finalmente, ai cittadini un reale potere di scelta». Betori ha criticato pesantemente l'attuale sistema elettorale e ha spiegato che sarebbe auspicabile tornare «a dare più democrazia al Paese, visto che attualmente non è rispettoso della scelta dei cittadini» e pone le premesse per dare vita «ad un potere oligarchico in Italia».
Più in generale il segretario della Cei ha espresso le preoccupazione dei vescovi per l'assenza nelle discussioni della campagna elettorale di temi decisivi, come quello della scuola, e della «marginalità» di altri come i problemi delle famiglie: «Si tratta di uno scadimento del dibattito politico». Nel comunicato finale dei lavori del Consiglio permanente i vescovi riconfermano «la linea di non coinvolgimento» della Chiesa «in alcuna scelta di schieramento politico o di partito», ma aggiungono che «ciò non comporta la diaspora culturale dei cattolici». Poi Betori ha precisato, rispondendo alle domande dei giornalisti, che i cattolici al momento del voto dovranno fare una valutazione particolarmente impegnativa. Essa deve riguardare «non solo i programmi che vengono proposti», ma anche «le persone presenti nelle liste». Si è permesso anche una battuta: «Certo, io avrei preferito che i tutti i candidati dei partiti fossero cattolici o almeno si ispirassero alla Chiesa». Poi ha osservato che «al momento la presenza dei cattolici nelle liste rispecchia quello che le forze politiche danno come spazio ai cattolici». Per questo motivo ha invitato gli elettori cattolici a stare attenti e ad esercitare al momento del voto un «attento discernimento».
Oltre alla questione della scuola, Betori ha spiegato che alla Cei sta particolarmente a cuore anche il problema della sanità, definito «tema di scottante attualità, destinato a condizionare in futuro anche le scelte politiche». In particolare Betori ha denunciato che le istituzioni sanitarie cattoliche, visto l'indebolirsi dello Stato sociale, sono «le ultime che vengono prese in considerazione per le convenzioni con il servizio sanitario nazionale». Il comunicato parla di «perdurante diffidenza verso le strutture ecclesiastiche» della sanità, che tuttavia, ha sottolineato Betori, svolgono un servizio pubblico. In Consiglio permanente è stato questo uno degli argomenti più dibattuti e Betori ha rilevato che «occorre farsi carico del problema». Si tratta di uno quegli «impegni per il bene comune» sui quali ha richiamato l'intero Paese. Riguardo ai valori irrinunciabili, che ogni fedele dovrà tenere ben presente al momento del voto, il segretario della Cei ha ripetuto che ci sono la «difesa della vita dal suo inizio al tramonto naturale e il sostegno alla famiglia naturale fondata sul matrimonio» e tutti quei valori indicati dal Concilio Vaticano II come l'impegno per la pace e la lotta alla fame nel mondo: «Tutto concorre a formare il bene comune». Una particolare attenzione, ha proseguito, dovrà essere riservata dal nuovo Parlamento anche «agli incidenti sul lavoro, al dilagare dell'usura che colpisce molte famiglie italiane e alle infiltrazioni pervasive delle mafie che sconvolgono la vita sociale».
Su fisco e famiglia ha espresso grande apprezzamento per il lavoro fatto dal Forum delle Famiglie e per l'iniziativa della petizione popolare relativa a un fisco più amico della famiglia, che ha raccolto decine di migliaia di adesioni nelle piazze di tutta Italia e che verrà consegnata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 15 maggio. Poi ha precisato che quando il cardinal Bagnasco, la scorsa settimana, nella prolusione ha parlato di «ampie convergenze» sulle emergenze del Paese (salari, pensioni, prezzi e infrastrutture), non voleva indicare alcuna «formula di governo», ma che, nel «rispetto dei ruoli della futura maggioranza e della futura minoranza», tra i partiti «ci possa essere collaborazione per il bene della nazione»: «Lontano da noi - ha aggiunto - imporre scelte ai partiti, quello che ci preme è svelenire il clima generale». È tornato anche sulla candidatura di Totò Cuffaro, condannato in primo grado a cinque anni: «Non è un problema che riguarda la Cei. Ogni persona ha il diritto di essere considerata innocente fino al giudizio definitivo. La candidatura di Cuffaro, cioè se inserire o no un inquisito o condannato in lista, è di carattere politico. E dunque occorre una valutazione politica che non è di competenza della Cei. È un giudizio di Cuffaro e di chi lo mette in lista».
Infine Betori ha brevemente parlato anche dell'aborto dopo i fatti di Genova, ribadendo che l'impegno per la vita ha contraddistinto da sempre l'azione della Chiesa e dei cristiani e la tragedia dell'aborto «non può essere risolta solo in chiave sociale, sia con una legge, sia attraverso espressioni politiche». Betori non ha però direttamente parlato della lista di Giuliano Ferrara, direttore del «Foglio». Ha osservato che «tutto può convergere per affermare il principio della tutela della vita e tutto può essere d'aiuto per evitare l'aborto", anche «le antiche ruote che una volta si trovavano fuori dai conventi, naturalmente in termini diversi», che i vescovi traducono oggi in aiuti economici e in vicinanza alle famiglie.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 19 marzo 2008
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