9 marzo 2008
Benedetto XVI: «La secolarizzazione minaccia la Chiesa» (Bobbio per "L'Eco di Bergamo")
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«La secolarizzazione minaccia la Chiesa»
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Alberto Bobbio
Città del Vaticano
Mette in fila le sue preoccupazioni per il mondo e anche per la Chiesa. La chiama «sfida della secolarizzazione», che fa diventare tutto facile, semplice, consolatorio e che, dice, «mette a dura prova la vita cristiana» non solo dei laici, ma anche quella dei sacerdoti e dei vescovi, insomma dei «pastori».
Benedetto XVI ieri mattina, ricevendo i membri del Pontificio Consiglio della Cultura, presieduto da monsignor Gianfranco Ravasi, ha denunciato il rischio della diffusione delle idee della «new age» nella Chiesa ed è tornato a parlare della ragione, riprendendo il filo della riflessione partita dal famoso discorso di Ratisbona e da quello, che non ha potuto leggere, alla «Sapienza» di Roma.
Condizionati dalla cultura dell'immagine
Il Pontificio Consiglio per la Cultura ha analizzato per tutta la settimana il tema della secolarizzazione non solo come sfida ai cattolici, ma anche all'interno della Chiesa. E il Papa ha ripreso l'analisi confermando che non è solo «una minaccia esterna per i credenti». Ha osservato che la secolarizzazione, che «spesso si tramuta in secolarismo», si «manifesta già da tempo in seno alla Chiesa stessa».
Il Papa non ha utilizzato perifrasi. La secolarizzazione «snatura dall'interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti».
Benedetto XVI si è lamentato che essi sono non solo «segnati», ma anche «condizionati» dalla «cultura dell'immagine che impone modelli e impulsi contraddittori» e che comportano «la negazione pratica di Dio». Insomma anche nella Chiesa c'è chi ritiene che si possa procedere senza «più bisogno di Dio», senza più «pensare a lui».
La secolarizzazione si tramuta così in una «mentalità edonistica e consumistica», oggi «predominante». E qui le parole di Ratzinger sono molte pesanti, segno che molte cose nella Chiesa vanno ripensate.
Vago spiritualismo nella chiesa
Dice il Papa che tra i «fedeli come nei pastori» si nota una «deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale».
Più volte Ratzinger ha raccomandato di usare la ragione come strumento di Dio. Ieri ha spiegato che una ragione senza Dio non fa bene all'uomo, riprendo la tesi della «morte di Dio» per rilevare che la conseguenza di quella tesi è «uno sterile culto dell'individuo», che provoca una sorta di «atrofia spirituale», un «vuoto del cuore», e porta verso «forme surrogate di appartenenza religiosa» e verso un «vago spiritualismo».
Non fa nomi e non fa esempi il Papa, ma si sa che, più volte anche da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, era intervenuto per correggere interpretazioni teologiche indulgenti verso la new age, un movimento che intreccia tranquillità psicologica e spiritualismo leggero e ritiene la fede solo una consolazione per la serenità dell'individuo. Sotto accusa erano finite le teorie del gesuita Antony De Mello e dell'ex domenicano Matthew Fox.
E proprio sulla new age Ratzinger tenne un importante discorso nel 1996 a Guadalajara. Ieri ha spiegato che per «appagare l'inquietudine del cuore umano alla ricerca delle felicità» non c'è bisogno di quelle teorie, ma di impegno «per la dignità della persona umana e la sua libertà, l'uguaglianza tra tutti gli uomini», cioè occorre spiegare «il senso della vita e delle morte».
La superbia della ragione
Ma per fare ciò l'uomo deve mettere da parte l'onnipotenza di se stesso, deve smetterla di sentirsi «il centro di tutto, la misura di tutto», deve evitare di dare l'impressione di «non aver più bisogno di nessuno per comprendere, spiegare e dominare l'universo». La formula, oggi molto diffusa, «etsi Deus non daretur», cioè vivere come se Dio non esistesse, trae origine da una sorta di «superbia delle ragione», che «si chiude alla contemplazione e alla ricerca di una Verità che la supera». Il Papa ha chiamato tutto ciò «componenti materialistiche e individualistiche dell'Occidente», che la globalizzazzione, con «nuove tecnologie dell'informazione», sta diffondendo in tutto il mondo.
Ecco perché occorre un «dialogo fecondo» tra la scienza e la fede: «La fede suppone la ragione e la perfeziona e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali». È esattamente il contrario di quanto ha proposto l'Illuminismo, citato ieri dal Papa, che ha sostituito «radicalmente» la «luce della fede» con la «luce della ragione».
Scienza e fede, ha concluso Benedetto XVI, hanno «propri metodi, ambiti, oggetti di ricerca, finalità e limiti», ognuna deve rispettare i «principi» dell'altra per «servire l'umanità, favorendo sviluppo e crescita integrale» dell'uomo.
© Copyright Eco di Bergamo, 9 marzo 2008
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