12 marzo 2008

I nodi cruciali della bioetica in Europa. Tra allarmi e tentativi di accordo (Laura Palazzani per l'Osservatore Romano)


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Tra allarmi e tentativi di accordo

I nodi cruciali della bioetica in Europa


di Laura Palazzani

Vicepresidente del Comitato nazionale
di bioetica (Italia)

La pluralità di prospettive, ma, al tempo stesso, l'esigenza di una seria discussione critica che consente di ritrovare punti minimi comuni. È questo lo sforzo della bioetica, oggi: lo sforzo di dialogare, anche a livello interculturale, per ricercare elementi di condivisione. Il confronto tra i Comitati etici nazionali in Europa costituisce un passo in questa direzione.

È quanto emerso a Lubiana nei giorni 28 e 29 febbraio, allorché si è tenuto, a cura del Comitato per la bioetica sloveno e della Commissione Europea, l'incontro dei Comitati etici europei - Nec Forum, Forum of National Ethics Councils - alla presenza dei membri dell'Ege (Gruppo per l'etica e il diritto delle scienze della vita e delle nuove tecnologie) - organo consultivo della Commissione europea - e del Cometh (Consiglio d'Europa).
Si tratta di un appuntamento giunto all'undicesima edizione: ogni sei mesi, nel paese di presidenza europea, il comitato nazionale locale, con l'aiuto della Commissione europea, organizza un incontro tra i rappresentanti di tutti i comitati etici in Europa. È un'importante occasione di confronto, di scambio di informazioni e di esperienze, di discussione sulle principali tematiche bioetiche emergenti, nell'ambito dei diversi paesi che portano il loro contributo in relazione alla specificità culturale, socio-politica, etica e giuridica. Cinque i temi affrontati: la produzione di cibo da animali clonati; il "doppio uso" delle nuove tecnologie; la ricerca responsabile nell'ambito delle nanotecnologie; il diritto alla tutela della salute in una società orientata al mercato; il dovere di assistenza nell'ambito della malattia terminale.
La questione della "clonazione animale e della produzione di cibo" è stata discussa a partire da un recente parere elaborato dal Gruppo europeo di etica. La clonazione animale è ormai una pratica diffusa: a fronte di tale situazione la US Food and Drug Administration sta valutando la possibilità di autorizzare l'introduzione sul mercato di cibo prodotto da animali clonati. Il gruppo Ege ha approfondito le problematiche etiche sottese, riguardanti principalmente: la sicurezza del cibo, essendo la sicurezza dei prodotti di consumo per l'uomo il prerequisito necessario per l'immissione nel mercato; la salute dell'uomo, ritenendo necessario approfondire e aggiornare le ricerche scientifiche nell'ambito delle implicazioni dirette o indirette sull'uomo; la tutela della salute e del benessere degli animali, nel rispetto delle linee guida internazionali che riconoscono l'esigenza di evitare nella misura del possibile la sofferenza degli animali in quanto individui senzienti; l'impatto sull'ambiente, ritenendo importante la difesa della biodiversità, ossia della eredità genetica nell'ambito delle specie animali. Per tali ragioni il gruppo Ege avanza "dubbi" sulla giustificazione etica dell'uso di animali clonati per la produzione di cibo, non ritenendo convincenti gli argomenti di chi sostiene - per ragioni principalmente economiche - tale uso. In ogni caso vengono richiamate alcune condizioni ritenute essenziali per una eventuale introduzione nel mercato di tale cibo: la documentazione e la rintracciabilità, ossia assicurare anche legislativamente la possibilità di risalire alla identificazione degli animali se necessario, oltre all'etichettatura che renda trasparente al pubblico l'origine del prodotto; la rilevanza dell'elaborazione di un codice di condotta per un agire responsabile nell'ambito dell'allevamento degli animali e della clonazione; l'importanza della promozione di un dibattito pubblico che stimoli una partecipazione sociale ai problemi che un aumento e produzione di cibo da animali clonati potrebbe produrre sull'uomo, sulla società e sull'ambiente.
Un secondo tema affrontato riguarda il cosiddetto "doppio uso" delle biotecnologie - in particolare le manipolazioni genetiche, le scienze cognitive e le neuro-scienze, le nano-tecnologie e le tecnologie informatiche - ossia un uso non solo a scopo diagnostico o terapeutico, ma anche a scopo non-terapeutico, al fine di trasformare l'uomo per realizzare il suo potenziamento "enhancement", ossia perfezionamento orientato a migliorare le potenzialità fisiche - aumentare quantitativamente la vita e migliorarla qualitativamente -, le possibilità cognitive e la sfera emotiva. Si definisce enhancement ogni tentativo, temporaneo o permanente, di superare le caratteristiche costitutive del corpo umano - ritenute "limitazioni" - mediante l'uso di tecnologie per selezionare o alterare le caratteristiche fisiche e le capacità mentali. Si tratterebbe dunque di un nuovo uso rispetto alle finalità tradizionali della medicina: non solo per guarire una malattia, ma anche per migliorare una condizione umana "oltre la terapia", - beyond therapy è divenuto il motto di tale orientamento di pensiero - superando il normal human range, ossia la condizione di "normalità umana". Si inizia a parlare di "post-umanesimo" e di "trans-umanesimo" in uno slancio verso il superamento dell'umano. Si potrebbero, ad esempio, usare medicine genetiche nello sport - gene doping - o per potenziare capacità intellettive - di apprendimento, memoria, intuizione - ma anche emotive - intervenendo neurologicamente sulle aree cerebrali in cui sono localizzati i sentimenti.

Tali nuovi scenari sollevano non pochi problemi etici e giuridici: i liberali-libertari ritengono che la ricerca debba essere promossa in questo ambito, lasciando un diritto di scelta individuale - è l'uomo che decide se usare o non usare le tecnologie migliorative - moderata la posizione di chi ritiene che la ricerca possa essere portata avanti, almeno fino a che non produca conseguenze negative sul piano sociale - il problema principale sarebbe l'aumento della ingiustizia sociale, in quanto aumenterebbe il divario tra coloro che sono malati e disabili e coloro che, già in condizione di salute, potrebbero migliorare le loro abilità fisiche e mentali. Altri ritengono che sia un male in sé orientare la ricerca in ambito non terapeutico e solo alterativo, in quanto può influire negativamente sull'uomo e sulla società, portando verso l'eugenismo e il "perfezionismo", ossia verso una discriminazione sempre più forte tra "migliori" e "peggiori", verso una società sempre più competitiva e sempre meno disponibile ad accogliere la disabilità e la debolezza.
Connessa all'enhancement è la questione delle "nanotecnologie". Si tratta di un ambito della ricerca scientifica e della applicazione tecnologica che riguarda la possibilità di intervento nell'ambito del corpo umano su scala dimensionale inferiore al micrometro: tecnologie microscopiche, difficilmente immaginabili, che consentono la produzione di particelle infinitesimali e nanomateriali introducibili e impiantabili nel corpo - possono anche sostituire parti del corpo - in grado di immagazzinare una altissima densità di dati e di svolgere funzioni predeterminate. Molte le prospettive: in ambito diagnostico e terapeutico - dispositivi impiantabili nel corpo per una diagnosi precoce di malattie o l'introduzione di materiali che migliorino la biocompatibilità con organi trapiantati - ma anche nell'ambito dell'informazione e comunicazione, nell'ambito alimentare, energetico, ambientale o della sicurezza. Da tempo si discute sulla necessità di una "ricerca responsabile" in tale settore, in quanto accanto ai vantaggi che l'uso delle nanotecnologie potrebbero prospettare, si delineano possibili rischi - riferiti all'uomo e all'ambiente - che necessitano di una riflessione bioetica prudente. La Commissione europea ha elaborato proprio su questo tema un "codice di condotta sulla ricerca delle nanoscienze e nanotecnologie" anche al fine di consentire un migliore dialogo tra scienza e società, per evitare sensazionalismi e timori infondati, ma al tempo stesso usufruire delle possibilità di tale recente ambito di studio per l'uomo e la sua salute.
Il quarto argomento affrontato riguarda il "diritto alla tutela della salute in una società orientata al mercato". Un tema di grande interesse in un mondo globalizzato, ove soprattutto in ambito sanitario, diviene sempre più evidente il divario tra paesi avanzati e paesi in via di sviluppo.

La bioetica, anche se nata in Occidente - ossia nell'area culturale che ha visto il rapido sviluppo della scienza e della tecnologia - si è sviluppata progressivamente in ogni paese, divenendo ormai un fenomeno mondiale: ma ogni cultura presenta problematiche bioetiche specifiche, rapportate al livello di sviluppo della scienza e della tecnologia, ma anche al contesto sociale, alle condizioni politiche ed economiche, oltre che etiche e giuridiche.

I paesi occidentali non dovrebbero solo occuparsi dei "propri" problemi suscitati dal progresso scientifico e tecnologico - orientato a garantire una sempre migliore tutela della salute nel sistema sanitario, in senso quantitativo e qualitativo - ma hanno anche un dovere morale di aiutare i paesi in via di sviluppo, che presentano problematiche diverse - il problema della fame e della povertà. In questo senso il concetto di "salute" va dilatato in una dimensione globale, nel tentativo di garantire un primario accesso alle cure di base per tutti, garantendo l'equità e l'uguaglianza universale. La tendenza della società occidentale di mercato verso la "economicizzazione" della salute e la managerializzazione della sanità, è una tendenza orientata alla competizione, alla massimizzazione dei benefici e alla minimizzazione dei costi, che inevitabilmente rischia di dimenticare la fragilità, escludere chi ha più bisogno, diminuire la coesione sociale.
La tendenza economicistica dei paesi occidentali diviene una corsa sfrenata verso la tecnologia più sofisticata e il migliore rendimento, dimenticando i più deboli, non lasciando spazio alla solidarietà nei confronti di chi, anche con una elementare tecnologia e un basso investimento economico, potrebbe sopravvivere. In questo senso sarebbe auspicabile una cooperazione sanitaria globale su basi umanitarie.
L'ultimo argomento trattato: il "dovere di assistenza nell'ambito della malattia terminale". La questione della scelta se curare, continuare le cure, limitare le cure, o non curare, di fronte a una situazione di malattia estrema, pone notevoli interrogativi di ordine bioetico. Si tratta di tentare di definire la sottile linea di confine tra "dovere terapeutico" - obbligo etico di intervenire a fini curativi - e "accanimento terapeutico" - tentativo di posticipazione inutile e sproporzionata, oltre ogni limite, della morte ormai imminente. Si tratta, ancora, di individuare quando la sospensione delle terapie sia doverosa eticamente e deontologicamente e quando invece si configuri come un atto eutanasico - intesa come anticipazione della morte naturale, allo scopo di alleviare le sofferenze. È un tema complesso in bioetica; data la vulnerabilità dei soggetti - in condizione di malattia, sofferenza, di prossimità con la morte -, il coinvolgimento psicologico delle famiglie e del personale sanitario, le implicazioni etiche e giuridiche di decisioni mediche, tecniche e assistenziali.

Le posizioni bioetiche sono divergenti: alcuni ritengono un dovere morale il rispetto della volontà del malato che determina individualmente i confini tra dignità e non dignità della propria vita; altri affermano che i malati non vanno mai abbandonati terapeuticamente, in quanto ogni condizione esistenziale della vita umana, anche se sofferente, merita di essere accudita - se non curando, almeno prendendosi cura di loro.

La doverosità delle cure palliative a fine vita solleva alcune ambiguità: tutti sono d'accordo a sostenere l'importanza della sedazione al fine di alleviare le sofferenze del malato - anzi, dovrebbe essere ritenuto un diritto del paziente quello di accedere alle cure palliative - il problema nasce quando le cure palliative vengono intese come una sedazione "profonda e terminale", la cui intenzione è quella di anticipare la morte - divenendo una forma di eutanasia nascosta.

(©L'Osservatore Romano - 13 marzo 2008)

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