5 maggio 2008
La dignità della persona, vocazione dei mass media (Liut)
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La dignità della persona, vocazione dei mass media
DI MATTEO LIUT
La ricerca e la presentazione della verità sull’uomo sono «la vocazione più alta della comunicazione sociale». Perché «i media non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale». Come? Scegliendo in maniera consapevole e decisa di «difendere gelosamente la persona e rispettarne appieno la dignità».
Nel suo messaggio per la 42ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra oggi, Benedetto XVI invita i mass media a costruire un’«infoetica », una comunicazione schierata dalla parte della verità sull’uomo, ed evitare di diventare «il megafono del materialismo economico e del relativismo etico».
«I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla» è il tema della Giornata che il Papa sviluppa a partire dalla constatazione del ruolo dei media nella vita delle persone.
«Non c’è ambito dell’esperienza umana – scrive Ratzinger nel messaggio firmato lo scorso 24 gennaio – in cui i media non siano diventati parte costitutiva delle relazioni interpersonali e dei processi sociali, economici, politici e religiosi».
Se è vero che «grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie», il Pontefice ricorda che questo fenomeno ha posto «nuovi ed inediti interrogativi e problemi». Numerosi i meriti dei media: dal contributo all’alfabetizzazione fino allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli. Eppure, avverte il Papa, «non manca il rischio che essi si trasformino in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento». Capita, infatti, che «con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale». Ecco perché anche i media oggi si trovano davanti a un bivio: il progresso, infatti, «offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano». Un rischio che Ratzinger ha già sottolineato nella sua enciclica «Spe salvi» (n. 22). Da qui la scelta: «lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze» o «far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano 'la formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore' ». Una scelta non indifferente, visto la capacità dei media di «determinare la realtà» oltre che di rappresentarla, incidendo così «profondamente su tutte le dimensioni della vita umana»: un «pericoloso mutamento della loro funzione» che «è avvertito con preoccupazione da molti Pastori».
Comprensibile, allora, che «quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone». Garantire questo ancoraggio, aggiunge il Papa, non è solo compito dei responsabili e degli operatori del settore: i nuovi media, come internet, infatti, rendono tutti fruitori e operatori di comunicazioni sociali. Ma questa, forse, è un’occasione in più, aggiunge il Papa citando Giovanni Paolo II, «per rendere meglio visibili i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana».
«L’uomo ha sete di verità – conclude il Papa –; lo dimostrano anche l’attenzione e il successo registrati da tanti prodotti editoriali, programmi o fiction di qualità, in cui la verità, la bellezza e la grandezza della persona, inclusa la sua dimensione religiosa, sono riconosciute e ben rappresentate». E la verità che ci rende liberi, ricorda Benedetto XVI, «è Cristo».
© Copyright Avvenire, 4 maggio 2008
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