27 agosto 2007
La Chiesa pronta a riscrivere Concordato e regime fiscale
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Cari amici, pubblichiamo un'intervista a Monsignor Kasteel.
La Santa Sede e' disposta a sedersi ad un tavolo e discutere il Concordato con lo Stato italiano, ma dovra' trovarsi un accordo fra le parti, caro Cento, cosi' come recita l'art. 7 della Costituzione. L'abbiamo gia' detto in precedenza.
E' chiaro che non si puo' chiedere alla Chiesa di fare il lavoro dello Stato. Occorrera', quindi, discutere anche se sia il caso di sostituirsi agli enti pubblici per quanto riguarda l'assistenza ai piu' bisognosi. E' troppo comodo fare discorsi demagogici e poi pretendere che la Chiesa, Caritas in testa, si attivi quando c'e' bisogno.
Non sarebbe male prendere in considerazione anche la possibilita' di restituire i beni sottratti con la forza dopo l'unita' d'Italia.
Basta mettersi d'accordo ed evitare discorsi che fanno acqua da tutte le parti e, certamente, non fanno bene al Paese.
Raffaella
“La Chiesa pronta a riscrivere Concordato e regime fiscale”
Intervista a Monsignor Kasteel Ministro vaticano della solidarietà
GIACOMO GALEAZZI
Nessuna chiusura da parte nostra. La Santa Sede è pronta a sedersi al tavolo con il governo per aggiornare il Concordato e per ritoccare la questione del fisco». Soppesa le parole monsignor Karel Kasteel, influente uomo di Curia olandese, segretario del Pontificio Consiglio «Cor Unum» (il ministero vaticano della solidarietà) e Osservatore della Santa Sede. Giovedì mattina, alla messa celebrata a San Girolamo dal cardinale, suo connazionale, Adrianus Simonis, monsignor Kasteel era in chiesa, così Giulio Andreotti, oltre alla comunione, ha potuto ricevere la «benedizione» d’Oltretevere alla disponibilità vaticana, da lui annunciata in un’intervista alla Stampa, «a ridiscutere con lo Stato l’intera materia delle tasse». Dopo aver incontrato il senatore a vita e di ritorno dal Meeting, monsignor Kasteel delinea gli ambiti di intervento e le possibili modifiche negli accordi tra Stato e Santa Sede. «E’ passata una generazione da quando fu sottoscritto il Concordato - apre -. Il testo del 1984 risente del tempo trascorso e quindi sono possibili ritocchi alle questioni del fisco come in quelle dell’educazione cattolica e dello status giuridico delle istituzioni ecclesiali.
Monsignor Kasteel, al sottosegretario all’Economia, Paolo Cento, che protestava per le agevolazioni ecclesiali nella tassazione, Andreotti ha replicato: «Il fisco non è un dogma e la Chiesa non fa barricate a difesa dei privilegi fiscali». Condivide l’impostazione di Andreotti?
«Sì. La Chiesa è il principale ente di aiuto umanitario: “produce” solidarietà ed apostolato, nessuno fa altrettanto da venti secoli. Gli Atti degli Apostoli lo testimoniano e già Sant’Ignazio d’Antiochia descrive il Papa “presiedere l’assemblea della carità”. In Italia non è come in Germania, qui si è liberi di dare il proprio contributo a chi si vuole eppure il 96% dei contribuenti sceglie la Chiesa. Dove c’è un’emergenza, la Caritas corre ai ripari e ogni euro dato alla Chiesa arriva a destinazione. Nel governo qualcuno sembra dimenticarlo».
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«Non ci sono preclusioni da parte nostra nel distinguere meglio le realtà ecclesiali fra compiti pastorali e attività commerciali. E’ materia da regolare bilateralmente. Però, in nessun paese la Chiesa, cioè un ente d’utilità pubblica, paga tasse come le aziende che fanno profitti. In Italia erano tutte di utilità pubbliche le strutture sottratte alla Chiesa in passato: scuole, confraternite, ospedali. In Francia c’è assoluta separazione tra Chiesa e Stato, ma la Chiesa non ha gli oneri fiscali che ha in Italia e tutte le chiese vengono mantenute dallo Stato. Quindi, va bene adeguare il Concordato, ma in qualche modo va mantenuta l’ “aequa distributio” raccomandata da San Tommaso d’Aquino».
Il Concordato è invecchiato?
«Già i Patti Lateranensi del ‘29 furono superati perché erano diventati anacronistici. Ora Stato e Chiesa, essendo enti sovrani nel loro ambito, possono negoziare altri ritocchi. Su fisco e altro, se ne può parlare. Gli alberghi religiosi, per esempio. Sono conventi che ospitano chi non può pagarsi un hotel. La Chiesa lo fa da due millenni a favore dei pellegrini e delle famiglie che vogliono visitare Roma. E i soldi così guadagnati dagli istituti religiosi vanno alle missioni in Tanzania o Congo. Perciò, facciamo come fecero Craxi e Casaroli nel 1984: sediamoci a un tavolo e abbandoniamo i proclami unilaterali».
La Santa Sede è preoccupata per gli attacchi?
«E’ ingiusto dimenticare quanto la Chiesa fa per i giovani, gli immigrati, i drogati. Ma non difendiamo privilegi. Il Papa lo ripete ogni volta ai governanti: “La Chiesa chiede solo di poter operare liberamente nello Stato”. Le agevolazioni fiscali servono a lavorare meglio per il bene pubblico, però non sono un punto innegoziabile per la Chiesa. Nel 1984 eravamo in un’altra epoca».
Cioè?
«Il Concordato è un testo datato. Allora la mentalità europea era minore, non c’era la globalizzazione. La piccola Italia negoziava da sola con la Chiesa universale. Adesso la legislazione europea è sempre più impegnativa verso gli stati nazionali. La Santa Sede stringe accordi con l’Ue. In Italia su educazione cattolica ed insegnamento della religione nelle scuole, esistono aspetti modificabili. Gli scambi universitari sono in evoluzione, alcuni aspetti giuridici e certe esigenze non erano contemplati».
© Copyright La Stampa, 27 agosto 2007
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