15 marzo 2008

Sul Santoro dei preti pedofili il giudice dà ragione al cittadino


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SENTENZA INNOVATRICE, GRAVIDA DI CONSEGUENZE

Sul Santoro dei preti pedofili il giudice dà ragione al cittadino

ANTONIO GIORGI

Alle richie­ste di danni dopo il blackout elettrico dell’autunno 2003, lui aveva resistito con successo nella sua qualità di presidente dell’ente chiamato in causa, il Gestore elettrico nazionale Gse. Adesso proprio lui, Carlo Andrea Bollino, si è calato nei panni della parte offesa e si è visto dare ragione dal giudice di pace di Roma. La notizia non meriterebbe l’onore della cronaca non fosse che la parte condannata a pagare i danni è la Rai. Bollino versus Rai, dunque, e la corazzata dell’informazione radiotelevisiva di Stato ne esce clamorosamente battuta. Dovrà – salvo ribaltamento della sentenza in un ulteriore grado di giudizio – versare al ricorrente 400 euro per danni morali e materiali, e fin qui poco male. Più interessante e suscettibile di clamorosi strascichi l’altra decisione del giudice, che condanna l’ente radiotelevisivo a restituire 50 centesimi di canone. Robetta, il canone 2008 è di 106 euro, non fosse che la sentenza rischia di innescare un meccanismo di class action a catena, di ricorsi collettivi che, accolti, manderebbero ko i bilanci Rai.
Forse qualcuno in viale Mazzini comincia a fare due conti e a nutrire apprensioni. Vediamo com’è andata. Il professor Bollino si era ritenuto offeso dalla puntata di 'Anno zero' di Michele Santoro del 31 maggio scorso, che ritrasmise commentandolo un filmato della Bbc su casi di pedofilia in ambienti ecclesiastici.

Il ricorrente si lagnava per il tipo di conduzione quantomeno disinvolta e urticante. Il giudice di pace ha riconosciuto che un programma tv del servizio pubblico pagato dal canone debba esprimere un livello di qualità informativa e professionale non riconosciuta né al filmato-inchiesta né al dibattito che è seguito, anche per la scarsa attinenza professionale di alcuni ospiti con la materia in esame. Di qui la modesta rivalsa sul canone, il taglio di 50 centesimi, ma anche l’attribuzione a Carlo Andrea Bollino di un risarcimento danni.

La sentenza si presta a qualche considerazione. La prima attiene alla qualità del servizio pubblico.

Anche un magistrato è arrivato a sancire che – almeno in quel caso – dal piccolo schermo di buona televisione ne è venuta poca. Non spetta al giudice farsi critico televisivo, ma come negargli la libertà di giudizio consentita ad ogni cittadino e impedirgli che tale libertà si riverberi in qualche modo sul momento decisionale?

La seconda è di caratura giuridica: dal pronunciamento giudiziario si evince che viene riconosciuto al rapporto Rai-abbonato (per instaurare il quale quest’ultimo paga un corrispettivo) una natura di tipo contrattuale, il che comporta diritti e doveri per l’una e per l’altro.

Io pago il canone, tu mi garantisci programmi decorosi, dignitosi, frutto di buona professionalità.

La sentenza darà l’avvio – ora che si può – ad una serie di class action dei cittadini contro certa televisione spazzatura? Eppure una notazione va aggiunta, non riguarda i timori per i bilanci di viale Mazzini e investe l’intero sistema televisivo anche privato: non potrebbero bastare buona preparazione, obiettività, corretteza professionale, rigore a fare una televisione di alto livello qualitativo per un utente (pagante, nel caso Rai) che merita di non essere preso in giro?

Perché deve essere il giudice l’ancora di salvezza del telespettatore che non ne può più?

© Copyright Avvenire, 15 marzo 2008

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