22 agosto 2007
L'altra Oriana, tentata dalla fede e affascinata da Papa Benedetto
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L'altra Oriana, tentata dalla fede
«Zitta zitta, lontana da occhi indiscreti, desidero incontrare Sua Santità»
GIAN GUIDO VECCHI
RIMINI — «Monsignore, lei mi ha commosso. Naturalmente sapevo bene chi fosse il rettore della Lateranense, il vescovo che ragiona al di là degli schemi e senza curarsi del politically correct. Ma leggere la sua intervista al Corriere ho rischiato davvero la lacrimina. Io che non piango mai. E mi sono sentita meno sola come quando leggo uno scrittore che si chiama Joseph Ratzinger». La sala della Fiera è colma di persone, fuori c'è ancora gente in coda e all'interno un silenzio perfetto, mentre il vescovo Rino Fisichella, per la prima volta, legge brani delle lettere che gli spedì Oriana Fallaci negli ultimi quindici mesi di vita; «spero un giorno di pubblicare anche questo epistolario fra noi due, e mostrare la sua assoluta lucidità di analisi, fino alla fine: non voglio arrivare al momento della morte, diceva, senza sapere chi sto incontrando».
Subito dopo l'intervista a Luigi Accattoli*, il 25 giugno 2005 («Ratzinger e Oriana: l'incontro tra due pensieri liberi»), il vescovo teologo si era visto arrivare la lettera della scrittrice che si definiva atea e fra lo sconcerto di molti, ma non il suo, aveva elogiato il pensiero del Papa. E ora la Fallaci, una che scriveva «a me i preti mi stanno antipatici, come erano antipatici agli anarchici di Lugano», spiegava al sacerdote che sarebbe diventato il suo amico più grande: «Vorrei parlarle anche dell'importantissima cosa di cui suppongo sia al corrente. Vale a dire il mio desiderio di incontrare, zitta zitta e lontano da occhi indiscreti, Sua Santità. Sa, è un desiderio che mi accompagna da quando incominciai a leggere i suoi libri (...). Quando venne eletto Papa feci sì capriole di gioia ma nel medesimo tempo pensai: "Oddio. Ora non potrò più vederlo". E con un sospiro avvilito mi rassegnai». La rassegnazione, va da sé, durò poco, non era compatibile con l'indole di Oriana.
«Era cattivissima, era terribile!» commenta tra le risate generali Vittorio Feltri, direttore di Libero, altro amico arrivato ieri a Rimini a raccontare, nell'incontro moderato da Renato Farina, «la ricerca di Oriana». Una donna «molto sola» che «viaggiava sotto falso nome perché temeva la uccidessero» e si diceva atea «ma aveva, ne sono certo, una profonda nostalgia di Dio», ha spiegato Fisichella. Lei che in quella prima lettera al vescovo si diceva «terrorizzata dai Frankenstein che vogliono sostituirsi alla natura e dall'Occidente che crolla». E voleva parlarne a Benedetto XVI, salvo scrivere angosciata al monsignore, quando nell'estate ottenne un'udienza privata a Castel Gandolfo: «Ho una preoccupazione che non mi aveva mai sfiorato il cervello! Oddio, non ci vorranno mica gli abiti da cerimonia? Non ne ho più (...), ho solo spartane giacche da uomo, è lecito imporle a un sovrano?
Lo stesso dicasi per la testa coperta, io i veli in testa non li porto neanche morta... », e intanto chiede le procuri «un ferro da stiro e due o tre candele mangiafumo». È in queste righe che si rivela l'altra Oriana, che tiene sul comodino la copia del libro sull'Europa che Ratzinger le ha donato con dedica. Quando scompare la madre di Fisichella, lei gli scrive della notte in cui moriva la sua: «Ero corsa subito fuori, senza neanche infilare il cappotto, era inverno e nevicava, nel buio avevo raggiunto la chiesa del villaggio e chiamato il prete che non voleva venire. "Domani, domani, ora è troppo tardi e fa freddo". A spintoni, parolacce, minacce,"se non mi segue seduta stante io la ammazzo!", lo avevo costretto a venire con la stola viola e tutto il resto».
Quando legge del «sorriso felice» della madre, Fisichella alza lo sguardo dalla lettera: «Se non sei alla ricerca di un senso, non chiedi a un sacerdote: quando sto per morire, tienimi la mano. È come nella Severina di Silone: non credo, io spero. Era battezzata, era cristiana. Ha desiderato morire in una stanza che guardasse la cupola del Brunelleschi. E io le ho dato una benedizione, da vescovo ho tenuto la mano di Oriana, chiedendo al Signore che potesse guardarla con grande misericordia perché aveva sofferto tanto, per la sua solitudine, e perché negli ultimi anni aveva difeso come pochi altri l'appartenenza di questo Paese, dell'Occidente, a quelle radici che sono profondamente cristiane».
© Copyright Corriere della sera, 22 agosto 2007
*L’INTERVISTA / Il rettore dell'Università Lateranense: l’applauso della giornalista al Pontefice scontenterà chi vuol far passare i credenti per fideisti irrecuperabili
«Ratzinger e Oriana: l’incontro tra due pensieri liberi»
Il vescovo Fisichella: è la ragione a unirli. Come dimostra il referendum, sulla difesa dei valori laici e cattolici possono convergere
di Luigi Accattoli
ROMA - «Non posso non provare un sentimento di contentezza intellettuale nel vedere una concordanza, espressa così vivamente, tra la libera intelligenza della Fallaci e la libertà di pensiero di un grande teologo qual è Joseph Ratzinger, che ora è anche Papa»: è la prima reazione del vescovo Rino Fisichella, rettore dell’Università Lateranense, alle dichiarazioni di Oriana Fallaci su Benedetto XVI.
Non la stupisce questa concordanza con il Papa da parte di una donna che si definisce «atea»?
«Non mi stupisce, anzi mi conferma sulla possibilità che è sempre offerta, a tutti, di un vero incontro sulla base della ragione. "La forza della ragione" è il titolo famoso della Fallaci, ma è anche un’espressione che ricorre negli scritti del teologo Ratzinger, come del resto ricorreva nell’enciclica "Fides et ratio" di Giovanni Paolo II».
Qual è il segreto dell’incontro sulla base della ragione?
«Nel caso della Fallaci e del Papa, che si incontrano nel giudizio sulla crisi dell’Europa e dell’Occidente, il segreto è nella libertà. Sappiamo quanto la Fallaci tenga alla sua autonomia di giudizio, che è forse la qualità che più le ha permesso di fare storia, sia dal punto di vista del giornalismo che della narrativa. Così come sappiamo quanto il teologo Ratzinger sia stato sempre libero dalle idee ricevute e incurante del politically correct. Se c’è stato un incontro, esso è avvenuto sulla base della profonda libertà che queste due persone esprimono».
Che dice della battuta della Fallaci riguardo al «qualcosa di vero» che ci dev’essere in un’affermazione se la condividono «un’atea e un Papa»?
«Dico che se si pensa davvero, ci si incontra. Se si va oltre le diverse forme di relativismo cui siamo abituati, se si superano gli schematismi e i pensieri deboli, si arriva a un’unità profonda, anche se partiamo da luoghi diversi. Abbiamo visto qualcosa di simile in occasione del referendum, come cioè laici e cattolici abbiano potuto convergere, in forza della ragione, sui valori da difendere».
L’applauso della Fallaci al Papa potrebbe non piacere a qualcuno...
«Dal momento che è fatto in nome della ragione, di certo scontenterà chi vorrebbe far passare i credenti per fideisti irrecuperabili. Dovranno ammettere che anche i credenti, a volte, pensano, ragionano...».
Lei non teme la cattura della figura del Papa da parte dei neoconservatori?
«Credo non possa avvenire, sia per il messaggio di cui il Papa è portatore e che non è asservibile a nessuna ideologia, sia per le risorse intellettuali di questo Papa, che saprà mantenersi libero da ogni strumentalizzazione. Usarlo per obiettivi di parte sarebbe, del resto, il peggior servizio che gli si possa fare: egli pensa al mondo e pensa all’uomo, non si farà prendere a nessun’altra rete».
La Fallaci loda Benedetto XVI ma critica Giovanni Paolo II per essere stato «debole» con l’Islam. Che ne dice?
«Non è stata debolezza, la sua. Ha avuto il grande merito di entrare in dialogo con l’Islam mantenendo la propria identità e questa è forza, non debolezza. A chi pensava di usare la violenza della spada Giovanni Paolo II ha mostrato un’altra via, che è quella - mi permetto di dire alla Fallaci - della forza della ragione. E’ da deboli opporre violenza alla violenza, è da forti riportare tutti alla ragione».
Il nuovo Papa continuerà il dialogo con l’Islam?
«Lo continuerà senza tacere l’identità cristiana e tendendo la mano a quanti sono interessati a fare della ragione, della libertà, dei diritti umani un terreno di incontro per il bene di tutti, oltre il proprio interesse».
© Copyright Corriere della sera 25 giugno 2005
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7 commenti:
Al Meeting c'ero.
Per tempo. E devo dire una csa:
mi ha deluso, ma parlo per me, la parlata di feltri.
Non puoi - ma in Italia si può tutto - usare certe 'parola' stando in una platea che ti invita, cattolica, di fianco ad un Vescovo, Mons. Fisichella, e parlare della Fallaci accattivandoti la platea con 'le parolacce' ma mancando di rispetto ai presenti. Personalmente, mi spiace per Feltri, mi sento offeso. Non sono un bacchettone: sono un cristiano convinto.
Comunque sia oramai è andata.
Scusi Monignore, accetti le scuse!
Gliele pongo io credo a nome di altri, della mia famiglia sicuro.
Un saluto Raffaella, e complimenti!
Chiaramente nessun giornale parla delle "sparate" di Feltri, quindi non ne ero a conoscenza. Mi dispiace molto che si usino certi mezzi soprattutto di fronte ad una platea attenta ed educata.
Oriana Fallaci, autrice del manifesto dell'odio, della paura irrazionale, del frenetico balbettio, delle viscere malate che obnubilano una mente un tempo mirabile.
Mi chiedo come possa una Chiesa che dovrebbe ispirarsi al Cristo, accettare anche un dialogo in questi termini con un personaggio come la Fallaci (non parliamo poi di Feltri).
M.
La Chiesa accoglie chiunque si accosti cosi' come Gesu' accolse la Maddalena e la Chiesa nascente accolse Paolo, persecutore di Cristiani.
La Fallaci aveva una mente straordinariamente brillante e non aveva paura di parlare chiaro anche quando cio' andava contro il politicamente e mediaticamente corretto.
La Chiesa non e' mai integralista, lo sono, al contrario, certi falsi moralisti.
Il Ponteficato ha dato udienza a personaggi assai peggiori di Oriana e ciò non ha mai significato che lui fosse dalla loro parte.
Quello che mi disturba è piuttosto il fatto che la Chiesa (intesa come convocazione -εκκλησια- in Cristo) trovi condivisibili alcune delle posizioni profondamente xenofobe (per non dir proprio psicotiche) della mia defunta concittadina.
La Chiesa siamo tutti noi e ciascuno ha una sua personale opinione sulla Fallaci. A me ha dato molto: raramente ho letto una scrittura scorrevole e piacevole come la sua nei libri precedenti "La rabbia e l'orgoglio". Spesso, dopo l'11 settembre, ha lanciato delle provocazioni. Sta a noi leggere, documentarci e poi farci un'opinioni.
La xenofobia e' una grave piaga che, penso, nessuno possa condividere. Spero che la storia sia maestra da questo punto di vista.
Tornando alla Fallaci, ricordo che nessuna descrizione dell'attentato a New York mi colpi' come quella contenuta nel suo libro:
"Ero a New York, perbacco, in un meraviglioso mattino di settembre, anno 2001. Ma la sensazione ha continuato a possedermi, inspiegabile, e allora ho fatto ciò che al mattino non faccio mai. Ho acceso la Tv. Bè, l' audio non funzionava. Lo schermo, sì. E su ogni canale, qui di canali ve ne sono quasi cento, vedevi una torre del World Trade Center che bruciava come un gigantesco fiammifero. Un corto circuito? Un piccolo aereo sbadato? Oppure un atto di terrorismo mirato? Quasi paralizzata son rimasta a fissarla e mentre la fissavo, mentre mi ponevo quelle tre domande, sullo schermo è apparso un aereo. Bianco, grosso. Un aereo di linea. Volava bassissimo. Volando bassissimo si dirigeva verso la seconda torre come un bombardiere che punta sull' obiettivo, si getta sull' obiettivo. Sicché ho capito. Ho capito anche perché nello stesso momento l' audio è tornato e ha trasmesso un coro di urla selvagge. Ripetute, selvagge. «God! Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Dioooooooo!» E l' aereo s' è infilato nella seconda torre come un coltello che si infila dentro un panetto di burro. Erano le 9 e un quarto, ora. E non chiedermi che cosa ho provato durante quei quindici minuti. Non lo so, non lo ricordo. Ero un pezzo di ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio. Non ricordo nemmeno se certe cose le ho viste sulla prima torre o sulla seconda. La gente che per non morire bruciata viva si buttava dalle finestre degli ottantesimi o novantesimi piani, ad esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano, si buttavano giù come ci si butta da un aereo avendo addosso il paracadute, e venivano giù così lentamente. Agitando le gambe e le braccia, nuotando nell' aria. Sì, sembravano nuotare nell' aria. E non arrivavano mai. Verso i trentesimi piani, però, acceleravano. Si mettevano a gesticolar disperati, suppongo pentiti, quasi gridassero help-aiuto-help. E magari lo gridavano davvero. Infine cadevano a sasso e paf!"
Le due torri sono state una Grande Sconfitta, una sorta di suggello crudele del secolo breve.
Come ebbe a dire un grande uomo e vecchio amico della fallaci: "La' morivano migliaia di persone e con loro il nostro senso di sicurezza; nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana - la ragione; il meglio del cuore - la compassione."
Il mondo che abbiamo oggi, il mondo che lasciamo ai nostri figli, è un mondo che ha visto le due torri crollare e che su quelle macerie ancora continua ad agire come un folle, a perpetrare il male nelle forme più antiche della guerra, dell'odio e della menzogna.
Il consiglio che Terzani, l'uomo di cui ho riportato la citazione, diede alla sua vecchia amica è questo: "La natura e' una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto piu' grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono piu'. Guarda un filo d'erba al vento e sentiti come lui. Ti passera' anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace."
Sento di dedicare questo invito alla pace anche a tutti coloro che qui dentro hanno subito il fascino di Oriana.
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