6 marzo 2008

Mons. Ravasi annuncia un convegno internazionale sulle teorie dell'evoluzione per far incontrare scienza, teologia e filosofia (Radio Vaticana)


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Mons. Ravasi annuncia un convegno internazionale sulle teorie dell'evoluzione per far incontrare scienza, teologia e filosofia

Si è aperta stamane, a Roma, la Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: al centro dei lavori "Le sfide della secolarizzazione per la Chiesa e nella Chiesa". Il presidente del dicastero, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, ha indicato alcuni itinerari: il primo riguarda il rapporto tra fede e scienza e a questo proposito ha annunciato un convegno internazionale su “Le teorie dell’evoluzione per incontrare e per fare incontrare scienza, teologia e filosofia”. Ma ascoltiamo lo stesso mons. Ravasi, al microfono di Giovanni Peduto:

R. – Sarà questo un percorso molto importante, perché vedrà convergere qui a Roma, all’Università Gregoriana e sotto il nostro patrocinio, da un lato figure altissime della scienza, ci sono anche dei Premi Nobel, e dall’altra parte dei grandi teologici e dei grandi filosofi. Così da poter finalmente guardare ciascuno di noi al di là della nostra frontiera: lo scienziato che si interroga anche e che ascolta anche l’interrogazione della teologia e il teologo e il filosofo che ascoltano e che vedono i percorsi della scienza.

D. – Il dicastero si aprirà, quindi, ad orizzonti – chiamiamoli – continentali?

R. – Certamente e questa è un’altra strada importante: noi ci accorgiamo che, da un lato, la globalizzazione ci rende un po’ tutti uguali e vorrebbe cancellare le nostre fisionomie e i nostri volti, ma - dall’altra parte – le varie nazionalità e le varie culture continuano ad insorgere, volendo affermare – giustamente – anche le loro identità. Lo sforzo nostro sarà, perciò, quello di comprendere veramente i volti dei popoli e delle culture, a partire per esempio dalle grandi culture asiatiche, da quelle africane e da quelle dell’America Latina.

D. – Eccellenza, lei ha quindi puntualizzato l’importanza di approfondire le scienze umane e tra cui, non ultima, l’economia. Perché?

R. – Questo è un capitolo, del tutto nuovo nell’ambito vaticano, perché di solito ci si ferma alle scienze e alle arti tradizionali: pensiamo alla musica, alla letteratura, alla pittura, che sono tutte realtà importanti, certamente, della cultura. L’uomo di oggi, però, è certamente fatto anche di tante relazioni che sono relazioni cosiddette antropologiche. Le scienze umane comprendono soprattutto l’economia e l’economia non vuol intendere soltanto questioni di tipo monetario o di tipo finanziario, ma vuol anche intendere ricostruire veramente una società che sia più giusta, più omogenea. Ecco perché l’economia deve ritornare ancora nell’ambito della cultura, che è analisi dell’uomo.

D. – Ancora un itinerario: il tema del linguaggio, inteso non soltanto come comunicazione, ma anche come epistemologia…

R. – Il linguaggio lo riteniamo, anzitutto, il tramite della nostra comunicazione e della nostra comprensione. Questo è pur necessario, anche perché tante volte il linguaggio della Chiesa risulta quasi annebbiato rispetto al linguaggio contemporaneo, che è dominato da forme espressive molto più dirette ed immediate, che non entrano nei percorsi molto complessi del pensiero. Dall’altra parte, però, bisogna ricordare che oltre a questa trascrizione del messaggio cristiano fondamentale, è necessario ricordare che ormai il linguaggio è veramente un modo di entrare in relazione ed è quindi indispensabile riuscire a conoscere i metodi giusti e non soltanto le traduzioni, ma anche i metodi per avere un rapporto che sia il più completo, il più intenso e il più denso possibile tra la Chiesa e l’umanità.

D. – Ancora un itinerario, il quinto, ma non ultimo per l’importanza, la non credenza…

R. – Noi abbiamo davanti a nostri occhi panorami molto estesi di persone, le quali considerano i cieli del tutto vuoti o al massimo popolati soltanto da satelliti, da satelliti militari o di meteorologia. Far guardare verso l’oltre, verso l’altro anche le persone che sono chine solo sull’orizzonte dovrebbe rappresentare la nostra sfida. Questo avviene attraverso la necessità di inserire nell’uomo di oggi, il bisogno della ricerca, della domanda, del senso, dell’essere capace di superare anche se stesso.

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