30 agosto 2007
Mons. Betori: occorre un cambiamento della cultura diffusa di stampo eugenetico
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L'incontro di Loreto. Il segretario della Cei sull'aborto selettivo a Milano: eugenetica, aggiornare la legge
Betori: per il Papa l'orchestra dei ragazzi disabili
di GIAN GUIDO VECCHI
LORETO — Ad accogliere il Papa a Loreto in occasione dell'incontro dei giovani di tutta Europa ci sarà anche un'orchestra di disabili. Lo ha annunciato Monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Dopo l'aborto selettivo di Milano, Betori ha detto che la legge sull'aborto va aggiornata e che l'eugenetica è un virus.
Parla il segretario generale dei vescovi alla vigilia dell'incontro dei giovani di tutta Europa con il Pontefice
La Cei: l'eugenetica è un virus Riformare la legge sull'aborto
Betori: un'orchestra di disabili suonerà per Benedetto XVI a Loreto
LORETO — «A volte si vede nella disabilità un limite per la persona stessa e per gli altri che le stanno intorno. Anche la vicenda triste del San Paolo esprime questo tipo di società. Una società che non riesce a pensare come il disabile arrivi a sopportarsi e come le persone vicine possano non tanto sopportarlo ma supportarlo, sostenerlo...».
Il vescovo Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, è appena arrivato nella Casa Giovanni Paolo II di Montorso, quartier generale dell'«Agorà dei giovani» che sabato e domenica incontreranno Benedetto XVI. Da qui, tra il mare e il santuario di Loreto, si vede la spianata che accoglierà trecentomila ragazzi, i primi ottantamila sono arrivati ieri ospiti di parrocchie e famiglie in 32 diocesi fra Marche, Romagna, Umbria e Abruzzo.
«I giovani ci provocano come un risorsa, sono squarci di orizzonte nuovo rispetto a una società un po' impaludata, ferma...».
Eccellenza, a proposito di risorse: ad accompagnare la messa celebrata dal Papa domenica mattina ci sarà l'orchestra Esagramma di Milano, maestri e 26 ragazzi affetti da sindrome di Down, autismo, problemi psichici o motori, disagi familiari...
«Sì, volevamo che alcuni di loro non avessero come di consueto solo un posto di favore, ma fossero protagonisti della giornata. Attraverso il teologo Pierangelo Sequeri, che segue questa bella esperienza, abbiamo sentito il bisogno di mostrare che la disabilità non è un limite che esclude dalla società ma una risorsa che può essere vissuta come dono agli altri. In questo caso, la sensibilità particolare alla musica, qualcosa che altri "normali" non hanno, diventa un sostegno all'assemblea. E un segno che il disabile ha qualcosa da dare a tutti».
Un gemello down, l'altro sano. Si cerca di eliminare il primo, per errore si colpisce il secondo, e infine anche quello malato. Che cosa non ha funzionato, a Milano?
«Io non voglio mettermi a giudicare questa donna, la sua difficoltà, assolutamente. Però capisco che dietro c'è un sentirsi non adeguati, incapaci di poter sostenere un peso: non per se stessi, ma per la persona malata. La paura di non essere capaci d'aiutarla nel modo giusto. Senza capire che tutti siamo limitati e che nessuno può pretendere dall'altro un supporto totale, non lo può il sano e non lo pretende neanche il disabile. Il di più dell'amore ci aiuterebbe a superare tanti timori che questa società della perfezione a volte ci inserisce nel cuore. Aspiriamo ad una società di perfetti fisici, e anche morali, che non esiste».
C'è il rischio di eugenetica?
«Non è che ci sia una eugenetica in senso stretto, ma la mentalità che presiede a questo mondo è eugenetica. Il legame tra eugenetica e malthusianesimo sta all'origine stessa di questi pensieri. Se l'idea è che questo mondo non ci può "supportare" tutti, dobbiamo diminuire le nascite. E quali sono le nascite da diminuire? Secondo una dinamica darwiniana, le istanze più deboli, ovvio ».
Se il problema è questo, basta intervenire sulla 194?
«Vede, ogni legge è figlia di una cultura. Credo che dobbiamo lavorare molto, a livello culturale, per avere una legge adeguata all'accoglienza dei bambini e non alla loro eliminazione ».
Il ministro Turco è pronta ad «aggiornare » il testo, a discutere nuovi limiti dell'aborto terapeutico, che ne dice?
«Magari! Tutte le leggi sono migliorabili ma la 194, nel dibattito corrente, è la sola intoccabile. Certo che è difficile. Perché il virus eugenetico e quello malthusiano circolano nella nostra cultura e alla fine si depositano in qualche modo all'interno delle norme che noi ci diamo».
E allora che si dovrebbe fare?
«Quando si verificano episodi simili, penso anche al feto espulso vivo a Firenze, è chiaro che la legge non regge più, qualcosa da riformare c'è per forza. Che lo si faccia attraverso una riforma della 194 o già da ora tramite applicazioni più umane di essa, per noi sarebbe molto importante. Ovviamente, per i cattolici, resta sempre l'auspicio di un superamento della legge. Ma non è questo che vogliamo mettere oggi all'ordine del giorno: fin dal '74, piuttosto, all'ordine del giorno c'è un cambiamento della cultura diffusa. Solo così potremo uscirne».
C'è anche un problema di mancanza di aiuto?
«È evidente. Non so cosa sia stato detto a quella povera mamma, se "arrangiati" oppure "ci siamo noi, non sei sola", o ancora "confrontati con una donna che ha fatto la tua stessa esperienza". Vede, c'è anche un dialogo tra donne che non si fa sui principi ma sulla comunicazione vitale dell'esperienza. E poi penso a un vecchio amico che ho incontrato oggi...».
Perché?
«Mi diceva di una nipote con tre bambini: il primo è down, i medici hanno detto che doveva crescere con l'affetto di qualche fratello. E loro non hanno avuto paura di mettere al mondo altri due bimbi, sani. Ora il primo è il più affettuoso, colui che riesce a trasmettere più amore nella famiglia».
© Copyright Corriere della sera, 30 agosto 2007
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