1 gennaio 2008
Nato da donna, appartiene alla storia (Osservatore Romano)
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Nato da donna, appartiene alla storia
La liturgia dell'ottava di Natale - ricorrenza che cade il primo di gennaio in coincidenza con l'inizio dell'anno civile - amplifica alcuni temi natalizi anche in rapporto al clima augurale della giornata. La prima lettura riporta la formula di benedizione pronunciata dai sacerdoti d'Israele sul popolo, in cui viene auspicato che "il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio (...) rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace" - cose, queste, effettivamente avvenute con la nascita di Cristo, irradiazione della gloria del Padre (cfr Ebrei, 1, 3), colui che cioè rivela il Dio che "nessuno ha mai visto" (Giovanni, 1, 18). Come sempre, l'ottava rappresenta la pienezza di una riflessione sul senso dell'evento festeggiato, e con l'augurio che l'Altissimo ci sia "propizio" comprendiamo, in effetti, che con la natività di Gesù "si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini" (Tito, 3, 4); quanto all'augurio di pace, ricordiamo che il bambino nato una settimana fa è anche "principe della pace" (Isaia, 9, 5).
Il punto di fuoco specifico dell'odierna celebrazione ha subito una lieve alterazione nella riforma liturgica del Concilio Vaticano II spostandosi dalla circoncisione del neonato - avvenuta "quando furono passati gli otto giorni prescritti" (Luca, 2, 21) -, alla madre, Maria, contemplata oggi appunto nel mistero della sua maternità. Del resto la lettura evangelica della messa ammette l'una e l'altra enfasi, aprendo con i pastori che riferiscono ciò che era stato detto del bambino mentre "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Luca, 2, 19), e chiudendo con il racconto della circoncisione.
Il dipinto che proponiamo alla meditazione - un'opera del veneziano Giovanni Bellini o della sua bottega, databile intorno al 1500 - suggerisce il legame tra i due temi. Rappresenta sì la circoncisione, ma a tenere il bambino durante il rito è la madre, Maria, che - con gli occhi abbassati e lo sguardo assorto - sembra proprio "meditare" le cose che ha già compreso del Figlio che Dio le ha dato. In quest'occasione al bambino viene assegnato il nome Gesù, che significa "salvatore", e - come suggerisce il vangelo - deve essere stata Maria a volere che fosse chiamato in quel modo, secondo quanto indicato dall'angelo: "Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima d'essere concepito nel grembo della madre" (Luca, 2, 21). Così il dipinto mostra la madre, che - mentre medita le cose raccontate del Figlio - lo espone al coltello e gli dà il nome "salvatore"; sarà infatti mediante lo spargimento del sangue che, anni dopo, Cristo ci salverà offrendosi in sacrificio a Dio. Qui notiamo la docilità del bambino col suo visino innalzato, come se rivolgesse al Padre le parole attribuitegli quando entrava nel mondo: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato (...) ecco io vengo (...) per fare, o Dio, la tua volontà" (Ebrei, 10, 5-7; cfr Salmi, 40, 7-9).
Il duplice significato dell'odierna celebrazione - comprendente sia la maternità di Maria che la circoncisione di suo Figlio - è contenuto in una frase usata da san Paolo nel brano della Lettera ai Galati che serve da seconda lettura. L'apostolo afferma che "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (4, 4-5). Si tratta del primo cenno biografico a Gesù nelle Scritture cristiane, da datare verso l'anno 57; lapidaria, la frase omette sia il nome della "donna", sia ogni riferimento al futuro turbolento rapporto di Gesù con gli interpreti della "legge" del suo popolo: i sacerdoti, gli scribi e i farisei; enfatizza invece la missione affidatagli dal Padre divino, di "riscattare coloro che erano sotto la legge" ed elevarli alla propria condizione filiale mediante "l'adozione". In pratica, la prima menzione biografica del salvatore si riduce ad appena due fatti propriamente storici: Cristo è "nato da donna, nato sotto la legge".
E bastano. Nascendo da Maria, Cristo diventa vero uomo; nascendo sotto la legge, diventa un uomo che appartiene alla storia, è inserito in un contesto, eredita le tradizioni della sua gente. Dio che è la libertà stessa, diventando uomo si vincola, cioè, accettando i limiti della natura umana e della legge del popolo eletto, per poi, mediante un'obbedienza crocifiggente (all'umanità avuta dalla madre come alla legge che chiedeva sangue), superare i limiti, dare a noi la sua libertà, regnare e risorgere dalla croce.
Egli che è Figlio di Dio, diventando figlio di Maria (con tutto ciò che tale condizione comportava, inclusa l'obbedienza alla legge) ha potuto riscattare coloro con cui si è fatto solidale, permettendo ai fratelli adottivi di diventare a loro volta figli dell'unico Padre. Alla nascita di Cristo nella carne è legata infatti la nostra nascita nello Spirito, e come abbiamo ormai Dio per Padre, così con Cristo abbiamo Maria per madre: Maria che "serba" e "medita" le cose di tutti i suoi figli, noi inclusi. (timothy verdon)
(©L'Osservatore Romano - 31 dicembre 2007 - 1 gennaio 2008)
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