13 marzo 2008

Card. Tauran: «Con l'Islam dialogo senza tabù». La nuova fase è dovuta al discorso di Ratisbona (Avvenire)


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«Dialogo senza tabù»

Tauran: anche la libertà religiosa nel confronto con l’islam

DI GIANNI CARDINALE

«Indubbiamente è stato un dialogo che si è svolto in un clima di franchezza, di grande cordialità, di ascolto bene­volo, che fa ben sperare per il fu­turo'. Il cardinale Jean-Louis Tau­ran, presidente del pontificio Con­siglio per il dialogo inter-religioso, è particolarmente soddisfatto per il primo incontro incontro avuto la settimana scorsa con una dele­gazione dei firmatari dell’ormai ce­lebre lettera aperta «A common word» sottoscritta originariamen­te da 138 saggi islamici. Il porpo­rato francese ha accettato di ri­spondere ad alcune domande di Avvenire sullo svolgimento e le prospettive di questo primo ap­puntamento.

Eminenza, lei ha detto che si è trat­tato di un dialogo franco. Nel lin­guaggio diplomatico, che lei ben conosce, franco vuol dire si è trat­tato di un confronto vero, dialet­tico…

D’altronde il dialogo si fa tra chi la pensa in modo diverso. O no? Co­munque i toni sono stati sempre civili e cordiali.

In questo primo appuntamento è stato preso l’impegno di creare un Catholic-muslim forum. Quali sa­ranno i criteri per nominare i par­tecipanti?

Da parte nostra sceglieremo per­sonalità ecclesiastiche e accade­miche che hanno una conoscenza diretta, e anche maturata sul cam­po, dell’islam e dei musulmani.

Qual è il livello di rappresentati­vità nel mondo musulmano degli interlocutori incontrati nei gior­no scorsi?

Sono personalità qualificate e ben rappresentative dei firmatari del­la lettera A common word, i quali, a loro volta, rappresentano una fet­ta importante, anche se non esau­stiva, dell’intellighenzia islamica.

La creazione di questo Catholic­muslim forum sostituisce le altre forme di dialogo con altre realtà organizzate del mondo musul­mano già in campo da tempo?

Non vorrei che si possa dare l’im­pressione che il dialogo islamo-cri­stiano è iniziato con la lettera dei 138. Né che si esaurisce con esso. Non è così. E’ dal dopo Concilio che c’è questo dialogo istituziona­lizzato, che si articola anche con dei colloqui regolari con altre realtà islamiche. Due settimane fa, ad e­sempio, sono stato in Egitto a Al Azhar, la più autorevole istituzio­ne islamica. A fine marzo poi qui a Roma avremo un incontro con la World Islamic Call Society della Li­bia, in aprile avrà luogo sempre qui a Roma un colloquio con gli ira­niani, e a maggio saremo ad Am­man, per un incontro con il Royal Institute for Inter-Faith Studies.

Lei è stato criticato per ritenere che un dialogo teologico sia im­possibile tra cristiani e musulma­ni. Queste critiche le hanno fatto cambiare idea?

Faccio notare che il primo dei due sotto-temi che verranno discussi nel primo seminario su 'Amore di Dio, amore del prossimo' del Catholic-muslim forum che si terrà a novembre qui a Roma sarà dedi­cato proprio alle 'Fondamenti teo­logici e spirituali' di questo amo­re. Nessuna preclusione quindi.

Ha notato tra gli interlocutori i­slamici una intenzione seria di di­scutere anche temi riguardanti la libertà religiosa compresa la li­bertà di cambiare religione?

Anche in questo caso faccio nota­re che il secondo sotto-tema del prossimo incontro di novembre sarà 'la dignità umana e il rispet­to reciproco'. E mi sembra ovvio che la libertà religiosa, compresa la libertà di cambiare religione, fac­cia parte della dignità umana. Ma, anche se le sensibiltà su questo punto sono ancora diverse, mi sembra importante che nessun te­ma debba rimanere 'tabù' in un dialogo aperto e rispettoso dell’al­tro. Speriamo con frutto e con ri­cadute pratiche.

Come valuta l’imminente inau­gurazione di una chiesa, la prima, in Qatar?

È un gran bel segnale. Un gesto di rispetto da parte dell’emiro, che ha già manifestato la sua buona pre­disposizione verso i cristiani e i cat­tolici in porticolare anche allac­ciando i rapporti diplomatici con la Santa Sede. E’ anche un esem­pio da seguire da quei Paesi che ancora non permettono ai cristia­ni, e ad altri credenti, di poter ave­re un proprio luogo di culto. An­che se sono in centinaia di mi­gliaia.

Si riferisce all’Arabia Saudita?

Intelligenti pauca. I diritti umani, nella loro totalità, sono per tutti, dappertutto.

Recentemente in Olanda è esplo­so il caso di un film che paragona il Corano al Mein Kampf di Hitler. Cosa pensa a riguardo?

Non ho visto il film ovviamente. Ma se c’è questo paragone, lo giu­dico un paragone di grande volga­rità. Un conto è poter valutare in maniera razionale, obiettiva e 'cri­tica' alcuni aspetti di una religio­ne o alcune dichiarazioni di espo­nenti di questa religione, il che è ovviamente ammissibile. Un con­to però è offendere e irridere la sen­sibilità religiosa di un popolo con accuse generali o che toccano gli a­spetti più sacri di una religione. Questo è inammissibile. Lo abbia­mo ribadito anche nel comunica­to finale rilasciato dopo l’incontro avuto a Al Azhar, dove è stato cita­to quanto detto dal Papa al nuovo ambasciatore del Marocco nel 2006, e cioè: 'al fine di favorire la pace e la comprensione tra i po­poli e gli esseri umani, è neecssa­rio che le loro religioni e simboli siano rispettati, e che i credenti non siano oggetto di provocazioni che causano danno al loro impe­gno e ai loro sentimenti religiosi'.

Nella conferenza stampa succes­siva all’incontro della settimana scorsa uno dei partecipanti di par­te islamica ha criticato di nuovo il discorso del Papa a Ratisbona

Guardi, innanzitutto questa nuova fase del colloquio con i musulma­ni è dovuto proprio al discorso di Ratisbona.

Non tutti i musulmani hanno recepito il discorso di Rati­sbona in maniera negativa. Il rap­porto tra fede e ragione sarà pros­simamente oggetto di approfon­dimento con alcuni partner mu­sulmani del nostro dicastero. Poi il Santo Padre ha spiegato molto be­ne quale fosse una corretta inter­pretazione di quel discorso. Du­rante l’incontro di Al Azhar, per da­re un esempio, nessuno ne ha fat­to il minimo cenno.

Quale può essere la ricaduta di questa nuova fase del dialogo i­slamo- cristiano per le comunità cristiane del Medio Oriente?

Il problema è quello di sapere se questo nuovo clima di dialogo pas­serà dal livello teorico-intellettua­le a quello pratico, se cioè avrà del­le ricadute sul piano sociale e po­litico. Spero che ciò sarà un impe­gno comune.

Cosa pensa dell’ipotesi che uno scrittore islamico possa scrivere sull’Osservatore romano?

Mi sembra di aver capito che l’i­potesi potrebbe essere realtà tra pochi mesi. Ciò farebbe onore al­l’Osservatore Romano e allo scrit­tore che accetterebbe di far com­parire la sua firma sul quotidiano della Santa Sede. E sarebbe anche uno stimolo, un invito alla reci­procità, in modo tale che anche au­tori cristiani possano scrivere per pubblicazioni islamiche…

A proposito del principio della re­ciprocità. Ne avete discusso con i rappresentanti dei 138?

Certamente. Ne abbiamo parlato anche nel corso dell’incontro avu­to in Egitto ad al-Azhar. Abbiamo fatto presente che finora questo principio, nonostante alcune frasi del Corano che ne giustifichereb­bero l’applicazione, non viene sempre rispettato nei fatti. Speria­mo bene per il futuro.

© Copyright Avvenire, 13 marzo 2008

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