8 marzo 2008

La Chiesa è minacciata dalla secolarizzazione, bisogna rafforzare il dialogo tra scienza e fede e richiamare l'umanità ai "valori alti" (R.V.)


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Benedetto XVI alla plenaria della Cultura: la Chiesa è minacciata dalla secolarizzazione, bisogna rafforzare il dialogo tra scienza e fede e richiamare l'umanità ai "valori alti"

La secolarizzazione, con i suoi condizionamenti che portano fino alla negazione di Dio, è penetrata, “già da tempo”, anche all’interno della Chiesa. L’affermazione di Benedetto XVI apre il suo intervento rivolto, questa mattina, ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, che nei giorni scorsi si è riunita per dibattere sul tema “La Chiesa e la sfida della secolarizzazione”. Per vincere tale sfida, ha affermato il Papa, bisogna puntare sui “valori alti dell’esistenza” e sul dialogo rispettoso tra scienza e fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Nella città secolarizzata, c’è spazio per capire e vivere ciò che l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, nel suo indirizzo di saluto al Papa, ha definito una “sana secolarità”: si tratta della consapevolezza che il mondo non va idolatrato perché c’è una dimensione ideale che lo supera. La secolarizzazione, invece, ne è l’opposto. Essa è lo spazio nel quale la trascendenza smette di essere un punto verso il quale rivolgere lo sguardo, che invece preferisce concentrarsi, secondo il Papa, su uno “sterile culto dell’individuo”. Di Dio per la secolarizzazione si può fare a meno, perché è come - secondo la nota formula - “se non esistesse”. Con i teologi e i docenti della plenaria della Cultura, Benedetto XVI è tornato a stigmatizzare quella “superbia della ragione” che sta alla base di un modo, molto diffuso e contemporaneo, di intendere l’esistenza. Si tratta di una “minaccia” - ha constatato con allarme - che non colpisce solo i credenti immersi nel mondo, ma anche l’interno stesso della Chiesa:

“Snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti. Essi vivono nel mondo e sono spesso segnati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c’è più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pastori, una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale”.

In questo contesto culturale, ha osservato Benedetto XVI, “c’è il rischio di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo”. E dunque:

“Si rivela quanto mai urgente reagire a simile deriva mediante il richiamo dei valori alti dell’esistenza, che danno senso alla vita e possono appagare l’inquietudine del cuore umano alla ricerca della felicità: la dignità della persona umana e la sua libertà, l’uguaglianza tra tutti gli uomini, il senso della vita e della morte e di ciò che ci attende dopo la conclusione dell’esistenza terrena”.

Ricordando l’idea basilare che indusse Giovanni Paolo II a istituire il dicastero vaticano della cultura - proprio per “incontrare” su questo terreno le istanze dell’uomo contemporaneo – Benedetto XVI ha ripetuto la necessità di rafforzare in modo “fecondo” il dialogo tra scienza e fede, così da smascherare in certo senso le pretese di quella regione che “si ritiene sufficiente a se stessa”. L’“incontro con le culture” e il dialogo scienza-fede, ha affermato il Papa:

“È un confronto tanto atteso dalla Chiesa, ma anche dalla comunità scientifica, e vi incoraggio a proseguirlo. In esso la fede suppone la ragione e la perfeziona, e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. (…) Questo dialogo continui nella distinzione delle caratteristiche specifiche della scienza e della fede. Infatti, ognuna ha propri metodi, ambiti, oggetti di ricerca, finalità e limiti, e deve rispettare e riconoscere all’altra la sua legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi; entrambe sono chiamate a servire l’uomo e l’umanità, favorendo lo sviluppo e la crescita integrale di ciascuno e di tutti”.

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