4 maggio 2008

La sociologa Giaccardi: "Benedetto XVI ci indica una sfida controcorrente, davanti a un sistema che raffigura la realtà soprattutto per stereotipi»


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«La ricerca della verità può unire laici e cattolici»

Intervista alla sociologa Chiara Giaccardi, docente all’Università Cattolica di Milano: «Benedetto XVI ci indica una sfida controcorrente, davanti a un sistema che raffigura la realtà soprattutto per stereotipi»

DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI

Un messaggio di autentica libertà, che rilancia il ruolo dei media quali stru­menti per aiutare la ricerca della verità e per comunicarla. Ma viviamo tempi in cui la comunicazione cerca solo connessioni con gli individui e, se vuole andare oltre, si scontra con una cultura dominante che ri­fiuta la condivisione dei valori ritenendoli un limite. Per la sociologa Chiara Giaccar­di, docente all’Università Cattolica di Mila­no, le parole del Papa per la giornata mon­diale delle comunicazioni sociali vanno drit­te al cuore del problema.

«Mi ha colpito – spiega – l’invito alle perso­ne a cercare la verità per condividerla at­traverso i mezzi di comunicazione. Si trat­ta di una sfida controcorrente. Perché sma­schera il tentativo del sistema mediatico di raffigurare i cristiani come persone con ve­rità in tasca da dispensare. Invece sono donne e uomini che cercano e si interroga­no sul senso dell’esistenza. E vogliono con­dividere la ricerca con tutti. Quando i mez­zi di comunicazione si mettono al servizio dell’uomo e sono preoccupati della dignità della persona, diventano strumento di ser­vizio alla pace e alla giustizia. Più spesso so­no manovrati con logiche opposte».

Quali?

La critica del Pontefice è chiara. I mezzi di informazione sono spesso al servizio del materialismo storico e del relativismo eti­co. La mentalità dominante nelle redazio­ni e negli ambienti di produzione è quella dell’immanenza, della ricerca della felicità a partire dall’istante e dall’emozione forte.
I media non offrono quasi mai strumenti per riflettere a distanza e capire le situazioni. Per diffon­dere modelli culturali diversi, i­spirati al bene comune e non al consumo e all’edonismo. Siamo davanti a un paradosso: strumen­ti con una tecnologia molto sofi­sticata al servizio dell’emozione, quindi dell’irrazionale. Marshall Mc Luhan, il teorico del villaggio globale, metteva in guardia l’uomo dal pericolo di essere relegato al ruolo di schiavo del pro­dotto.

Siamo condizionati da un sistema di me­dia autoreferenziale?

Certo, ci siamo dentro tutti, anche i cattoli­ci, perché viviamo in questo tempo e ne sia­mo condizionati. Il rischio è che i media creino gli eventi o che, nel mare aperto del­l’informazione, selezionino le notizie meno utili all’uomo, privilegiando interessi di par­te. In questo modo, oltre a ledere il diritto all’informazione, non aiutano quella ricer­ca della verità che auspica il Papa e che ne­cessita di una presa di distanza razionale dal luogo comune dell’immanenza, del qui e subito. Prevalgono il modello individua­­lista e l’emotività. Anche nei media, sotto­linea il Papa, esplode la questione antro­pologica. Così mezzi di grande potenzialità sono ossessionati dalla connessione, che è un aspetto della comunicazione. Ma si fer­mano a questo e non passano allo stadio successivo, la condivisione.

Per quale motivo?

Perché secondo il relativismo etico impe­rante la condivisione dei valori nella co­municazione è ritenuta moralista e lesiva della libertà individuale che deve essere il­limitata. Invece è strumento di confronto e crescita. Anche nel sistema mediatico assi­stiamo all’affermazione di una certa ag­gressività laicista. Che porta a raffigurare la realtà con stereotipi, con semplificazioni quasi caricaturali. Per cui i cristiani sono per forza dogmatici e gli islamici intolleranti e aggressivi. Invece nella realtà la ricerca di senso accomuna laici e cattolici.

Scrive il Papa: «Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria una info-etica così co­me esiste una bio-etica nel campo della medicina». Come applicarla?

I laicisti storcono il naso e temono che la proposta di un’info-etica porti a censure, ma si tratta invece di applicare nuovi crite­ri etici all’informazione. E di fare autocriti­ca, chiedendoci che direzione stiamo pren­dendo. Vanno rimessi in discussione ad e­sempio i criteri commerciali di scelta delle notizie. Oggi mi pare prevalga una routine influenzata dalla dimensione economica tanto nelle redazioni giornalistiche che nel­le nuove tecnologie. Il Papa ci invita invece a raccogliere la sfida usando la razionalità e ad imboccare una strada controcorrente.

© Copyright Avvenire, 4 maggio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

..E così "i laicisti temono che la proposta di un’info-etica porti a censure" . E' un paradosso, ma oggi sempre più spesso sono proprio i laicisti a praticare largamente la censura contro i messaggi controcorrente di Papa Benedetto (che parlano di "verità" e di "ricerca dell'assoluto"), ossessionati dal timore dell'"ingerenza" della Chiesa sulle coscienze. Inoltre gli stessi laicisti, sempre più intolleranti proprio in nome del richiamo alla tolleranza, sono sempre più schiavi di una c.d. "dittatura delle minoranze", anche quando queste mettono concretamente in pericolo i fondamenti stessi della società civile (es. la pretesa di equiparazione del matrimonio tra un uomo e una donna e delle unioni omosessuali)