13 marzo 2008

Il Papa: «La scuola dia un’educazione etica». La prossima enciclica sarà dedicata ai temi sociali (Il Messaggero)


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di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

Si intitola «Caritas in veritate» la terza enciclica di Papa Ratzinger. La prima di carattere sociale. Tratterà dei problemi del lavoro, della globalizzazione, della cooperazione internazionale, del divario tra Nord e Sud, della pace nel mondo, del microcredito e del ruolo delle tecnologie per avvicinare e non dividere le culture. Il testo, con ogni probabilità, sarà pubblicato il primo maggio, giorno simbolo per il lavoro.

Secondo alcune anticipazioni il testo sarebbe diviso in due parti: una prima sezione rievocativa della «Populorum progressio» di Paolo VI, a 40 anni dalla sua pubblicazione (27 marzo 1968), un testo base e ancora attuale e della «Centesimus annus», scritta da Giovanni Paolo II nel 1991, quando ancora non era caduto il comunismo e la globalizzazione non si era ancora affacciata. La seconda parte è, invece, meno teorica e maggiormente legata ai problemi attuali; riprende a 360 gradi i problemi sociali che attanagliano l'umanità, mettendone in rilievo l'azione della Chiesa verso l'uomo, in tutte le sue dimensioni e col uno sguardo globale. All'enciclica il Papa ha iniziato a lavorare prima dell’estate scorsa, durante le vacanze in Cadore. E’ composta da 5 capitoli, per un totale di una settantina di cartelle, ed è indirizzata a tutti gli uomini di buona volontà e a chi ha responsabilità nel Paese, dunque anche a capi di Stato e di governo. I principi più importanti del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa sono al centro dell’analisi sui mali sociali delle società post-capitaliste. Un passaggio è dedicato all’importanza dell’educazione. Argomento, quest’ultimo, che ha affrontato anche ieri mattina, durante l’udienza generale.

Sarà perchè ha trascorso la metà della sua vita a insegnare, sarà perchè assegna un valore tutto particolare alla didattica, fatto sta che Papa Ratzinger non appena gli si presenta l’occasione non si lascia sfuggire l’argomento «scuola».

Nel corso del pontificato ne ha parlato decine di volte, durante i viaggi, all’Angelus la domenica, nelle omelie; sempre per ricordare quanto sia importante - per il futuro della società - garantire ai ragazzi una «educazione integrale». Vale a dire comprensiva della sfera religiosa. Prima di recarsi nell’Aula Paolo VI dove lo aspettavano 8 mila fedeli, ha fatto un breve passaggio a San Pietro per salutare la folla che nel frattempo si era formata in basilica non trovando più posto dentro la sala Nervi. Rivolgendosi ai pellegrini ha fatto notare le «notevoli sfide che emergono nel campo dell’educazione delle nuove generazioni». La scuola, ha spiegato, non può ridursi ad essere solo un «luogo di apprendimento nozionistico» poichè «è anche chiamata ad offrire agli alunni l’opportunità di approfondire validi messaggi di carattere culturale, sociale, etico e religioso». E chi insegna, ha aggiunto, «non può non percepire anche il risvolto morale di ogni umano sapere, perché l’uomo conosce per agire e l’agire è frutto della sua conoscenza». Un errore didattico lasciare Dio fuori dalle aule scolastiche. Proprio questo è il punto. Garantire ai ragazzi una formazione a 360 gradi, comprensiva dei valori spirituali.

Nel giugno scorso, parlando di sana laicità a scuola, ha detto che l’insegnamento pubblico «come altre istituzioni dello Stato, non implica una chiusura al Trascendente e una falsa neutralità ai valori morali».

© Copyright Il Messaggero, 13 marzo 2008 consultabile anche qui.

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