19 maggio 2008
Il Papa: chi ha valori grandi non invecchia (Galeazzi)
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BENEDETTO XVI A GENOVA CONTRO LA «SCHIAVITÙ DEL GIOVANILISMO»
“Siate giovani ma non alla moda”
Il Papa: chi ha valori grandi non invecchia
GIACOMO GALEAZZI
INVIATO A GENOVA
«Siate giovani, non alla moda. Chi ha valori grandi non invecchia mai».
Benedetto XVI mette in guardia dalla schiavitù del giovanilismo, da una società in cui «tutti vogliono essere giovani, rimanere giovani e si mascherano da giovani». Intanto ci sono «giovani di anni ma vecchi dentro che si trascinano pur avendo lavoro, danaro, cultura». Uno spreco e una contraddizione stigmatizzate dal Papa in una Genova quasi autunnale («purtroppo la pioggia mi perseguita in questi giorni, prendiamola come una benedizione»).
«Essere giovani significa aver scoperto le cose che non svaniscono col passare veloce degli anni - avverte il Pontefice -. Se un giovane scopre i valori veri e grandi, resta giovane sempre nel cuore e irradia giovinezza anche se il corpo segue le sue leggi. La bontà sfugge alla presa del tempo e solo chi è buono e generoso è veramente giovane».
Le mode «si bruciano in un baleno, in una rincorsa frenetica e stordita», mentre «la bontà resta per sempre». Oggi il sogno dell’«eterna giovinezza» scaturisce dalla «minaccia» del futuro come grande vuoto: «Molti vogliono arrestare il tempo e consumare subito tutte le bellezze della vita, ma la vera felicità è scegliere le autentiche promesse che aprono al futuro, anche con rinunce». Contro «l’aridità, il deserto, l’assuefazione, la rincorsa frenetica e stordita ai miti appariscenti, alle menzogne diffuse e ai luoghi comuni», Benedetto XVI si appella ai giovani: «State uniti tra voi, aiutatevi a vivere e a crescere nella fede e nella vita cristiana, state uniti, ma non rinchiusi, siate umili, ma non pavidi, semplici, ma non ingenui, pensosi ma non complicati, entrate in dialogo con tutti, ma siate voi stessi».
In una «società tesa tra globalizzazione e individualismo, la Chiesa è chiamata ad offrire la testimonianza della comunione», a «mettere al primo posto non un Dio generico, bensì il Signore con il suo nome e volto» e a «porre al centro la persona in ogni ambito: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza».
Ai bimbi malati del «Gaslini» il Papa ha assicurato: «Dio non vi abbandonerà mai e anch’io vi voglio bene».
E, in vista della conferenza di Dublino e nel solco del genovese Benedetto XV che condannò la guerra come inutile strage, Joseph Ratzinger ha invocato un accordo tra 170 Paesi per un Trattato internazionale sulla messa al bando delle bombe a grappolo (simile a quello di dieci anni fa sulle mine antiuomo) che uccidono e mutilano migliaia di persone anche in tempo di pace.
Nella messa in piazza della Vittoria, davanti a 50mila fedeli, il Papa ha dato uno scossone ai cattolici, richiamando il modello sociale fondato sul «concetto di persona che sta prima di ogni regolamentazione normativa, giuridica, istituzionale». Una «famiglia umana trasversale a tutte le civiltà in cui gli uomini sono tutti fratelli».
Durante la messa papale l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco ha ricordato il suo predecessore Giuseppe Siri (primo presidente della Cei), pioniere della pastorale del lavoro con i cappellani delle fabbriche. Ma i ritmi «wojtyliani» di Benedetto XVI sono emersi nel feeling con i «Papa-boys» ai quali ha parlato con l’inconfondibile stile del professore che crede nell’insegnamento e in ciò che ha da insegnare, cedendo qua e là a toni confidenziali.
© Copyright La Stampa, 19 maggio 2008
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