27 ottobre 2007

Padre Pio: il commento di Alberto Melloni


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di ALBERTO MELLONI

È un problema condiviso da tanta ricerca storica. Rottamata la torre d'avorio nella quale gli eruditi dialogavano fra loro, chiusa la stagione dell'intellettuale organico al regime o all'ideologia, ciò che lo studioso fa è oggi materia «pubblica». Il che significa che la sua opera si rivolge ad un pubblico di cui non conosce le motivazioni e soprattutto che sia il suo rapporto con quel pubblico sia il rapporto di quel pubblico con la sua opera passa dai «mediatori» professionali della stampa e della tv. Accade così che un buon libro di storia, prima ancora di raccontare qualcosa, dica molto sullo stato dell'informazione culturale: e in questi giorni ci arrivano importanti esempi.
«Attacco a Padre Pio», titolava l'altro giorno Il Giornale, cercando di indovinare, a partire da una scheda editoriale, il contenuto di una biografia che Sergio Luzzatto ha dedicato al frate di Pietrelcina. E dietro di lui altri si sono lanciati o scommettendo che in Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia del Novecento lo storico torinese avesse lanciato accuse abrasive o che in questo o quel dettaglio del libro ci fossero chissà quali rivelazioni sul funzionamento dei vertici romani e della pietà popolare. Chi ha assaggiato, sul Corriere di mercoledì, non la pubblicità dell'Einaudi, ma la prosa di Luzzatto, si sarà forse reso conto che il suo libro su Padre Pio è di tutt'altra stoffa ed è forse il caso di dirlo chiaro, seguendo il limpido endorsement dei frati uscito ieri in questa pagina.
Luzzatto, infatti, ha ricostruito una biografia difficile, con la maestria di chi non si lascia attrarre né dalle sirene della agiografia assai fitta attorno al taumaturgo di San Giovanni Rotondo né dalla sirena che ispira le letture «cretiniste» della fede. Lo fa con due strumenti fondamentali. Uno, classico, è quello del buon metodo storico: uso degli archivi, analisi stringente della fonte, capacità di collegare stilemi e forme ad una storia lunga com'è quella dell'Inquisizione, della santità, del miracolo. L'altro, meno usuale, ma non meno efficace, è il ricorso alla letteratura, alla fotografia che intarsia in modo incantevole la pagina, al cinema: fino a farsi dire da Malaparte o da Fellini, da Silone o da Lussu, da uno pseudo-Ungaretti o da Bacchelli, perfino da Aldo Busi o dai siti su Carlo Giuliani, qualcosa sul mondo in cui nuota Francesco Forgione, il ragazzo pugliese, classe 1887, che una volta diventato frate cappuccino a San Giovanni Rotondo non si muoverà più da lì fino alla morte, il 23 settembre 1968.
Perché il pregio di questo bel volume è proprio questo. Riuscire a mettere un uomo e il suo mondo nei mondi spirituali di altri uomini che vedono con scetticismo il miracolo della sua stimmatizzazione, le folle sconfinate di curiosi e disperati: uomini che leggono l'incantamento di folle di devoti come la spia di un'impostura dalla quale non possono essere estranei i due indicatori della simulata santità (sesso e denaro) davanti a un esercito di devoti che intimidisce perfino la polizia fascista quando si parla di «deportarlo» in altro convento. Nel conflitto fra questi universi — che spesso incrociano quel severo cattolicesimo lombardo, che nemmeno menziona (come fa Papa Giovanni) le stigmate e le guarigioni — passa tutta la vita di Padre Pio: la sua vocazione semplice che gli fa scrivere fin da giovane fraticello ai superiori copiando a piene mani (ma senza dirlo) dagli scritti della stimmatizzata Gemma Galgani; poi i suoi esordi come guaritore d'anime e di corpi nell'Italia del primo dopoguerra; e infine i suoi primi scontri con le altre pietà cattoliche, quelle alleate della medicina del padre Gemelli, quelle intrise dello spirito del Concilio di Trento di don Roncalli, e quelle ancora intrise di mentalità inquisitoriali del Sant'Uffizio del cardinal Merry del Val.
Dopo questa prima stagione, che si risolve con una sorta di non luogo a procedere, la vita di Padre Pio diventa oggetto di corteggiamento da parte di figure a dir poco singolari: gerarchi fascisti come il Caradonna, per i quali San Giovanni Rotondo è sia il luogo di un'esemplare mattanza di socialisti nel biennio rosso, sia il luogo nel quale ricevere i sacramenti dal santo vivente; truffatori professionisti come Emanuele Brugnatto, di cui Luzzatto scopre le ambigue performances come speculatore, spia, spennatore di devoti e infine principe del mercato nero parigino, dai cui profitti trarrà però una lauta donazione per la nascita dell'ospedale Casa sollievo della sofferenza; o ancora i dirigenti dell'Unnra, che finanziano con una cifra pari al doppio dello stanziamento riservato alla Croce rossa italiana quello stesso ospedale che per un momento viene intitolato a Fiorello La Guardia, il politico repubblicano statunitense; e poi le donne che tanto insospettiranno Giovanni XXIII nel momento in cui, nel 1960, il loro protagonismo attirerà sul frate le accuse di cui da sempre le camarille ecclesiastiche fanno uso.
Ma insieme a questi e al di là di questi, Luzzatto rende con grande efficacia la presenza invisibile e muta di un popolo assetato di segni, inappagato dalla vita sacramentale e bisognoso di un miracolismo che si può ben definire «magico», se lo s'intende nel senso che Gabriele De Rosa applicava all'Italia rimasta priva della plasmante riforma tridentina e borromaica. Questa esaltazione, che solo lo sprezzo interessato potrebbe chiamare la «fede dei semplici», fa però breccia anche in altre figure insospettabilmente distanti da quel Mezzogiorno: e causa a Padre Pio nuovi guai e nuovi riscatti, propiziati, sia nel 1933 sia nel 1964, dall'esistenza, perfino dentro le mura vaticane, di un «partito» di Padre Pio e dall'esistenza, perfino dentro le mura della moderna «inquisizione» romana, di una riserva di equanimità alla quale attingere.
Si potrebbe infatti leggere tutto il libro di Luzzatto come un rigoroso ed involontario elogio dell'equilibrio dei due grandi inquisitori mandati da Roma per far luce su accuse e sospetti, come sempre incubati a pochi metri dalla cella del frate: le relazioni di monsignor Rossi e monsignor Maccari, i due protagonisti delle ispezioni che portarono alla limitazione assai forte delle libertà del padre, vengono infatti proposte dallo storico non senza un pizzico d'ammirazione per il modo in cui riescono a inquadrare e far «parlare» la fede semplice e astuta del frate, le sue diffidenze e le sue confidenze, quel suo difendersi indicando nei devoti esagerazioni che non gli spiacciono («Se non fosse lui e se non avesse l'età che ha, direi che è innamorato » dice di un Padre Pio settantenne il maresciallo dei carabinieri).
Fino al trionfo della beatificazione e della canonizzazione (1999-2002) nella quale Giovanni Paolo II, buttando una prudenza che Gregorio IX aveva usato verso Francesco e Pio XI verso Gemma Galgani (e lo stesso Ratzinger in una prefazione del 2000), cita e interpreta la stimmatizzazione come un'omogeneizzazione alla passione di Cristo: tutte le sottigliezze francescane (le stigmate di Francesco erano escrescenze a forma di chiodo, poi reinventate come «buchi» nella tradizione), tutte le operazioni di marketing attorno alla salma di Padre Pio (che morì senza stigmate, ma fu sepolto con i mezzi guanti per evitare di dover spiegare che erano guarite), messe da parte nel tentativo di saldare quel mondo di revival mistico di tipo mediterraneo alla Chiesa di Roma. Un miracolo...

© Copyright Corriere della sera, 27 ottobre 2007

Boh! La torre d'avorio in cui gli intellettuali parlavano fra loro sara' anche stata abbattuta, ma Melloni pensa di essere ancora all'interno.
Per esempio: a quale prefazione del cardinale Ratzinger si riferisce? Possiamo saperlo o e' materia per eruditi?
Come sempre assistiamo ad un'operazione poco trasparente: Melloni critica Tornielli...perche'? Il vaticanista de "Il Giornale" non solo ha fatto il suo lavoro, sempre ottimo, ma ha anche il diritto-dovere di informare i suoi lettori del libro di Luzzatto. Caro Melloni, non ha senso attaccare Tornielli con tanta saccenza soprattutto quando la predica viene da un pulpito che non ha ancora rettificato quanto detto sulla mancata pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum negli Acta Acta Apostolicae Sedis. A questo proposito si legga la "strigliata" del "Il Foglio".
Mi piacerebbe, caro Melloni, che Lei fosse un po' piu' chiaro quando scrive...

Raffaella

6 commenti:

francesco ha detto...

insomma Melloni non è perfetto, perfino Benedetto XVI... ma il libro Melloni l'ha letto e non ne fa una difesa di parte... come invece fa Tornielli, su cui comincio ad avere qualche dubbio sulla correttezza della sua informazione: capisco che uno tiene famiglia e deve vendere, ma questo forse si può fare anche senza cercare ogni volta lo scoop facendo da sirena a certi ambienti ecclesiali e fomentando la divisione nella Chiesa

Luisa ha detto...

Francesco, questa volta è Andrea Tornielli ad essere seme di divisione, normalmente è Magister ad esserlo....per lei.
Chissà prerchè ho l`impressione che vi sono certi "ambienti ecclesiali" che non trovano grazia ai suoi occhi .
Potrebbe spiegarmi perchè sarebbe Tornielli a dividere, lui che difende Padre Pio e non Melloni che difende chi attacca Padre Pio?
Chi sono questi ambienti ecclesiali?
Non mi sembra che Melloni sia stato mai giudicato da lei come un divisore.
È possibile che solo quelli che difendono una visione che non so come definire, per non rinchiuderla in una etichetta, ma diciamo tradizionale, sarebbero semi di divisione ?
Non è la prima volta che lei impiega questo termine, come un giudizio definitivo, una condanna.

mariateresa ha detto...

Buongiorno a tutti gli amici.
Facciamo una bella cosa: andiamo a leggere il libro di Luzzatto e poi facciamoci un'opinione. Quindi non prendiamo per oro colato nessuno, ragionando con la nostra testa. Ho letto tanti libri su padre Pio,vorrà dire che ne leggerò un altro. Luzzatto non l'ho mai letto ma l'ho visto citato spesso da Pansa (riguardo alla lotta partigiana) con giudizi non proprio lusinghieri,diciamo che è un autore molto coccolato a sinistra. Insomma ,come Melloni , il cui articolo in effetti non è chiarissimo. Di sicuro non mi faccio un'opinione solo su quello che dice Melloni e c'è più di un motivo che i lettori di questo blog conoscono bene. Noto solo che mi pare strano questo riferimento a brani degli scritti di Gemma Galgani che Padre Pio avrebbe copiato. Gemma la conosco abbastanza bene e mi sembra di ricordare, anzi sono sicura, che fosse in corrispondenza con Padre Pio al quale era vicina per tanti versi, non ultimo il tipo di fenomeni fisici che colpiva entrambi. Che dicessero cose simili non è stupefacente. Sono Santi mistici che non si possono giudicare o meglio capire con il metro comune ed è evidente che ad alcuni questo tipo di religiosità crea problemi o scandalo. A me no,io credo che veramente lo Spirito soffia dove vuole. Anche Gemma ebbe infiniti problemi con la Chiesa ed ebbe un processo canonico altrattanto tribolato.Le sua autobiografia ho dovuto leggerla tre volte per digerirla, mi veniva lo struggimento di stomaco. Non sono personaggi , Gemma e Padre Pio, che si possono inquadrare, secondo me, in editoriali sui giornali, sono troppo diversi dalla media delle persone. Ma hanno dato molto entrambi, sia che fossero sani sia che fossero malati,nel senso di diversi rispetto alla nostra normalità .Su Gemma c'è un bellissimo contributo di Vittorino Andreoli, che non è credente, sulla domanda "può un matto essere santo?" e la sua risposta è assolutamente positiva perchè l'esercizio eroico delle virtù può avvenire anche da parte dei matti, anzi forse loro sono più attrezzati dei normali. Da parte mia , non credo che fossero matti.Erano persone che molto hanno sofferto e assolutamente fuori dagli schemi del loro tempo.
Può darsi che Tornielli argomenti con tesi di parte, ma quanto a questo Melloni è un maestro: lui gli schemi interpretativi di parte li tiene sul comodino per non rimanerne privo neanche un giorno dell'anno.

mariateresa ha detto...

a scoppio ritardato mi viene in mente adesso che è stato proprio Andrea Tornielli a smontare il falso scoop di Melloni sulle conversioni forzate dei bimbi ebrei qualche tempo fa, quando Melloni per infamare Pio XII esibì solo una fetta di documento storico dimenticando di esibirne l'altra fetta che smentiva la sua tesi.Ne hanno parlato sul Corriere per mesi.
Quindi tra i due c'è della ruggine di vecchia data.

francesco ha detto...

su tornielli faccio 2 + 2...
mi sembra che cerchi sempre lo scoop ad ogni costo... capisco che scrive per il giornale... capisco che deve fare audience sennò perde il posto, però... come cristiano potrebbe essere meno "partigiano" e più obiettivo, soprattutto potrebbe evitare di cadere nel gioco perverso del magister: contrapporre settori diversi della Chiesa... gioco che già negli anni Ottanta ha fatto molto male alla Chiesa italiana...
pongo a confronto lo stile semplice, deciso e chiaro dell'avvenire... che non sposa mai una linea, ma è molto rispettoso di tutte le posizioni senza necessariamente identificarsi con qualcuna...
anche il Papa fa così... e ognuno poi se lo tira dalla sua parte...
Melloni, ripeto, non mi paga... per cui... non ho interessi particolari a difenderlo
però mi pare che evidenzi nel libro di Luzzato la correttezza di indagine e questo non è poco... in tanto giornalismo che valuta un libro o un discorso in base a ragionamenti di parte...

Anonimo ha detto...

Basilare la penna di Raffaella; Giuste tutte le altre osservazioni ma ne aggiungo una, non posso confrontare il mio pensiero con quello di un cattedratico professionista, mi sommergerà con la norìa delle sue informazioni dotte, così come chiamo il dottore a curare le mie affezioni fisiche.
Dice qualcuno, però, che la menzogna si nasconde nei particolari!
Ecco l'opera grande di Tornielli, completare l'escursus dei particolari "dimenticati" dal suo contradditore. Che non fossero funzionali all'obiettivo?
Ecco l'opera grande di Tornielli ergersi, pronto, a difesa della Chiesa, ogni volta che qualcuno pensa che i "cattolici" siano privi di attributi ... culturali.
Finché si è dalla parte della Verità non si può dividere la Chiesa, il cui Capo disse di sé: Io sono la Via, la Verità, la Vita!
Una volta i papà dicevano ai figli di fuggire le cattive compagnie, ebbene a proposito del Concilio Vaticano II il Cardinale primate supplicava che alfine si facesse una Storia non di parte;
il cardinale aveva sicuramente letto la Storia del Concilio firmata da Alberigo e Melloni.
Il patriarca della Scuola di Bologna, emblema e riferimento anche del prof. Melloni fu "allontanato" dal Vaticano II dal Santo Padre allora regnante.
Il commento di Raffaella, primo nel testo, chiede conto al prof Melloni di affermazioni lanciate ma mai più onorate dai fatti promessi.
Disse qualcuno, era ebreo, della regale stirpe di Davide, il suo nonme fu l'Emmanuele: "I figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce"; perché allora, quando troviamo chi difende la Verità dei nostri Santi, le cui preghiere inondano la terra di grazie, ci facciamo cogliere da mille perplessità?
Giusto informarsi ma il professore universitario, studioso per professione, ne saprà sempre una che io non posso conoscere ... quindi, se non han valore edificativo si soprassieda a certe letture!!