21 marzo 2008

Venerdì Santo: alle 17 la Passione del Signore nella Basilica di San Pietro e alle 21.15 il rito della Via Crucis al Colosseo (Radio Vaticana)


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Le celebrazioni di Benedetto XVI per il Venerdì Santo: alle 17 la Passione del Signore nella Basilica di San Pietro e alle 21.15 il rito della Via Crucis al Colosseo

Dopo l’inizio delle cerimonie liturgiche del Triduo pasquale, l’attenzione della Chiesa è ora concentrata su misteri del Venerdì Santo che vedranno Benedetto XVI impegnato dapprima nella celebrazione della Passione del Signore - alle 17, nella Basilica Vaticana - e poi, alle 21.15, nel suggestivo rito della Via Crucis al Colosseo, trasmesso in diretta mondovisione dalla Rai. Il Papa ne seguirà l’intero svolgimento dal Colle Palatino e riceverà la Croce dalle mani di una ragazza cinese, simbolo di quella Chiesa le cui vicende riecheggeranno stasera attraverso le meditazioni del cardinale arcivescovo di Hong Kong, Zen Ze-Kiun. Quella di questa sera è la terza Via Crucis presieduta da Benedetto XVI: nel suo servizio, Alessandro De Carolis ritorna sui pensieri rivolti ai fedeli dal Pontefice nelle altre precedenti occasioni:

L’Uomo che sale al Calvario condannato a un supplizio atroce per aver pronunciato parole di libertà e di amore può lasciarci indifferenti? L’Uomo che sale al Calvario barcollante, piagato dal disprezzo oltre che dalle torture, può lasciarci insensibili nelle sue sofferenze? Sono due delle domande che hanno guidato la riflessione di Benedetto XVI nei due riti della Via Crucis celebrati al Colosseo dall’avvio del suo Pontificato.

La storia del Golgota tramanda una serie di personaggi-icona che rappresentano un campionario completo dei comportamenti umani di fronte ad un dramma: la distanza “politica” di Pilato dall’accusato, la solidarietà del Cireneo, l’odio aizzato ad arte di un folla che forse non ha una sua opinione ma segue le emozioni del momento, lo strazio composto di Maria, la spietatezza senza confini dei soldati, la vergogna di chi ha tradito e rinnegato, la pietà di chi ricompone il corpo e di chi gli offre una sepoltura. Sono tutti lì: prima, durante e dopo il passaggio dell’Uomo che sale al Calvario. Anche noi, nella Via Crucis che “attraversa i continenti e i tempi”, siamo tutti assiepati lungo il ciglio della strada dove passa l’Uomo condannato ad essere inchiodato sul legno. Ma come cristiani non possiamo esserne solo spettatori: quel martirio ci chiede di schierarci. Benedetto XVI lo afferma nella sua prima Via Crucis celebrata da Pontefice e ispirata dalle meditazioni scritte dall’allora arcivescovo Angelo Comastri.

E’ il 14 aprile 2006 e il Papa - eletto in quegli stessi giorni un anno prima - soffermandosi sulle tappe della “Via dolorosa” dice con chiarezza:

“Siamo coinvolti pure noi, perciò dobbiamo cercare il nostro posto: dove siamo noi? Nella ‘Via Crucis’ non c'è la possibilità di essere neutrali. Pilato, l'intellettuale scettico, ha cercato di essere neutrale, di stare fuori; ma, proprio così, ha preso posizione contro la giustizia, per il conformismo della sua carriera”.

Non neutrali. E dunque capaci di lasciarci toccare dalla sofferenza che non sia solo la nostra. Perché la strada verso il Calvario ci insegna a compatire il dolore fisico e interiore di altri. Questo è il pensiero che guida la riflessione di Benedetto XVI nella Via Crucis del 2007, legata dal filo delle meditazioni di mons. Gianfranco Ravasi:

“Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore. Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi”.

Il cristiano con il cuore di carne, che sa provare compassione per il dolore altrui, è anche un cristiano che non ha più timore di prendere posizione: non guarda l’Uomo che sale al Calvario, lo segue. Perché sa che in cima non troverà solo la morte ma un dono di vita, come ripete Benedetto XVI nel 2006:

“Abbiamo capito che la ‘Via Crucis’ non è semplicemente una collezione delle cose oscure e tristi del mondo. Non è neppure un moralismo alla fine inefficiente. Non è un grido di protesta che non cambia niente. La ‘Via Crucis’ è la via della misericordia, e della misericordia che pone il limite al male: così abbiamo imparato da Papa Giovanni Paolo II. È la via della misericordia e così la via della salvezza”.

Una misericordia alla quale fare appello anche quando a tradire è colui che si dichiara amico, sodale, di Gesù. Un concetto che stasera riaffemerà l’autore delle meditazioni per la Via Crucis al Colosseo del 2008, il cardinale arcivescovo di Hong Kong, Jospeh Zen Ze-Kiun.

Ma che già era stato scandito dall’autore delle meditazioni del 2005. Era il 25 marzo di quell’anno e a suscitare grande impressione furono, tra le altre, queste parole lette dagli speaker:

“La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano, ma siamo noi stessi a sporcarli, siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa. Anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo ...”.

Venticinque giorni dopo, l’autore di quelle parole veniva eletto Papa col nome di Benedetto XVI.

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