27 agosto 2007

Il ruolo essenziale dei valori spirituali nella sfera pubblica


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La religione nella sfera pubblica

Il ruolo essenziale dei valori spirituali

di padre John Flynn, L.C.

ROMA, domenica, 26 agosto 2007 (ZENIT.org).- Il rapporto tra religione e politica continua ad essere motivo di acceso dibattito, con risvolti anche su questioni di bioetica, di politiche per la famiglia e di giustizia sociale. Mentre si continua a insistere a non voler concedere alcuno spazio alla religione nella politica, un libro pubblicato lo scorso anno sostiene invece che una società democratica pluralista ha bisogno della presenza della fede e di argomentazioni religiose nella vita pubblica.
Brendan Sweetman spiega questa sua posizione nel libro “Why Politics Needs Religion: The Place of Religious Arguments in the Public Square” (InterVarsity Press). Sweetman, professore di filosofia presso la Rockhurst University di Kansas City, nel Missouri, è convinto che il tentativo volto ad estromettere la religione dalla politica si basi su un malinteso senso del pluralismo moderno.
Sweetman esordisce illustrando il concetto di “visione del mondo” (“worldvision”) come quell’impostazione di fondo che sottende la nostra concezione della realtà, della natura della persona umana e dei valori morali e politici. Esiste una grande varietà di queste visioni del mondo:
alcune puramente laiche, altre fondate su basi religiose.
I fautori del secolarismo, spiega il libro, tendono a voler escludere quelle visioni del mondo fondate sulla religione, perché sostengono che si basino su fonti inattendibili o irrazionali. Sempre secondo i laicisti, in una società pluralistica non è possibile introdurre argomenti religiosi perché ciò significherebbe imporre elementi di una religione sugli altri che non condividono tali credenze.

La razionalità

Sweetman mette tuttavia subito in evidenza che una tale argomentazione ignora che l’elemento razionale svolge un ruolo sostanziale nella religione. Sweetman, che all’inizio del libro dichiara la sua fede cattolica, cita come esempio l’enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II che contiene un’estesa spiegazione, su basi razionali, della contrarietà all’aborto.
“Il laicista, opportunamente, ignora la questione della razionalità della fede religiosa, o nega superficialmente che la fede religiosa possa essere razionale, o, ancora, evita di fare il raffronto fra la razionalità delle convinzioni religiose e la razionalità delle convinzioni laicistiche”, sostiene Sweetman.
È ora che venga sfatato il mito di una concezione della religione come una sorta di sinonimo di irrazionalità. L’impostazione religiosa del mondo, sostiene Sweetman, non ha nulla da temere da un’analisi razionale.
Il libro sostiene inoltre che la religione non è da considerarsi come una forma di minaccia alla democrazia. Al contrario, essa può rappresentare un valido contributo al dibattito pubblico. Una società, per dirsi veramente democratica, dovrebbe tener conto della “visione del mondo” di tutti i suoi membri e consentire loro di partecipare alla dialettica pubblica, afferma.
La religione può anche rappresentare un valido contributo alle discussioni sui diritti umani, sui valori politici e sul concetto di persona umana, aggiunge Sweetman.
Egli ammette che le religioni non sempre si dimostrano all’altezza dei principi che proclamano e che spesso vi è disaccordo tra le religioni su questioni morali, sociali e politiche. Non tutti gli elementi religiosi, inoltre, sono adatti ad orientare le politiche pubbliche – spiega Sweetman – e non tutte le convinzioni religiose seguono una logica razionale.
Ciò nonostante, la visione religiosa del mondo costituisce un contributo valido e merita di poter essere ascoltata. Infatti, estromettere una visione religiosa del mondo senza dare ad essa la possibilità di essere discussa pubblicamente nel merito delle argomentazioni che essa propone si configura come una violazione dei principi democratici.
Una delle obiezioni dei laicisti, osserva Sweetman, è che la religione introdurrebbe divisioni e dogmatismi, e persino violenze, nella sfera pubblica. È vero che la religione può essere motivo di divisione, ammette l’autore, ma questo è egualmente valido per impostazioni di natura puramente laica. Il XX secolo abbonda di esempi di abusi commessi in nome di ideologie del tutto laiche.

Cattolici in azione

Il Vescovo Thomas Olmsted, di Phoenix, in Arizona, ha scritto un libretto, in forma di domande e risposte, contenente una serie di raccomandazioni sul ruolo della religione nella politica. In questo suo pamphlet, dal titolo “Catholics in the Public Square”, pubblicato da Basilica Press, egli raccomanda ai fedeli di essere rispettosi delle convinzioni degli altri, o di coloro che non hanno alcuna fede.
Allo stesso tempo, tuttavia, “i cattolici non devono avere timore di abbracciare la loro identità o di mettere in pratica la loro fede nella vita pubblica”.
La Chiesa, prosegue il Vescovo Olmsted, non cerca di imporre la sua dottrina sugli altri. Essa è, nondimeno, legittimamente impegnata per il bene comune, per la promozione della giustizia e del benessere della società.
Purtroppo esiste una forma di discriminazione contro i credenti e soprattutto contro i cattolici che esprimono le loro idee pubblicamente. Non solo vi è una interpretazione errata delle idee cattoliche, ma esiste una vera e propria ostilità nei confronti delle persone che manifestano le proprie convinzioni religiose.
“Ciò nonostante, è nostro dovere impegnarci nella cultura e non fuggire da essa”, osserva il Vescovo Olmsted. Il credente, come ogni persona, ha tutto il diritto di proporre le proprie idee nella sfera pubblica.

Valori fondamentali

Un altro contributo recente al tema del ruolo della religione nella politica è stato espresso dall’Arcivescovo di Washington, Donald Wuerl, che il 13 aprile ha parlato in occasione del National Catholic Prayer Breakfast.
Negli ultimi anni si è indebolito, nell’opinione pubblica, il senso del ruolo che i valori religiosi possono svolgere come elemento di sostegno del diritto e della politica, ha osservato l’Arcivescovo. Anziché fare leva sui valori che sono comuni alle principali religioni, vi è un crescente ricorso ad argomentazioni puramente laiche per giustificare l’azione politica.
L’Arcivescovo Wuerl ha sostenuto che questa tendenza è contraria alla prevalente visione dei padri fondatori dell’America. Esiste un principio comune nell’esperienza politica americana, ha sostenuto: “La convinzione della natura cogente della legge morale è fondamentale per comprendere ogni filone di pensiero americano”.
Il pensiero cattolico è su questa linea, ha proseguito l’Arcivescovo, ricordando che il Catechismo della Chiesa cattolica parla dell’importanza della legge morale e di come i comandamenti sono espressione diretta della legge naturale.
“La fede religiosa ha svolto e continua a svolgere un ruolo significativo nella promozione della giustizia sociale e nella difesa di ogni vita umana innocente”, ha spiegato il presule. La fede, ha aggiunto, ci aiuta a valutare la nostra vita e a giudicare il bene e il male in linea con la sapienza divina.

Approccio schizofrenico

L’Arcivescovo ha quindi sottolineato che il tentativo di separare la sfera morale da quella politica, o i valori spirituali da quelli umani, è un “approccio schizofrenico alla vita”, che porta solo “devastazione alla persona e alla società”.
“Il modello laicista non è sufficiente a consentire un’adeguata analisi dell’agire umano, in grado di dare un orientamento che sia in linea con un’impostazione altruistica della vita umana”, ha concluso.
Questo ragionamento si trova spesso anche nel pensiero di Benedetto XVI. Tra i suoi più recenti richiami alla necessità della presenza della fede e dei valori morali nella politica e nella società, vi è quello contenuto nel suo discorso del 5 luglio, rivolto ad un gruppo di Vescovi della Repubblica dominicana, a Roma per la loro visita quinquennale ad limina apostolorum.
È compito dei laici lavorare e agire direttamente nella costruzione dell’ordine temporale, ha ricordato il Papa. E in questo compito essi hanno bisogno di essere guidati dalla luce del Vangelo e dell’amore cristiano.
I cristiani impegnati nella vita pubblica dovrebbero – ha raccomandato il Pontefice – dare testimonianza pubblica della propria fede ed evitare di vivere due vite parallele: una spirituale e l’altra secolare, dedicata alla partecipazione ad attività sociali, politiche e culturali.
Il Papa ha esortato i cristiani a perseguire, invece, una piena coerenza tra la loro vita e la loro fede, fornendo così un’eloquente testimonianza della verità del messaggio cristiano. Una coerenza che troppo spesso manca nella vita pubblica.

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