3 marzo 2008
Una nuova pagina della storia salesiana (Francesco Motto per l'Osservatore Romano)
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Una nuova pagina della storia salesiana
Francesco Motto
Con il rapporto del Rettor Maggiore sullo stato della congregazione e la lettura del messaggio di Benedetto XVI, ha avuto inizio il ventiseiesimo capitolo generale della Società di San Francesco di Sales, l'organismo maggiore di governo e animazione degli oltre quindicimila salesiani sparsi in 128 paesi del mondo. Un capitolo generale è sempre un momento significativo della storia di una congregazione religiosa, in quanto in esso, qualunque sia il tema oggetto di comune riflessione, si procede a una rivisitazione del proprio essere e del proprio agire, in funzione del proprio futuro.
Si tratta anzitutto di individuare, nella esperienza storica del fondatore, i valori immutabili e permanenti, purificandoli da presupposti condizionanti e dalle strutture di qualunque genere che lungo il tempo ne sono state le tipiche espressioni. In secondo luogo si deve procedere al confronto tra quei valori fondanti e le categorie culturali del nostro tempo, per verificare se essi sono significativamente incarnati nelle nostre categorie concettuali e in una concreta missione, in continuità dinamica con la "memoria".
Lo stare "con don Bosco e con i nostri tempi" è infatti un progetto coltivato e continuamente rinnovato da un secolo, se già nel 1910, sia pure per un particolare contesto, venivano sintetizzate le istanze del momento nel motto, capovolto rispetto all'attuale, "Con i tempi e con Don Bosco".
Don Michele Rua, primo successore e poi beato, a meno di due anni dalla morte del fondatore, scriveva: "Noi dobbiamo stimarci ben fortunati di essere figli di un tal Padre. Perciò nostra sollecitudine dev'essere di sostenere e a suo tempo sviluppare ognora più le opere da lui iniziate, seguire fedelmente i metodi da lui praticati e insegnati e nel nostro modo di parlare e di operare cercare di imitare il modello che il Signore (...) ci ha in lui somministrato".
E di fronte a una incredibile espansione della società salesiana, ancora da ben delineare e stabilizzare dal punto di vista organizzativo e religioso, invitava a seguire don Bosco, "non solo quale padre da ammirare, ma un modello con cui confrontarsi e la norma con cui valutarsi".
Anche il secondo successore, don Paolo Albera (1910-1921), ha insistito sulla necessità dell'imitazione: "Leggiamo, studiamo con indefesso amore la sua vita, sforziamoci di imitarlo nel suo zelo ardente e disinteressato per la salute delle anime, nel suo amore e nella sua illimitata devozione alla Chiesa e al Papa, in tutte le virtù di cui ci ha lasciato tanti preclari esempi".
Don Rinaldi nel suo rettorato (1922-1931) aveva buon gioco nell'invitare i salesiani a conoscere meglio e a imitare don Bosco leggendo e meditando le fonti scritte ormai disponibili sul mercato, a iniziare dai numerosi volumi delle Memorie Biografiche, per arrivare al Sistema educativo, alla Vita dell'indimenticabíle Don Rua, il fedelissimo discepolo che ha saputo rendersi un altro Don Bosco imitandolo in tutto mentre gli viveva accanto.
Don Ricaldone (1931-1951) ebbe la sorte di organizzare le celebrazioni della beatificazione di don Bosco e di vivere da Rettor Maggiore le solennità per la canonizzazione (1934). Nella lettera su tali ultimi festeggiamenti romani faceva un appassionato appello a "conoscere don Bosco, a studiarlo per assicurarsi di battere fedelmente il cammino da lui tracciato", "di non discostarci dai suoi esempi". Lo ribadiva con forza l'anno successivo nella circolare-strenna Fedeltà a Don Bosco santo e se ne faceva maestro successivamente con la pubblicazione di una collana di testi per la formazione salesiana. Li riteneva tanto importanti al punto che "in caso necessario, è preferibile tralasciare di aprire una nuova Casa o di sviluppare un'Opera, dedicando invece il danaro alla traduzione e alla stampa di materiale salesiano (...) agendo in tal modo si sarà fatta opera di somma utilità alla Congregazione, alle vocazioni, alle anime".
Toccò a don Luigi Ricceri (1965-1977), il non facile compito di guidare la Congregazione nel periodo più critico dell'immediato postconcilio, con una Chiesa innovativa uscente dal Concilio Vaticano II, ma con un mondo attraversato da inediti fenomeni sociali (tra cui la determinante contestazione giovanile) e con una grave crisi vocazionale che colpiva anche la congregazione salesiana.
Sostenuta da Papa Paolo VI, nel 1965 la congregazione avviò un profondo processo di rinnovamento sulla base tanto di ricchissimi approfondimenti funzionali a ben tre capitoli generali - 19, 20, 21 - quanto di una copiosa produzione di studi salesiani che facevano avanzare di molto la storiografica agiografica dominante fino all'epoca.
Alla luce del decreto conciliare Perfectae caritatis che chiedeva "un incessante ritorno alle sorgenti di ogni forma di vita cristiana e allo spirito primitivo degli Istituti e nello stesso tempo un adattamento degli Istituti stessi alle mutate condizioni" don Ricceri lanciò nel 1969 tre perentori ed illuminanti inviti: Ritorno alle fonti, Conoscere Don Bosco, Aprirsi ai segni dei tempi. Uno degli esiti più duraturi del suo dodicennio fu il testo rinnovato, in prima versione sperimentale, delle Costituzioni e dei Regolamenti salesiani.
Don Egidio Viganò (1978-1995) continuò l'accomodata renovatio rivolgendo l'attenzione all'approfondimento della salesianità nell'alveo della Chiesa postconciliare. Domandò ai salesiani "convinzioni chiare e robuste, atteggiamenti evangelici originali, criteri pedagogico-pastorali, operosa inventiva e bontà di convivenza".
Un rinnovato atteggiamento di conciliazione della novità conciliare e della radicazione in Don Bosco e nella tradizione, testimoniavano le sue circolari: Rilettura della santità di Don Bosco - Il collaudo della sua Scuola spirituale, un'autentica "Scuola di santità". Proiettati invece verso un'innovazione più realistica e motivata erano altri scritti posteriori: La nuova evangelizzazione - Spiritualità salesiana per la nuova evangelizzazione - La Nuova educazione - Il nuovo Sistema Preventivo.
Approvate definitivamente le Costituzioni (1984), venne lanciato un nuovo progetto salesiano attraverso vari capitoli generali: il 23 (1990) approfondì la "missione giovanile e popolare", il 24 (1996) - iniziato con Rettor maggiore defunto, così come il successivo capitolo, dopo il breve rettorato di don Juan Edmundo Vecchi - studiò la partecipazione dei laici alla missione salesiana e il 25 (2002) la vita e l'azione della comunità salesiana.
Se don Vecchi ebbe modo di richiamare il tema della fedeltà creativa in varie circolari e in alcuni volumi scritti in collaborazione, l'attuale Rettor Maggiore, don Pascual Chávez Villanueva, già i primi mesi del suo mandato ha scritto di don Bosco come Padre da amare, modello da imitare, santo da invocare ma anche Insieme al vangelo, nostro criterio di discernimento e la nostra meta di identificazione.
Il futuro salesiano nasce dunque dal suo passato. "Ripartire da don Bosco" per i salesiani significa però domandarsi "ma quale don Bosco?" visto che del personaggio anche oggi esistono tante immagini, che talora ispirano, con qualche suo tratto, anche gruppi e movimenti ecclesiali recenti. Allora si è costretti a "ripartire dalla "vera" storia di don Bosco", da quella più attenta al contesto generale, da cui don Bosco ha ricevuto e a cui ha dato, da quella più pronta a capire il "suo" linguaggio da tradurre nel "nostro linguaggio", da quella che coglie tutti gli aspetti della sua personalità e della sua esperienza carismatica fontale. La sicura coscienza di tali radici non diventa condizionamento, qualora si sappia sceverare criticamente l'essenziale significato storico, sfrondandolo da libere e infondate interpretazioni soggettive; nello stesso tempo non si dovrà spezzare la continuità della società salesiana, pena la contemporanea sparizione del senso di tutto ciò che i suoi membri hanno fatto finora, la scomparsa del meglio del suo patrimonio culturale, storico, pedagogico, spirituale.
Don Bosco, come ogni fondatore, non deve dunque essere solo una reliquia del passato, preziosa fin che si vuole, ma un personaggio ancora vivo ed attuale. Lo si può incontrare a condizione di andare a riscoprirlo e a reinterpretarlo adeguatamente per i nostri giorni, nei quali le grandi trasformazioni sociali hanno spazzato via radici culturali, valori stabilizzati, spirito di comunità. Il capitolo generale 26, alla luce del rapporto del Rettor Maggiore sullo stato della congregazione a pochi anni dalla celebrazione del secondo centenario della nascita di don Bosco (2015), è chiamato a riflettere sui risultati delle 96 assemblee ispettoriali, confluiti nello "Strumento di lavoro". In questa non facile operazione sarà necessario aver coraggio e creatività, tradurre gli ideali in cammini pratici, in processi operativi fattibili, sull'esempio di un uomo di prassi illuminata, come don Bosco, di un uomo passato alla storia come grande promotore delle case di formazione come don Rinaldi, di un uomo di lungimiranti imprese - si pensi all'editrice Ldc e all'ateneo salesiano - come don Ricaldone, di un uomo dal profetico "progetto Africa" come don Viganò. La retorica delle parole che non diventano realtà di vita vissuta non sembra pertinente con la fedeltà a don Bosco, che in attesa di "far bene il bene" incominciò, confidando in Dio e in Maria, a "fare il bene come si può".
(©L'Osservatore Romano - 3-4 marzo 2008)
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