13 marzo 2008

La costruzione della seconda basilica di San Paolo fuori le mura (Osservatore Romano)


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Costruzione della seconda basilica di San Paolo fuori le mura

Troppo piccola
Ne facciamo una più grande


"Scavi e scoperte recenti nelle chiese di Roma": questo il tema dell'incontro organizzato giovedì 13 marzo dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana nell'ambito dei Seminari di Archeologia Cristiana. Paolo Liverani ha sintetizzato per "L'Osservatore Romano" i tratti essenziali del suo intervento.

Gli ultimi anni hanno visto una forte ripresa di attenzione per la basilica romana di San Paolo fuori le mura. Da una parte si sono avute importanti indagini archeologiche, dall'altro la messa a fuoco di alcuni problemi relativi alla cronologia della seconda basilica. La prima chiesa, infatti, era stata eretta sulla tomba dell'Apostolo delle genti già da Costantino e un tratto delle fondazioni dell'abside ne è stato rimesso in luce con un piccolo saggio nella confessione, proprio davanti all'altare maggiore. Si trattava, però, di una basilica di dimensioni molto modeste e ben presto l'afflusso di pellegrini costrinse a provvedimenti radicali. Fu così che gli imperatori Valentiniano II, Arcadio e Teodosio decisero di edificare una nuova basilica che fosse simile per dimensioni e fasto a quella grandiosa dedicata in Vaticano a San Pietro. Si dovette modificare il sistema stradale circostante e capovolgere l'orientamento della chiesa a causa dei condizionamenti topografici. Purtroppo un grande incendio nel 1823 distrusse gran parte della basilica antica e medioevale, ma quella che vediamo oggi ricostruita ce ne dà un'idea sufficientemente precisa, in quanto ne ripete forma e dimensioni.
Questa, in poche parole, la vicenda edilizia, ma quando si cerca di precisare le date per dare un significato storico più pregnante all'edificio, si devono innanzitutto smontare errori e luoghi comuni che si sono stratificati nel corso degli studi, a cominciare dalla data di inizio del cantiere. In questo caso siamo straordinariamente fortunati: possediamo il rescritto con cui, nella prima metà del 386, i tre imperatori comandarono al prefetto della città di Roma, Sallustio, di costruire la nuova basilica. Purtroppo la lettera imperiale non ci è giunta del tutto completa e la datazione si ricava solo indirettamente dal periodo in cui Sallustio resse la sua carica. Da questa difficoltà nacque - quasi un secolo fa - la proposta di correggere i codici supponendo un errore e rialzando la lettera imperiale al 383-384. Tale proposta va ormai abbandonata, poiché da trent'anni si è dimostrato come la datazione tradizionale non abbia bisogno di alcun ritocco, ma invece, perfino nei testi specialistici si trova ancora la datazione alta, che a sua volta ha generato un secondo equivoco. La basilica di San Paolo, infatti, venne identificata con una certa basilica nova che era stata al centro di uno scandalo edilizio in anni assai vicini a quelli della costruzione di San Paolo e sulla quale siamo informati da due rapporti inviati all'imperatore da Quinto Aurelio Simmaco, il famoso senatore pagano avversario di sant'Ambrogio, nonché da un paio di lettere dello stesso autore. In realtà, una volta rimessa a posto la cronologia, tutto il castello di ipotesi cade e la basilica nova deve essere considerata una fabbrica differente a carattere civile, probabilmente quella stessa che venne inaugurata dal successore di Sallustio, Piniano, come si deduce da un'iscrizione recentemente edita.
L'opera di ricostruzione di San Paolo fu alquanto impegnativa, ma già sotto Papa Siricio, nel 390, ebbe luogo una sorta di consacrazione "parziale" perché fosse possibile utilizzare liturgicamente almeno il transetto della basilica. La data è conservata da un'iscrizione incisa sulla base della prima colonna di destra della navata principale, fortunatamente sopravvissuta all'incendio ottocentesco e ora esposta nell'ingresso laterale della chiesa. Tale iscrizione è stata recentemente rivista e reinterpretata: ne è emerso inaspettatamente il nome dell'architetto direttore dei lavori, un certo Flavio Anastasio, forse lontano discendente dello stesso imperatore Costantino.
Per completare l'opera, però, il cantiere dovette durare ancora abbastanza a lungo e si è molto discusso per capire se l'onore dell'inaugurazione finale spettasse all'imperatore Onorio o a suo padre Teodosio. La maggior parte degli studiosi propende per quest'ultimo, ma una revisione attenta permette di avanzare una proposta differente e forse più interessante.
Le fonti a riguardo sono infatti le iscrizioni musive della basilica stessa e l'inno, composto da Prudenzio per commemorare la passione di Pietro e Paolo, nel quale il poeta spagnolo descrive le basiliche dedicate ai due santi che gli avevano lasciato una profonda impressione.
Partiamo dalle iscrizioni, dove si osserva una curiosa discrepanza: la prima, al di sopra dell'arcone trionfale, proclama che "Teodosio iniziò, Onorio compì / l'aula consacrata al corpo di Paolo, dottore del mondo". La seconda, posta invece sul bordo inferiore dello stesso arco, risale ai restauri avvenuti sotto Papa Leone Magno, dopo che un fulmine aveva colpito il tetto. Quest'ultimo testo dichiara che "la pia mente di (Galla) Placidia gioisce del decoro dell'opera paterna / in tutto lo splendore dovuto alla cura del Pontefice Leone". In altre parole Galla attribuisce il merito dell'opera al padre (Teodosio), tacendo del fratello (Onorio). Questo è però facilmente comprensibile: con Onorio non correva buon sangue da quando questi l'aveva "declassata", togliendole nel 421 il titolo di Augusta.
Il punto più delicato del problema è costituito piuttosto dall'inno di Prudenzio. Il poeta dedica un lungo brano alla basilica sulla via Ostiense: in due versi cruciali allude al "buon principe che inaugurò la basilica" e che - come si è accennato - la maggior parte degli esegeti identifica con Teodosio. Il passo presenta due difficoltà: la prima è dovuta a una ambiguità della lingua latina. Se infatti leggiamo che "un buon principe" inaugurò la basilica, possiamo allora ritenere che il poeta alluda anche a un imperatore del passato ormai defunto, invece se scegliamo di tradurre "il buon principe", dobbiamo necessariamente pensare all'imperatore in carica, responsabile in quel momento della metà occidentale dell'impero.
Questo si lega alla seconda difficoltà, relativa alla datazione del viaggio a Roma di Prudenzio. Di solito si poneva questo avvenimento nei primissimi anni del quinto secolo, ma recentemente si era proposto un rialzamento della data, cosicché Prudenzio avrebbe visto le basiliche romane quando ancora Teodosio era in vita (prima cioè del 395). Se avesse ragione questa nuova teoria, dovremmo necessariamente attribuire a Teodosio l'inaugurazione, se invece la visita fosse avvenuta più tardi, la discussione rimarrebbe aperta. Ora lo studio di Pierre-Yves Fux, il più recente ed esauriente sugli inni di Prudenzio, permette di precisare che il viaggio avvenne tra il 399 e il 404, tornando quindi alla vecchia opinione. Inoltre esaminando lo stile di Properzio si vede che quando il poeta parla del "principe" - senza ulteriori specificazioni - si tratta sempre dell'imperatore regnante. Dobbiamo dunque abbandonare Teodosio e pensare piuttosto a Onorio.
Un ulteriore elemento è desumibile dallo stesso inno: il poeta infatti parla della basilica dicendo che regia pompa loci est. In genere si interpreta il passo traducendo liberamente: "Il luogo è di un lusso regale", ma non si vede perché non si debba piuttosto scegliere una traduzione più letterale e cioè: "Le pompe imperiali sono proprie di questo luogo". Sappiamo infatti che in quel periodo San Pietro era meta di solenni processioni imperiali; anche San Paolo, però, doveva essere teatro di visite simili, come attestano un paio di accenni di san Giovanni Crisostomo risalenti al 386, mentre - assai più tardi - la cosa è esplicitamente documentata per l'imperatore Costante II nel 663.
Scorrendo la lista delle visite imperiali all'antica capitale, inoltre, salta all'occhio il fatto che proprio nel 403 Onorio era venuto a Roma e aveva visitato la basilica vaticana con grande seguito, fatto che aveva lasciato una profonda impressione nei contemporanei, registrata anche nelle omelie di sant'Agostino degli anni immediatamente successivi. Su queste basi possiamo tentare qualche conclusione di un certo interesse relativa alla data e all'occasione dell'inaugurazione. Grazie alla testimonianza di prima mano di Prudenzio, dunque, possiamo immaginare la solenne processione dell'imperatore Onorio che, arrivato a Roma nel 403, dovette sfruttare l'occasione per inaugurare solennemente la basilica di San Paolo finalmente compiuta, mettendo il suo suggello sull'opera iniziata dal padre diversi anni prima e che sarebbe rimasta come uno dei punti di riferimento più importanti per la città di Roma nei secoli a venire.

(©L'Osservatore Romano - 13 marzo 2008)

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