17 maggio 2008

Il Papa a Savona e Genova, città del declino dorato (Bobbio)


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Il Papa a Savona e Genova città del declino dorato

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Tanto è cambiato, non i numeri negativi di chi nasce, di chi emigra


Alberto Bobbio

Genova

Atterra nella regione più vecchia del mondo e poi raggiunge la città più anziana del pianeta. La Liguria e Savona hanno i capelli bianchi e pochi bambini. Qui la vita fa capriole al contrario. Nasce poco e quella che c'è è in crisi per via del lavoro che sparisce e per via dei sogni continui su nuovi futuri rilanci. Un Papa torna per la terza volta in Liguria. C'era stato due volte Giovanni Paolo II nel 1985 e nel 1990, quando Genova declinava per via dell'industria pesante, della crisi della siderurgia, delle bufere economiche che s'addensavano sul porto inchiodato dalla concorrenza e dalla globalizzazione. Genova ha perso quasi 40 mila operai dai tempi del cardinale Siri e delle sue strenue mediazioni per cercare di limitare i danni del lavoro e i drammi delle famiglie.
Quando il Papa domani sera raggiungerà in elicottero il santuario della Madonna della Guardia sorvolerà quella che una volta era chiamata la Manchester d'Italia, Valpolcevera, una fabbrica dopo l'altra, altoforni e accaio, l'indotto siderurgico che saliva fin sotto il santuario da Sampierdarena. Poi tutto è arretrato. Genova ha pagato le scelte nazionali sulla siderurgia e sulla cantieristica, ha perso lavoro e fiducia. La lanterna della Repubblica marinara che hanno chiamato Superba, si è spenta e oggi un lume sta faticosamente riaccendendosi. Si chiama polo tecnologico e cantieristico, aziende d'eccellenza, ma ancora di nicchia, che non bastano ad invertire un tred negativo che si trascina da troppi anni.
Osserva monsignor Luigi Molinari, capo di quei cappellani del lavoro inventati da Siri e mandati a tener vicini gli operai nelle fabbriche, esperienza ecclesiale unica al mondo, che nessun Paese del G8 ha subito una deindustrializzazione pesante come l'Italia e nessuna città è finita così male come Genova. Dall'ultima volta che è stato qui Wojtyla ha perso 200 mila abitanti, cifra impressionante. Né basta per rifare il tessuto la struttura urbana che è stata sanata, né sono sufficienti molti soldi spesi bene, da quelli per le Colombiadi dell'inizio degli Anni Novanta a quelli del G8 a quelli di capitale della cultura europea. È stato sistemato il centro storico, che è il più grande d'Europa, sono stati affrontati con successo molti problemi della sicurezza. Oggi di sera si può andare in giro tranquilli anche per i carrugi più stretti, quelli cantati da De André, ricoveri di poveracci, trappole di microcriminalità, cresciuta anche per via della crisi.
Genova è bella vista dal mare. Genova si squaderna a poco a poco, si scopre camminando, ricca di tesori artistici, che non ostenta. Hanno appena finito di sistemare il gran Duomo di san Lorenzo, architettura marinara, scintillante di bianco e di nero, l'Acquario porta folle di turisti ad accarezzare le razze. Ma non basta. Non basta il turismo, non basta la cultura. Genova è città di fabbriche. Genova ha una vocazione da riscoprire. Oltre le acque s'apre la globalizzazione, dietro le montagne s'affaccia l'Europa, l'Italia del nord, i commerci e le fabbriche. C'è Genova qui sotto e c'è Rotterdam in cima all'Europa. Ma Rotterdam funziona, Genova non ancora. Alcuni progetti prevedono che si buchino le montagne perché i traffici dal porto raggiungano l'Italia e l'Europa. Genova potrebbe essere porto per molti. Gli svizzeri ci tengono e continuano a sollecitare. Hanno fatto i tunnel sotto le loro montagne, aspettano che gli italiani facciano lo stesso sotto i monti liguri. Ma forse non è solo una questione di soldi e di volontà politiche.
C'è di mezzo il declino della gente, i numeri negativi di chi nasce, di chi emigra, perché il turismo e l'Acquario non bastano. Forse c'è di mezzo anche il declino della politica, con la bufera che si è abbattuta in questi giorni sul Comune, corruzioni e tangenti, assessori che si dimettono il giorno prima che arriva il Papa. Ma c'è di mezzo anche la paura del futuro. Genova l'anno scorso ha messo i fila 2.000 aborti e 500 nascite. C'è qualcosa che non va, dicono al Movimento per la vita. Viene il Papa e forse sarà occasione per riflettere. Ma c'è altro. Lo segnala Andrea Chiappori, capo della Comunità di Sant'Egidio, che anche a Genova sta sulla frontiera di molte povertà. Parla dei giovani, delle famiglie che faticano, degli anziani che hanno come unica compagnia le parrocchie. Loro hanno deciso di «regalare» al Papa una nuova casa alloggio per gli anziani.
Ma altri «regali» vanno nel senso dell'aiuto alla città, come la casa «Abbraccio di don Orione» per i neonati abbandonati, quelli di cui si occupa il Tribunale dei Minori. È la misericordia non solo a parole, quella che la Chiesa ligure pone alta sulla lanterna in questi giorni di visita del Papa. A Savona, dove Ratzinger passerà il pomeriggio di oggi e celebrerà la Messa, hanno deciso che tutte le offerte raccolte vadano alle popolazioni della Birmania provate dall'uragano.
Savona e Genova hanno lottato tanto molti secoli fa. Genova distrusse l'antica cattedrale di Savona e al suo posto costruì la fortezza di Priamàr. Oggi Savona si è presa una piccola rivincita, abbassando i prezzi dei servizi del porto e attirando qui le grandi navi da crociera che una volta calavano a Genova. Ma il turismo non basta. Serve di più per rilanciare la vita e per evitare il declino dorato della città più vecchia del mondo.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 17 maggio 2008

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