21 marzo 2008
«Sacerdoti dritti nella verità, diritti nell'impegno per il bene» (Bobbio)
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«Sacerdoti dritti nella verità, diritti nell'impegno per il bene»
nostro servizio
Alberto Bobbio
Città del Vaticano Ai sacerdoti chiede di stare «dritti in piedi di fronte alle correnti del tempo»« e di «tener sveglio il mondo». E a tutti i cristiani chiede di pulirsi dalla «sporcizia» di «parole vuote, di pregiudizi, di sapienza ridotta ed alterata». Benedetto XVI ieri ha aperto i riti della Settimana Santa consacrando in mattinata il crisma nella Basilica di San Pietro insieme a 1.600 sacerdoti della diocesi di Roma.
Poi nel pomeriggio si è chinato a lavare i piedi di 12 sacerdoti nella Basilica di San Giovanni in Laterano, gesto simbolico, uno dei più evocativi del messaggio del Vangelo, che richiama l'umiltà del cristiano e il servizio della Chiesa.
Ha letto due omelie, ma si è trattato in verità di un unico lungo discorso in due tempi.
Ha esortato ogni sacerdote a stare «dritto nella verità, diritto nell'impegno per il bene». E lo stesso ragionamento lo ha proposto nel pomeriggio quando ha denunciato che una «molteplice semifalsità o una falsità aperta» rischia di infiltrarsi «continuamente nel nostro intimo» e «offusca e contamina la nostra anima», rendendoci incapaci «per la verità e il bene». È per questo motivo che ogni cristiano deve purificarsi accogliendo le «parole di Gesù con cuore attento», perché esse «si rivelano veri lavaggi, purificazioni dell'anima».
Il rito della lavanda dei piedi, ha osservato Ratzinger, «è un dono che ci introduce nella mentalità di Cristo» e che rivela come la «grandezza di Dio è diversa dalla nostra idea di grandezza, perché sistematicamente desideriamo un Dio di successo e non della passione». Ha ripetuto ancora una volta che il cristianesimo è una «cosa diversa» dal «moralismo» e il «comandamento nuovo», quello dell'amore, «non consiste in una norma nuova e difficile». E ha spiegato che il Giovedì Santo è un «giorno di gratitudine e di gioia per il grande dono dell'amore sino alla fine, che il Signore ci ha fatto». Ha insistito anche sulla necessità della confessione per «non lasciare che il rancore verso l'altro diventi nel profondo un avvelenamento dell'anima».
Ma anche per i sacerdoti il Giovedì Santo deve essere occasione di rinnovamento: «A che cosa abbiamo detto sì? Che cosa è essere sacerdoti?». Dopo aver posto la domanda il Papa ha indicato, come risposta, una via impegnativa: «Il sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tenere sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi, dritto di fonte alle correnti del tempo, dritto nella verità, dritto nell'impegno del bene». Ma deve anche essere «retto, impavido e disposto ad incassare per il Signore gli oltraggi».
Poi c'è la dimensione del servizio liturgico. E qui il Papa ha chiesto ai sacerdoti di celebrare «in modo giusto» secondo un'arte in cui non «ci deve essere niente di artefatto» e che deve «diventare una cosa sola con l'arte di vivere rettamente». Ratzinger ha sottolineato la familiarità che deve avere il sacerdote con la Parola di Dio, ma ha messo anche in guardia dal pericolo che comporta questa familiarità: «Che il sacro divenga per noi abitudine». C'è il rischio che si spenga il «timor reverenziale», ha detto usando una espressione antica, che «condizionati dall'abitudine non percepiamo più» il fatto che «Dio si dona a noi». Contro «questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l'indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua».
Poi ha introdotto la questione dell'obbedienza, cioè «credere con la Chiesa, pensare e parlare con la Chiesa, servire con essa». Ha ammonito: «Non inventiamo la Chiesa come vorremmo che fosse». Ha esortato i preti a lasciarsi guidare dalla Chiesa anche quando «può essere contrario alle nostre idee e progetti». E ha denunciato la «tentazione dell'umanità» di voler essere «sempre totalmente autonoma, di seguire soltanto la propria volontà e di ritenere che solo in questo modo» l'uomo possa essere «libero». Invece «proprio così ci poniamo contro la verità», perché verità significa «condividere la nostra libertà con gli altri e possiamo essere liberi solo in comunione con loro».
Le offerte raccolte nel corso della Messa «in Coena Domini» sono state devolute in opere di carità. Quest'anno la Santa sede ha deciso di inviarle all'orfanotrofio «La edad de oro» dell'Avana a Cuba, un segno di vicinanza alle grandi necessità dell'isola di Castro a poche settimane dal viaggio del Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone.
© Copyright Eco di Bergamo, 21 marzo 2008
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