24 agosto 2007

Card. Péter Erdő: gli Ortodossi russi vedono in Papa Benedetto una garanzia dell'identità nella tradizione cristiana comune


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Il Cardinale Erdő racconta l'incontro a Mosca con il Patriarca Alessio II

Intervista al Primate d’Ungheria e Presidente del CCEE

ROMA, mercoledì, 22 agosto 2007 (ZENIT.org).- Il 15 giugno scorso si è tenuto un importante incontro tra il Patriarca ortodosso Alessio II e il Cardinale Péter Erdő, Primate d’Ungheria e Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE), a capo per l'occasione di una delegazione cattolica. L’incontro si inseriva nel programma della due giorni di consultazioni tra le due Chiese.

I temi affrontati dai rappresentanti della Chiesa cattolica e di quella ortodossa si sono concentrati sui fondamenti antropologici ed etici del Magistero, con particolare attenzione all’ordine sociale, ai diritti umani e alla dignità della persona.

Quali sono i frutti della consultazione a Mosca?

Card. Erdő: A Mosca negli ultimi mesi ci sono state varie consultazioni tra cattolici ed ortodossi. Nel mio caso si trattava di una consultazione tra i rappresentanti della Chiesa Ortodossa Russa e della CCEE o più precisamente della Chiesa Cattolica. Vi erano rappresentati anche due Dicasteri: il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e la Congregazione per la Dottrina della Fede, con esperti ed alti ufficiali. Erano presenti inoltre due Vescovi che si occupano della giustizia e pace a livello europeo. Quindi la nostra delegazione era composta di persone in grado di affrontare il tema che è stato proposto dalla parte ortodossa.
Il tema era la dignità umana e i problemi più fondamentali della dottrina sociale della Chiesa: problemi e realtà antropologiche che sono necessari per costruire la società secondo il messaggio di Gesù, secondo i principi del cristianesimo.
Prima di tutto, ci siamo sentiti molto bene perché si trattava di una serie di colloqui veramente divertenti, intellettualmente e spiritualmente. I colleghi ortodossi erano professori di alto livello e sapevano molto bene la nostra tradizione comune, la dottrina dei Padri della Chiesa, oltre ad occuparsi della filosofia cristiana.
Per esempio la nozione della dignità umana è stata veramente approfondita così come pure alcuni elementi della giustizia e della dottrina sociale come tale, cioè il problema concernente il posto disciplinare della dottrina sociale della Chiesa.
Molti insieme a me erano dell'idea che la dottrina sociale come pure la bioetica siano ancora parti autonome della teologia morale perché si tratta di un giudizio morale sulle realtà di un certo settore. Un settore talmente complicato, infatti, che le conoscenze specialistiche richieste per la risposta morale concreta cristiana stanno quasi costruendo delle discipline autonome.
Tuttavia, sia la bioetica che la dottrina sociale della Chiesa hanno comunque una struttura argomentativa che è propria della teologia morale. Questo vuol dire che ogni fattispecie deve essere qualificata secondo l’eredità e richezza della nostra fede, quindi secondo il Magistero. Però non basta conoscere i principi, bisogna arrivare alla realtà concreta che richiede, in questo mondo complicatissimo di oggi, tante conoscenze, se vogliamo, scientifiche oppure legate alle scienze secolari. Per questo il dialogo che il cristianesimo sta svolgendo con le scienze moderne è un dialogo necessario anche per arrivare alle risposte concrete e convincenti a queste domande così attuali e così difficili delle nostre società.
Allora, uno dei frutti è stato che abbiamo riconosciuto che cattolici ed ortodossi hanno lo stesso compito nel cercare la risposta cristiana a questi problemi molto attuali. Poi abbiamo visto pure che è necessario approfondire le basi, il modo di fare, formulare i nostri principi di fede che sono comuni in tali questioni, ma che hanno adoperato diverse nozioni durante la storia della teologia. Per questa ragione è necessario approfondire tutti questi settori e concretizzare un pò quali sarebbero le domande da esaminare insieme nel futuro. Per cui uno dei frutti potrebbe essere la continuazione di questo dialogo. La parte cattolica potrebbe essere organizzata oppure ospitata dalla CCEE mentre per quanto riguarda gli ortodossi sicuramente i diversi Patriarchati ortodossi presenti in Europa avranno interesse per questo nostro colloquio comune.
Un altro grande risultato è stato anche l’incontro con il Patriarca Alessio II. Si è trattato di un evento molto cordiale e l’espressione dei sentimenti tra i cattolici ungheresi e gli ortodossi russi. L’anno scorso avevamo tenuto una corrispondenza con il Patriarca Alessio circa il perdono per quanto riguarda la storia comune dei popoli russi ed ungheresi. Questa corrispondenza è stata accolta con molto interesse e anche con una certa gioia da molti. Altri invece hanno domandato: come mai gli ungheresi possono perdonare oppure come possono dire che anche loro, durante la storia, hanno commesso qualcosa contro il popolo russo. Penso che la riconciliazione debba essere sempre mutua e l’atteggiamento giusto è sempre l’apertura dei cuori o come disse Giovanni Paolo II,"la purificazione della memoria".
In questo contesto ho avuto l’onore di consegnare al Patriarca Alessio II una reliquia del nostro primo Re cristiano, Santo Stefano, che è morto nell’anno 1038 in un momento in cui la Chiesa era ancora unita prima dello Scisma. Per questo Santo Stefano non è solo un Santo per la Chiesa Cattolica ma è riconosciuto anche ed è stato canonizzato dal Patriarca Bartolomeo nell’anno 2000.
Fra gli ortodossi esiste una comunione per quanto riguarda la venerazione dei Santi però per un Patriarchato, per una Chiesa autocefala ci vuole un decreto, una decisione per generalizzare il culto di una persona, canonizzata già in un‘altra Chiesa ortodossa. Nel momento in cui il Patriarca Alessio II ha baciato la reliquia di Santo Stefano ed ha promesso di inserirla nella serie delle reliquie dei Santi venerati nella Basilica di Cristo Salvatore a Mosca, questo per me equivaleva ad un riconoscimento generale da parte dell’Ortodossia russa.
Per quanto riguarda l’Ungheria, gli ortodossi russi hanno già celebrato la festa di Santo Stefano negli anni passati, quindi la venerazione locale esisteva anche in precedenza. Questo momento, questo gesto della consegna della reliquia è stato indimenticabile ed è anche un ricordo del fatto che le reliquie dei Santi sono apprezzate e venerate sia nella Chiesa ortodossa che in quella cattolica.

Durante la consultazione ortodosso-cattolica ha avuto modo di incontrare il Metropolita Kirill. Quali argomenti avete toccato?

Card. Erdő: Prima di tutto, abbiamo avuto la fortuna di presiedere le stesse sessioni di lavoro comune. Il Metropolita Kirill ha dato anche il suo contributo intellettuale al nostro colloquio. E poi naturalmente nel nostro dialogo personale abbiamo avuto occasione di cercare una metodologia per il futuro per la continuazione di questo dialogo talmente importante per l’Europa. Certamente siamo molto vicini nel riconoscere che le società europee sia dell’Est che dell’Ovest hanno un certo vacuum nel loro fondamento morale. Cioè tutta la vita sociale non può essere regolata unicamente dal diritto positivo umano, sopratutto quando l’autorità umana, legislativa pensa di avere tutta la libertà di legiferare come pare alla maggioranza.
Siamo invece convinti che per l’efficacia del diritto è necessario pure che quelle norme abbiano un rapporto diretto con l‘insieme della realtà, con tutta la realtà oggettiva. In molte culture si parla in questo conteso di diritto naturale ed è sicuramente necessario che la società possa sentirsi moralmente obbligata anche nell’osservanza delle leggi. Altrimenti l’alternativa sarebbe una criminalizazzione della società che sembra essere un pericolo reale. Quindi le basi morali del diritto e della vita della società sono da rinforzare. Questo constituisce una sfida sia per gli ortodossi che per i cattolici. È questa la ragione per cui dobbiamo continuare le nostre consultazioni e dobbiamo anche concretizzare magari con un piccolo gruppo preparatorio i temi per un futuro convegno.

Quali sono stati i punti di difficoltà o conflitto nei lavori di questi due giorni?

Card. Erdő: Non direi che ci sono stati conflitti. Certamente siamo alla ricerca del metodo della collaborazione, ma questo secondo me non significa conflitto. Bisogna muoversi in un livello molto specifico: da una parte si tratta di questioni di teologia pratica, sopratutto di problemi delle società d‘Europa da affrontare come cristiani. Quindi si tratta di questioni scientifiche, ma questo colloquio impegna in qualche modo, ma non sui vertici, anche le Chiese, cioè il problema metodologico è di come coinvolgere le Chiese in questo dialogo piuttosto pratico e scientifico.
La CCEE naturalmente non è un organo per la dottrina della Chiesa cattolica. Si occupa molto spesso di questioni pastorali attuali nella società europea. In questo senso c’è anche una piattaforma comune. Così l’aspetto scientifico e l’aspetto ecclesiale si incontrano però bisogna procedere con molta delicatezza per identificare i livelli e le forme istituzionali di questo coinvolgimento ecclesiale nella parte scientifica del dialogo.

Quale sarà la prossima tappa del dialogo verso l’unità?

Card. Erdő: Il dialogo verso l’unità non viene fatto in questa sede. La grande unità, la piena comunione dei cristiani è qualcosa che da una parte viene portata avanti mediante il lavoro modesto, quotidiano da molti esperti che richiede molta umiltà, molta pazienza. Dall’altra parte la piena comunione dei cristiani è un dono della Provvidenza Divina, è un dono dello Spirito Santo che non può essere pianificato. Le nostre forze umane non bastano per ristabilire l’unità. E' per questo che dobbiamo anche pregare fortemente affinché possiamo vedere che la Provvidenza Divina può regalarci delle cose inaspettate. Inoltre ci sono diversi livelli del dialogo: c’è il livello del dialogo dogmatico tra la Santa Sede e le diverse Chiese ortodosse dove l’organo responsabile è il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani con il Cardinale Walter Kasper a capo. Esistono anche altre relazioni tra Chiese locali ortodosse e cattoliche oppure diversi Patriarati e diverse comunità cattoliche locali.
La Chiesa ungherese ha la fortuna di avere contatti sul suo territorio con 5 Patriarcati ortodossi che hanno qualche struttura gerarchica nel nostro Paese. Questi rapporti si sviluppano bene e si manifestano anche in incontri comuni, convegni, conferenze, anche in una certa ospitalità, nel senso buono della parola, per quanto riguarda le nostre feste. Naturalmente non esiste tra di noi la piena comunione e quindi non può esistere neanche la concelebrazione della liturgia. In questo punto i nostri fratelli ortodossi sono altrettanto sensibili se non più di noi stessi. Ma durante la Messa di Natale, a mezzanotte, come ospiti abbiamo anche diversi Vescovi ortodossi oppure altri rappresentanti delle Chiese o comunità cristiane.
Spero che questi incontri diventino ancora più frequenti e più calorosi. Vedo anche altre possibilità: congressi organizzati insieme da diverse università. Così l’Università Cattolica di Budapest, la sua Facoltà di Teologia e quella di Diritto Canonico poi le quattro Facoltà teologiche dell’Univeristà Babes-Bolyai di Cluj-Napoca, in Romania, hanno già da più di 7 anni incontri regolari e congressi comuni su temi molto attuali.

Recentemente il Cardinale Kasper ha detto che l’incontro tra il Papa e il Patriarca Alessio II potrà realizzarsi fra un anno. Qual è il suo parere al riguardo?

Card. Erdő: Prima di tutto, né con il Patriarca Alessio né con il Metropolita Kirill ho parlato di un tale incontro. Non ho fatto neanche la domanda perché non mi sento competente su questo punto. Certamente alcuni anni fa si parlava persino della possibilità di un incontro in Ungheria, ma sono convinto che la questione centrale non è dove incontrarsi ma quando e in quale contesto. Sicuramente saranno i responsabili più alti delle nostre Chiese che cercheranno la soluzione giusta. È sicuro e sono anche convinto che nessuno dalla parte cattolica vuole creare difficoltà né nella società né nella Chiesa Russa. Non si tratta di una forzatura ma piuttosto di un grande sogno perché un incontro tra il Santo Padre e il Patriarca Alessio sarebbe un grande simbolo per i cristiani di Europa e di tutto il mondo.

Secondo lei, qual è il contributo di Benedetto XVI al dialogo verso l’unità delle due Chiese?

Card. Erdő: Se parliamo dell’ortodossia russa, certamente l’intensificazione del dialogo può osservarsi negli ultimi anni forse anche perché questa è stata la prima reazione dell’ortodossia dopo la sua elezione. Perché nella sua persona e nella sua dottrina il mondo ortodosso vede una certa garanzia dell’identità nella tradizione cristiana comune, la possibilità di trovare una larga piattaforma comune per quanto concerne la nostra fede, anche per quanto riguarda la messa in pratica della nostra fede nella società.

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