25 gennaio 2008
Botturi: «Un codice info-etico contro le derive della surrealtà»
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il filosofo
Botturi: «Un codice info-etico contro le derive della surrealtà»
DA ROMA MIMMO MUOLO
In principio erano mass media.
Cioé mezzi. Oggi non è più così. Oggi sono qualcosa di più. «Incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana», scrive il Papa nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, diffuso ieri. Dunque il ruolo che questi strumenti «hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica». Con tutte le possibili ricadute sul piano etico. Una intuizione «di grande importanza», commenta Francesco Botturi, docente di filosofia morale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E il perché lo spiega in questa intervista ad
Avvenire.
In che senso, professore, la problematica relativa ai mass media intercetta la questione antropologica?
Quello che il Messaggio mette in rilievo con estrema lucidità è l’impatto che, come tutte le altre tecnologie avanzate, anche la tecnologia dei mezzi di comunicazione cosiddetti di massa ha sulle persone. Non si tratta più di un semplice influsso. Qui si arriva a toccare gli ambiti sensibili e radicalmente significativi della vita umana. Dunque ciò che è inedito rispetto al passato anche recente è la pervasività, che giunge a incidere sull’immagine che l’uomo ha di se stesso.
In sostanza i mass media non sono più semplici mezzi.
Certamente. E anche da questo punto di vista il Messaggio di Benedetto XVI coglie pienamente nel segno. I media non si limitano più alla informazione, ma tendono inevitabilmente alla formazione delle coscienze. Non si fermano alla rappresentazione del reale, ma sconfinano nella sua creazione. Non è chi non veda, dunque, che da un lato siamo al centro della questione antropolo- gica, dall’altro questo ha inevitabili ricadute sul piano etico.
E infatti ha suscitato immediato interesse quel passaggio del testo in cui Papa Ratzinger indica la necessità di una 'info-etica', sul modello di quello che la 'bio-etica' rappresenta per la medicina e la ricerca scientifica.
Sì, in effetti si tratta di un’esigenza largamente avvertita. Ma va detto che gli aspetti etici non possono essere imposti dall’esterno. Sono gli operatori e i fruitori dei mass media che vanno educati a regolarsi in modo conforme all’umano.
Ma è possibile delineare, già sulla base del Messaggio del Pontefice, i contenuti di questo codice info-etico?
Penso proprio di sì. E direi che si tratta sia di contenuti in negativo, sia in positivo. Tra i primi inserirei sicuramente la necessità di non usare i mezzi della comunicazione sociale per fini ideologici. Occorre poi evitare che i media diventino, come per altro nota il Pontefice, «il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo». È inoltre importante che essi non si trasformino in macchine per creare quella che Aleksandr Solzenicyn chiama «la surrealtà», cioè una parvenza di realtà che per fini ideologici o commerciali prende il posto della realtà autentica. Un grande potere di cui bisogna essere consapevoli.
E in positivo?
Due contenuti soprattutto, entrambi richiamati in maniera chiara dal Messaggio. Prima di tutto il rapporto tra comunicazione e verità. «L’uomo ha sete di verità, è alla ricerca della verità», scrive il Papa. E ciò non significa solo mettere in un atto una rappresentazione speculare del mondo, ma avere un profondo rispetto per la verità dell’uomo e cooperare affinché essa sia sempre evidenziata e proclamata. Ciò in definitiva si collega al secondo contenuto in positivo indicato da Benedetto XVI. E cioè il rispetto della dignità umana. Quando la comunicazione sociale perde di vista questo assunto fondamentale, allora si rischia di incidere negativamente non solo sulla coscienza e sulle scelte delle persone, ma anche sulla loro libertà e sulla vita stessa.
È un codice etico che il Papa consegna idealmente a tutti. Si può dunque dire che in fondo la questione è educativa?
Sono d’accordo. L’educazione all’uso e alla fruizione dei mass media rientra in quella più generale 'emergenza educativa' di cui si sente sempre più spesso parlare. C’è, infatti, un aspetto specifico che riguarda gli addetti ai lavori, ma ce n’è un altro più che ci tocca tutti da vicino in quanto tutti abbiamo a che fare con la comunicazione. E qui dobbiamo ribadire che formare è compito della famiglia, della scuola e di tutte le altre agenzie in rete. Penso inoltre che, come utenti, dobbiamo esercitare rispetto ai media quella capacità di non concepirsi parte dell’apparato, ma di giudicare secondo buon senso, che deve portare – quando è necessario – anche a prenderne le distanze.
© Copyright Avvenire, 25 gennaio 2008
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