16 giugno 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 16 giugno 2007 (2) [gay pride]
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Rassegna stampa del 16 giugno 2007
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Aggiornamento della rassegna stampa del 16 giugno 2007 (1)
A chi giova il Gay Pride
di Michele Brambilla
Questo pomeriggio a Roma andrà in scena una nuova edizione del Gay Pride, e gli organizzatori si augurano un bagno di folla tale da oscurare, o quantomeno da pareggiare, il successo del Family Day. Non a caso la piazza scelta è la stessa: l’immensa piazza San Giovanni.
Ma c’è da chiedersi se un «bagno di folla» giovi davvero alla causa degli omosessuali. Quale sarà, infatti, l’aspetto più visibile della manifestazione? Quale la coreografia, quali i costumi, quali gli slogan? Insomma: alla fine quale immagine resterà del Gay Pride? Il dubbio è che la manifestazione verrà memorizzata come una carnevalata volgare nelle forme e aggressiva negli slogan.
Guardate che non è il dubbio di un «omofobo» (vocabolo new entry nel politicamente corretto). Ieri, fra le lettere pubblicate da La Stampa, ce n’era una intitolata «Io gay dico no al Gay Pride». Sarà sfuggita ai più, ma merita: «Ogni volta che sento parlare di Gay Pride vado in crisi. Credo che una manifestazione di questo genere, piena di volgarità, anticlericalismo e richieste esagerate come il matrimonio civile, sia controproducente per la nostra causa».
Non si pensi a una lettera fasulla. Intanto perché sarebbe un’offesa al giornale che l’ha pubblicata. E poi perché non c’è dubbio che quanto espresso dall’anonimo lettore sia condiviso da molti omosessuali, che hanno ben capito a quale contrappasso può portare un certo estremismo. Ieri, sul Corriere della Sera, è apparsa una bella intervista ad Angelo Pezzana, 66 anni, antesignano delle battaglie per i diritti degli omosessuali. Pezzana ricorda la prima manifestazione di protesta del suo movimento, il «Fuori»: fu a Sanremo nell’aprile del 1972, «ci ritrovammo in venti davanti al Casinò», tutti in giacca e cravatta, erano di più i poliziotti. Nostalgie delle catacombe? Non è questo il punto. È che il progresso non sta nel passare dalla clandestinità alla pagliacciata. Ha detto Pezzana al Corriere: «Qui in Italia si continua a ricorrere alla mascherata, a un’atmosfera da gran circo da buttare in pasto al pubblico che così giudica il mondo omosessuale come un branco di stupidi».
Insomma. Quale beneficio possono portare le sfilate con chiappe e tette (siliconate) al vento? A che cosa servono i pupazzi del Papa vestito da nazista? E che cosa c’entrano, nel corteo, quei nostalgici del positivismo ottocentesco dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti? Eppure ci saranno, magari con la benedizione del loro maestro, il professor Odifreddi, il matematico che ritiene che con due conti si può svelare «l’enorme mister dell’universo», per dirla con il Carducci, e dimostrare che Dio non esiste. Ma che cosa c’entra l’esistenza o meno dell’Onnipotente con l’omosessualità?
Tutto questo non serve a nulla. Sono finiti da un pezzo, e per fortuna, i tempi delle odiose discriminazioni, i tempi in cui i termini «gay» e «omosessuale» ancora non esistevano e sui giornali si parlava di «torbidi ambienti», «quelli così», «il terzo sesso», «gli invertiti». Basta leggere qualsiasi posta del cuore sulle riviste patinate o vedere le fiction sulla famiglia per rendersi conto che i tempi sono cambiati, anzi se vogliamo dirla tutta oggi, specie negli ambienti «che contano», è guardato come un imbecille chi ha la stessa moglie da vent’anni, non l’ha mai tradita e ha fatto qualche figlio con lei. Inutile alimentare vecchi fantasmi: lo stesso Pezzana ha ammesso ieri al Corriere che la condizione omosessuale in Italia nel 2007 «si è quasi allineata a quella eterosessuale».
Ma la rivendicazione oggi non sta nel chiedere la fine di discriminazioni che non ci sono più. Sta nell’avanzare richieste che il gay lettore de La Stampa ha definito «esagerate». Ha citato il matrimonio civile. Sicuramente, perché è implicito, voleva dire anche le adozioni alle coppie gay. Per chiedere simili «parità» si urlano slogan contro la Chiesa, ma che un bambino debba avere una mamma e un papà non lo ha stabilito monsignor Bagnasco, bensì Madre Natura.
Chiudo citando ancora il gay autore di quella lettera. Nelle ultime due righe ha scritto che la sua sensazione su quanto le esagerazioni siano «controproducenti» la avverte «dai commenti che sento in giro». Ha ragione. È dai discorsi che si sentono in giro - quelli della gente comune: non quelli degli opinion maker , tutti allineati al nuovo conformismo - che si riavverte un clima che non c’era più, e che Dio non voglia che ritorni, perché sarebbe peggiore di quello dei tempi che furono.
Michele Brambilla
Il Giornale, 16 giugno 2007
Il gay pride e il family day
Non ci furono avversari in quella piazza
Umberto Folena
Oggi a Roma si tiene il Gay Pride, la giornata dell'orgoglio omosessuale. I lgbt - lesbiche, gay, bisessuali e transessuali - concludono una marcia di cinque chilometri a San Giovanni, la stessa piazza che il 12 maggio era stata teatro del Family Day. Non è un caso. L'intento degli organizzatori è dichiarato: "riprendersi" quella piazza dove il milione di padri e madri, figli e fratelli, nonni e nipoti aveva manifestato in pace e con gioia per dire: ci siamo anche noi.
Ancora una piazza contro un'altra piazza? Il 16 giugno contro il 12 maggio?
Da parte nostra, no. Per questo non vogliamo qui eccepire, e ce ne sarebbe, sul troppo facile sport delle "adesioni" o dei "patrocinii" in cui la nostra classe politica al governo ha dato in questi giorni prova, spiace dirlo, di un incorreggibile cinismo.
No, non c'è né ci sarà alcuna "guerra" tra genitori, figli e nonni da una parte, e lgbt dall'altra. Ricordiamo che cos'era San Giovanni al Family Day: nessun giudizio aspro, nessuna irrisione, nessuna sciocca caricatura, nessuna sentenza inappellabile nei confronti del mondo omosessuale. D'altronde la famiglia non respinge alcun suo figlio, etero o gay, né lo evitano i preti. E la Chiesa, come già abbiamo scritto, tiene per lui le porte spalancate come per ogni persona, vicina o lontana, fosse anche la più critica nei propri confronti.
Siamo degli ingenui, o irenisti d'accatto? No, siamo realisti, liberi da tentazioni ideologiche e da schemi fondamentalisti. Guardiamo alle persone. E se non ignoriamo le polemiche, le differenze, le richieste inaccettabili provenienti del mondo lgbt, crediamo però nella circolarità del confronto serio e civile tra persone - persone di qualunque condizione, convinzione e orientamento - serie e civili. Un confronto sincero può assumere toni aspri, specie se le posizioni di partenza risultano distanti. Ma non può tramutarsi in uno scontro ottuso e noioso. Né può partire dalla falsità, dalla manipolazione, dall'irrisione dell'altro. Per questo sono del tutto fuori luogo le accuse al "Vaticano egemone e omofobo", e via dicendo. Sono false e i cattolici vengono offesi gratuitamente, ma pazienza. Il primo sbaglio, lo sbaglio più grave, è nei confronti di un'opinione pubblica - cattolica e no - che vorrebbe pensare e capire per poter infine maturare un'opinione, e invece viene invitata a fare il tifo e a deridere. Il primo sbaglio cioè va all'indirizzo dell'intelligenza degli italiani tutti.
Lo stile talora è sostanza. Non a caso Angelo Pezzana, fondatore del primo movimento italiano per i diritti degli omosessuali, il Fuori, ieri in un'intervista dimostrava di non apprezzare il "gran circo" all'italiana: "Negli Usa i Gay Pride vedono poliziotti, pompieri, bancari, impiegati vestiti con i loro abiti di lavoro quotidiani proprio per rivendicare il loro diritto alla normalità. Invece in Italia si continua a ricorrere alla mascherata, a un'atmosfera da gran circo da buttare in pasto al pubblico che così giudica il mondo omosessuale come un branco di stupidi".
Gli omosessuali stupidi non sono. Anche per questo, potendolo fare, li guarderemo e osserveremo con attenzione, nella speranza di individuare spunti di riflessione utili, ma augurandoci anche di non finire inermi come davanti a certe segreterie telefoniche che ripetono all'infinito: "Lei è omofobo, inutile richiamare".
Una volta finita la stagione delle piazze, ci ritroveremo tutti nelle nostre famiglie, al lavoro, per la strada, nelle associazioni, anche in parrocchia. Ovunque si tesse la trama quotidiana di dialogo e comprensione capace di far crescere tutti. La piazza può aiutare o ostacolare. Può distribuire pacifiche antitossine o bellicosi veleni. La scelta sta alla responsabilità di ciascuno.
Avvenire, 16 giugno 2007
Ed ecco la soluzione ponziopilatesca...mi permetto solo di richiamare ad un minimo di coerenza: e' il caso di imporre al Papa un pranzo domani, ad Assisi?
Raffaella
Il giorno dell´orgoglio gay in piazza anche tre ministri
Il riserbo della Cei: non entriamo nelle polemiche
Ci saranno Pollastrini, Pecoraro Scanio e Ferrero, messaggi di Bonino e Mussi
Esultano i Teodem: "Ridimensionato il patrocinio del governo"
CARMELO LOPAPA
ROMA - È il giorno dell´orgoglio gay, che sfilerà per le vie di Roma fino alla stessa Piazza San Giovanni che un mese fa ha ospitato il Family day. Saranno in duecentomila, azzardano gli organizzatori. Ma questa volta, i quaranta carri colorati traineranno anche un carico di polemiche che ha precedenti solo nel Gay pride del 2000, quello del Giubileo.
Hanno aderito deputati (pochi) e ministri (tre), il patrocinio del ministero delle Pari opportunità alla fine è rimasto, a dispetto delle polemiche mosse dal centrodestra e dai cattolici della maggioranza. Ma i teodem della Margherita cantano vittoria perché quel patrocinio grazie a loro, dicono, «adesso è mignon», ridimensionato. La Conferenza episcopale ha mantenuto invece il più stretto riserbo. «Preferiamo non rilasciare dichiarazioni che servirebbero soltanto a fomentare polemiche». Nel suo saluto rivolto ai manifestanti, il ministro delle Pari opportunità che alla fine ha risolto il balletto degli equivoci con gli organizzatori sul patrocinio decidendo di andare, sostiene di «vedere il riemergere inquietante di atteggiamenti e fenomeni di omofobia», mentre il «Pride 2007 deve rappresentare una grande occasione per sensibilizzare le coscienze di molti». Lei andrà, i Ds aderiscono alla manifestazione ma, come ha specificato il segretario Fassino, non alla piattaforma di rivendicazioni dei promotori della manifestazione: matrimoni gay e adozioni. «La maggioranza lancia la pietra e nasconde la mano» attacca Forza Italia con Angelino Alfano.
Ci saranno invece tutti gli altri partiti della sinistra, il segretario del Prc Giordano, Pecoraro Scanio alla guida dei Verdi, i Comunisti italiani con Manuela Palermi e delegazioni di tutti i rispettivi gruppi parlamentari, i radicali con Pannella ma in coda al corteo, per protesta, perché non sono stati ammessi al palco in quanto politici. Parleranno solo i deputati omosessuali Grillini, Luxuria e De Simone.
Sembra che ci sarà anche un carro dedicato alla senatrice teodem Paola Binetti, con tanto di controfigura con cilicio e boa di struzzo rosso. I teodem saranno d´altronde nel mirino delle burle da corteo. Ieri l´ultima stoccata dei cattolici Emanuela Baio, Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Malgaro ed Enzo Carra. Dicono di aver apprezzato il patrocinio «mignon» del governo e cantano vittoria perché è stata accolta la loro protesta: «Non sono in discussione il diritto di festeggiare e di manifestare le proprie opinioni. Ma va evitata l´ambiguità di chi, per esprimere ciò che vuole, deve coprire di insulti chi erroneamente ritiene essere suo avversario». Visto il clima, Luxuria ha lanciato il suo appello ai trans: «Evitate il topless», evitare le provocazioni eccessive. E spiega: «Saremo in piazza con la forza delle idee».
Sullo sfondo del Gay pride, anche la polemica innescata ieri dall´Udc Giovanardi contro il ddl del governo contro le discriminazioni omofobiche, per paura che possa comportare rischio di sanzioni penali a carico di chi, come gli esponenti della Chiesa cattolica, esprime «giudizi morali» sui comportamenti sessuali. «Com´era prevedibile - commenta Grillini deputato e leader Arcigay - la destra contesta questa normativa rivendicando libertà di insulto agli omosessuali». I manifesti di Forza Nuova «Basta ****» sono ricomparsi notte tempo vicino San Giovanni. Alessandra Mussolini apprezza: «Molto bene, li sottoscrivo. Altro che omofobia, ormai c´è una vera e propria eterofobia. E se dici che gli omosessuali non ti piacciono passi per razzista».
Repubblica, 16 giugno 2007
Il via libera del premier "Un saluto ma niente corteo"
Per Pollastrini, Ferrero e Pecoraro una presenza simbolica "Esserci è doveroso"
GIOVANNA CASADIO
ROMA - «Ma secondo te, Romano, qual è il posto della ministra delle Pari opportunità e dei Diritti se non dove questi diritti sono chiesti?». È quasi un "mantra" per Barbara Pollastrini. Ogni volta che c´è una manifestazione di quelle che mandano il governo, e in particolare il suo nocciolo riformista, in fibrillazione, Pollastrini ricorre a un´osservazione inoppugnabile. E quindi, nel breve incontro pre-consiglio dei ministri con Prodi a Palazzo Chigi, ha tenuto la posizione. Oggi, alla partenza del Gay Pride, a Porta San Paolo, sia lei che Paolo Ferrero, il ministro di Rifondazione, ci saranno. «O almeno, farò di tutto per non mancare benché abbia un impegno», si mostra cauta fino all´ultimo, la ministra. «Un saluto, non una partecipazione al corteo», spiegano Ferrero e Pollastrini. Si unirà anche Alfonso Pecoraro Scanio il responsabile dell´Ambiente e leader dei Verdi, che però prevede «di salutare» in Piazza San Giovanni, alla fine cioè.
È lui, Pecoraro il più risoluto nel faccia-a-faccia con il presidente del Consiglio che ha "convocato" ieri ciascuno dei ministri di lotta e di governo: Ferrero, Pecoraro, Pollastrini. Colloqui brevi, invito del premier a evitare gli eccessi, le provocazioni, ad avere atteggiamenti responsabili e moderati quali convengono al ruolo istituzionale. Resta il Professore dell´opinione che ai ministri non si addice la piazza. Ma se Emma Bonino, radicale, responsabile delle Politiche comunitarie, segue il consiglio e invia un messaggio («Non potrò partecipare per impegni ma vi sostengo, va estesa la tutela dei diritti»), gli altri tre decidono di esserci. Però, «non andate al corteo», avrebbe insistito il presidente del Consiglio. Quindi al Gay Pride solo per «un saluto». È il compromesso raggiunto.
Pecoraro si sfoga: «Non è possibile discutere anche su una manifestazione che non è di protesta ma un evento rituale contro le discriminazioni, come se qualcuno si mettesse a dibattere sull´8 marzo... io mi comporterò come Giuliani, la Clinton, Sarkozy. Distinguo tra il corteo, la sfilata e il carro che magari potrebbe essere provocatorio e quindi mi limito al saluto». Ferrero scandisce: «Un saluto a una manifestazione che rivendica i diritti per tutti è do-ve-roso, poi io partirò per la Calabria per una manifestazione anti-mafia». Il travaglio maggiore è della Pollastrini autrice (con la cattolica Rosy Bindi) dei Dico, la legge sui diritti dei conviventi anche gay. Un anno fa, il 17 giugno a Torino era sotto lo striscione di apertura del Gay Pride, la ministra diessina. Fu coniato per lei lo slogan: "la ministra zapatera". Nel marzo scorso sempre con Ferrero e Pecoraro, prese parte al sit-in pro Dico delle associazioni gay in piazza Farnese. Ora si trova nel mirino dei Teodem, partner nel Partito democratico, che hanno contestato il patrocinio al Gay Pride. E lei a Prodi ha dovuto elencare i "distinguo": il patrocinio delle Pari opportunità/dicastero della Presidenza del Consiglio, è all´insieme delle manifestazioni anti-discriminazioni e non alla piattaforma del Gay Pride in cui si chiede tra l´altro il matrimonio omosessuale. I teodem, sottolinea, hanno preso un abbaglio e poi, «Romano, dobbiamo portare avanti il progetto del Partito democratico e lì bisogna tenere insieme i diritti di tutti, delle famiglie e degli omosessuali».
Dal Botteghino delegazione snella: Vittoria Franco, Gianni Cuperlo, Nicola Zingaretti, Luigi Manconi. La questione della laicità nel futuro partito democratico provoca tensioni nella Quercia. Gli ex Ds, ora Sinistra democratica, non mancano occasione per farlo notare. Fabio Mussi, il ministro e leader di Sd, è al G8 in Slovenia: «Ma ci sono col cuore», affida il messaggio a Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay per cui oggi sarà «non soltanto Gay Pride ma anche la riscossa dell´Italia laica e la risposta festosa al Family day la piazza cattolica anti-Dico». Presenti in massa Prc, Verdi, Pdci, Radicali, Sdi e Sd.
Repubblica, 16 giugno 2007
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