11 maggio 2008

Il Papa e i 40 anni dell'Humanae vitae: «Fu gesto di coraggio. No alla sessualità che diventa una droga» (Bobbio)


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No alla sessualità che diventa una droga

Il Papa e i 40 anni dell'Humanae vitae: «Fu gesto di coraggio» «Il dominio della tecnica non infici la qualità dell'amore»

Alberto Bobbio

Città del Vaticano Fu un insegnamento non facile quello contenuto nell'enciclica di Paolo VI «Humanae vitae», pubblicata 40 anni fa e di cui si è discusso per tre giorni in Vaticano.
Ieri lo ha ammesso Benedetto XVI ricevendo i partecipanti al convegno. L'«Humanae vitae» fa parte del magistero della Chiesa sulla trasmissione e la difesa della vita e contiene la condanna dei metodi contraccettivi non naturali. Quando venne presentata aprì un dibattito in realtà mai interrotto, ma sul quale la Chiesa non ha cambiato posizione.
Ratzinger, che da teologo e da cardinale è più volte intervenuto in quel dibattito, ha confermato i principi che portarono Papa Montini alla decisione di scrivere l'enciclica. Non ha nascosto che fu una «decisione sofferta» e un «gesto di coraggio» pubblicare quel testo, che «fece molto discutere» e che divenne «segno di contraddizione». Oggi, 40 anni dopo, resta attuale, anzi lo è ancora di più, aggiunge il Papa, proprio alla luce delle scoperte scientifiche che provocano una riflessione sul «valore intrinseco» che l'enciclica possiede.
Ecco perché ieri il Pontefice ha ribadito che la Chiesa continua ad opporsi alle «tecniche meccaniche» della procreazione e del controllo delle nascite, ma anche ad un «esercizio della sessualità che si trasforma in una droga» e vuole «assoggettare il partner ai propri desideri e interessi, senza rispettare i tempi della persona amata». È in gioco, ha avvertito il Papa, non solo «il vero concetto dell'amore», ma «la dignità della persona». Per difenderla Ratzinger ha rilanciato il tema dell'«alleanza tra ragione e amore», tra «anima e corpo», che «è sempre stata feconda quando è stata rispettata»: «Come credenti non potremmo mai permettere che il dominio della tecnica abbia ad inficiare la qualità dell'amore e la sacralità della vita».
C'è un atto di Dio insomma nella creazione e quindi nella trasmissione della vita, spiega il Papa teologo, che è «un paradigma sul quale l'agire umano deve declinarsi», scoprendo e credendo come giusta l'alleanza tra la fede e la ragione. Ratzinger rileva che si tratta di due realtà che si illuminano a vicenda e cita Guglielmo di Saint Thierry, teologo francese del XII secolo, allievo di Bernardo di Chiaravalle e teorico del rapporto tra l'uomo e Dio inteso essenzialmente come un atto di amore. Quindi nella trasmissione della vita non c'è spazio né per l'utilitarismo, né per l'egoismo e il Papa ne spiega il concetto, sottolineando la «lungimiranza» dell'«Humanae vitae», nella quale «l'amore coniugale viene descritto all'interno di un processo globale, che non si arresta alla divisione tra anima e corpo, né soggiace al solo sentimento, spesso fugace e precario, ma si fa carico dell'unità della persona e della totale divisione degli sposi, che nell'accoglienza reciproca offrono se stessi in una promessa d'amore fedele ed esclusivo, che scaturisce da una genuina scelta di libertà», sempre «aperto alla vita».
La preoccupazione riguarda l'intera questione della sessualità intesa come «segno di un mistero più grande». E la definisce una «urgenza formativa» soprattutto per i giovani, per evitare quelle «vicende tristi che coinvolgono gli adolescenti, le cui reazioni manifestano una non corretta conoscenza del mistero della vita e delle rischiose implicanze dei loro gesti». Ratzinger aggiunge che «il tema della vita» deve avere un «contenuto privilegiato» nel campo dell'educazione. E auspica che «soprattutto ai giovani sia riservata un'attenzione del tutto peculiare», in modo che possano apprendere «il vero senso dell'amore e si preparino per questo con una adeguata educazione alla sessualità, senza lasciarsi distogliere da messaggi effimeri che impediscono di raggiungere l'essenza della verità in gioco».
Il giudizio di Ratzinger è netto: «Fornire false illusioni nell'ambito dell'amore o ingannare sulle genuine responsabilità che si è chiamati ad assumere con l'esercizio della propria sessualità non fa onore ad una società che si richiama ai principi di libertà e di democrazia». Infatti «la libertà – ammonisce il Papa – deve coniugarsi con la verità» e la «responsabilità con la forza della dedicazione all'altro», anche se ciò comporta «sacrificio». Altrimenti la «comunità degli uomini non cresce» e si avverte il «rischio di rinchiudersi in un cerchio di egoismo asfissiante».
Quello sull'«Humanae vitae» non è stato l'unico discorso che il Papa ha dedicato ieri alla questione.

Poco prima, ricevendo i vescovi ungheresi, aveva ribadito che la crisi della famiglia «costituisce un enorme sfida per la Chiesa». In Ungheria da poco è stata approvata la legge sulle coppie di fatto, anche omosessuali, e notevoli preoccupazioni sono state espresse dal cardinale Erdo, presidente della Conferenza episcopale, anche ieri al Papa, poiché la legge ha indebolito, ha detto, «lo stesso matrimonio». Benedetto XVI si è spinto oltre affermando che la legge «è contraria non solo all'insegnamento della Chiesa, ma alla stessa Costituzione ungherese».
Poi ha denunciato la «carenza di sussidi per la famiglie numerose», il «drastico calo delle nascite», la «diffusa pratica dell'aborto», la «notevole diminuzione del numero dei matrimoni e l'impressionante aumento dei divorzi, molto spesso anche precoci». Secondo Ratzinger tutto ciò è il frutto delle conseguenze del comunismo e dello «sconsiderato consumismo» attuale.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 11 maggio 2008

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