28 agosto 2007

Aborto selettivo a Milano: due articoli de "L'Occidentale"


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SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

Pubblichiamo due interessanti articolo del giornale online "L'Occidentale". Ringrazio ancora la Redazione per la segnalazione. Il primo articolo, in particolare, spiega come si effettua un aborto selettivo. E' qualcosa di oggettivamente mostruoso a mio modesto parere.
Raffaella

Credo sia importante leggere il testo della legge 194:

L. 22 maggio 1978, n. 194

Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza


Per fermare il feticidio selettivo non serve toccare la legge sull'aborto

di Assuntina Morresi

Il nome tecnico è “feticidio selettivo”. E’ l’aborto di uno o più feti in una gravidanza bi o plurigemellare: dei feti che si stanno sviluppando, non tutti nasceranno. Uno o più verranno eliminati, perché considerati “di troppo”, oppure perché “malati”.
Si esegue iniettando cloruro di potassio nel cuore del feto da eliminare, provocandone l’arresto cardiaco, oppure occludendone il cordone ombelicale, con il laser, ad esempio, e bloccando l’afflusso di ossigeno. Il feto morto rimane in pancia, accanto a quello (o quelli) vivo, che nel 3% dei casi muore pure lui, o comunque avrà elevate probabilità di nascere prematuramente, con tutte le conseguenze del caso.
Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno-fetale) spiega che "nel feticidio selettivo gli errori sono possibili e, nella maggior parte dei casi, non se ne ha notizia per la delicatezza delle vicende umane che si accompagnano e per l'impossibilità di arrivare a un contenzioso legale in considerazione del fatto che le donne sono ben informate, prima di sottoporvisi, e sottoscrivono un pieno consenso informato. Tale prassi, e tali errori, sono tecnicamente possibili e diffusi in tutto il mondo".
Sarebbe interessante conoscere il numero dei feticidi selettivi effettuati nel nostro paese, e quantificare gli “errori”, ad esempio come quello dell’ospedale San Paolo di Milano, e cioè la soppressione di un feto diverso da quello selezionato.
I tragici fatti milanesi sono noti: le due gemelle a diciotto settimane di gravidanza erano identiche e non era possibile distinguere visivamente quella con la sindrome di Down dall’altra. Per eliminare la prima, e tenere solamente il feto sano, il medico si è basato sulla posizione che avevano in pancia tre settimane prima dell’intervento, al momento dell’amniocentesi. Ma in quelle tre settimane di intermezzo pare che le sorelle si siano scambiate di posto, ed è stata soppressa quella sana. Successivamente, accortisi di quanto successo, si è eliminata anche l’altra.
Alessandro Di Gregorio, specialista in ostetricia e ginecologia al centro Artes di Torino, spiega che esistono sistemi per cercare di evitare casi come questi: "Nel caso degli aborti selettivi, l'uso del colorante per marcare il feto malato è prassi".
Marcare con un colorante il feto selezionato, per sopprimerlo senza commettere errori: espressioni che, nel migliore dei casi, evocano pratiche veterinarie - di solito si marcano le greggi, le mandrie, oppure gli esemplari malati o difettati, o comunque con qualche particolarità. Nel peggiore, invece, ricordano i lager nazisti.
Come nel caso del Careggi di Firenze – dove nacque vivo un feto sano, dopo un aborto indotto a ventitrè settimane di gravidanza, con una errata diagnosi di malformazione – anche adesso l’ errore è la soppressione di un sano, anziché di un malato.
E’ sbagliato nascere disabili, insomma. La pressione sociale e culturale per il “diritto al figlio sano” è fortissima, i sostegni alle famiglie con figli handicappati sono spesso drammaticamente insufficienti: in queste condizioni è difficile parlare di “libera scelta” delle donne. L’aborto sembra essere la via meno dolorosa per affrontare il problema.

Eppure la legge 194 non prevede l’aborto eugenetico, cioè non consente l’aborto a causa di malformazioni o anomalie del concepito: se integralmente e correttamente applicata, dovrebbe contribuire a “far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza”, e ad “aiutare la maternità difficile dopo la nascita”. Se ne parla sempre, ma difficilmente si va oltre le solite polemiche.

Per applicarne le parti più disattese, quelle riguardanti la prevenzione, e chiarire i passaggi e gli articoli riguardanti i cosiddetti “aborti terapeutici”, sarebbe sufficiente stilare delle linee guida, adeguate alle nuove conoscenze scientifiche e tenendo conto dell’esperienza di questi trenta anni di regolamentazione delle interruzioni di gravidanza, senza intervenire sul testo di legge. Potrebbe essere un primo, importante tentativo di stabilire alleanze fra chi, sia sostenitori che oppositori della legge 194, pensa che comunque si possa fare ancora molto di più per combattere la tragedia dell’aborto.

© Copyright L'Occidentale, 28 agosto 2007


Il caso milanese: per errore muore il feto sano

di Francesca Burichetti

La drammatica vicenda dell’aborto selettivo sbagliato si è consumata nel noto centro ospedaliero di San Paolo, a Milano. Una donna di trentotto anni, con un figlio, scopre di essere nuovamente incinta: due gemelli. Al terzo mese l’amniocentesi rivela però che uno dei due feti nascerà con sindrome di Down. Da qui la decisione sofferta della madre di ricorrere alla pratica dell’aborto selettivo. Un aborto che è stato eseguito da Anna Maria Marconi, esperta ginecologa del San Paolo. Il medico oggi ha purtroppo un bel da fare per giustificare al mondo quanto accaduto: nell’esecuzione dell’intervento, infatti, qualcosa è andato storto e a perdere la vita è stato anche il feto sano, che avendo preso la posizione di quello malato, è stato erroneamente eliminato.
La notizia ha sconvolto l’Italia e dirottato il dibattito sulla famosa legge 194, la legge sull’aborto ormai in vigore da trent’anni sia davvero accettabile. Si riaccende così, in seguito alla tragedia della morte dei due gemelli, la discussione sul tema dell’eugenetica, la disciplina volta al perfezionamento della specie umana attraverso la selezione e promozione dei caratteri fisici reputati positivi e l’eliminazione di quelli negativi. Ma, ancora una volta, le riflessioni etiche si trovano a dover passare dal capitolo delle morti ingiuste.
Il problema di fondo, oggi, è risolvere la questione. Le ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’ prevedono che una donna possa abortire entro novanta giorni dal concepimento. Scaduto questo tempo rimane la possibilità di aborto, entro e non oltre la ventiquattresima settimana, quando il parto può avere gravissime conseguenze per la vita della donna, oppure quando si accertano malformazioni del nascituro che potrebbero duramente danneggiare la salute fisica o psichica della madre.
D’accordo sul definire la legge un esempio di “eugenetica” è prima di tutti l’Osservatorio Romano, il giornale del Vaticano, che scrive: “Nessun uomo ha diritto di sopprimere un'altra vita. Nessun uomo ha il diritto di sostituirsi a Dio. Per nessuna motivazione. Eppure innocenti continuano a morire”. 'E' l'eugenetica, secondo il quotidiano, "che impone le sue leggi. ''E' la cultura della perfezione che impone di escludere tutto ciò che non appare bello, splendente, positivo, accattivante. E quello che si apre è il vuoto, il deserto di una vita priva di contenuti anche se confezionata a perfezione''. E conclude: “Purtroppo il timore è che una politica troppo presa da sciocchezze varie finisca per definire sciocchezze, come è suo costume talvolta, quelle che sono, o che possono tramutarsi, in disperanti tragedie”.
Intanto anche Paola Binetti, senatrice della Margherita, definisce quanto accaduto un “aborto eugenetico e non terapeutico”, come invece lo definisce la legge 194. Spiega infatti che è mancata la “selezione”, forza naturale e innegabile, alla base del funzionamento della vita. E il problema non è tanto dei medici che hanno praticato l’aborto, dato che simili “errori sono prevedibili”, quanto della “non accettazione di un bambino down”. Ma sbaglia quando mette in campo la revisione della legge 194: proposta che si limiterebbe a contrapporre gli schieramenti politici senza possibili risultati.
Di diverso avviso sono invece le posizioni del ministro della salute, Livia Turco, che accusa duramente i medici del San Paolo, parlando di “un gravissimo errore umano”. Per la Turco “i casi di aborto in una gravidanza gemellare sono rarissimi in Italia e a chiamarli selettivi non è certo la legge che parla piuttosto di aborto terapeutico”. E quelle norme del 1978 sono a suo avviso “molto sagge, in quanto hanno permesso di trovare un giusto equilibrio, riducendo i casi di aborto negli ultimi trenta anni”.
Dalle accuse della Turco, il medico che ha praticato l’intervento, Anna Maria Marconi, si difende dicendo che “l’errore era del tutto imprevedibile”. Infatti, secondo il ginecologo, sarebbe stato impossibile prevedere lo spostamento dei feti. “Per saperlo – spiega- l’unica possibilità sarebbe stata monitorare costantemente con una sonda la pancia della donna. Una soluzione concretamente non percorribile”.
Anche il ginecologo, Silvio Viale, radicale e padre sperimentatore della pillola abortiva Ru486, prende le difese della Marconi e afferma che: “Si cerca di intimidire i medici che permettono l’applicazione della legge 194”. A suo avviso, il vero problema è che l’aborto viene “regolato ai margini della sanità”. E dell’Italia dice che è un Paese “ipocrita, dove si parla di aborti eugenetici in modo strumentale: sono tutti eugenetici gli aborti terapeutici a causa di malformazioni”. Ancora, aggiunge: “In questi casi entra in gioco il libero arbitrio. E in un paese cattolico penso che il libero arbitrio sia una prova per chiunque”.
Il dibattito non si ferma a questo. A parlare è anche Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno-fetale), che spiega come l'aborto selettivo sia “una pratica rischiosa per la madre e per entrambi i feti”. E “purtroppo, dopo la legge 40 sulla fecondazione assistita, in Italia questa pratica sta divenendo più frequente”.
Insomma, si apre un dibattito controverso scaturito da un errore che ha portato alla morte di due feti, futuri bambini solo perchè uno dei due sarebbe nato con la sindrome di Down.

© Copyright L'Occidentale, 28 agosto 2007

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