31 luglio 2008

Don Renner: «Curia poco incisiva contro il ranocchio. Il Papa sarà scettico. La strategia di Benedetto XVI contro i preti pedofili»


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«Curia poco incisiva contro il ranocchio Il Papa sarà scettico»

Don Renner: «I problemi della Diocesi sono la scarsa progettualità e la comunicazione poco franca»

BRESSANONE.

Dice don Paolo Renner che il Papa «avrà sgranato gli occhi», nel sentire della rana: ne avrà giudicato l’esposizione «inopportuna» e si sarà meravigliato «del fatto che una cosa simile sia potuta accadere nel cattolicissimo Tirolo».
Ma non solo: «Immagino che avrà chiesto al vescovo come si sia comportato, e sentirsi rispondere che la Diocesi ha emesso solo un comunicato non deve averlo soddisfatto granché. Credo si aspettasse qualcosa di più». Come al solito don Paolo Renner - teologo, vicepreside dello Studio Teologico e, per sovrapprezzo, brissinese d’adozione - affronta di petto le questioni.

Don Renner, come si svolge un dialogo tra un Papa e un vescovo? Come nasce, come si sviluppa?

Il nostro non è un vescovo qualunque, per il Papa. Quando Ratzinger era ancora cardinale è venuto moltissime volte qui in vacanza, aveva contatti, ha conociuto persone. Di molti dei 3500 vescovi magari non conosce il nome o la Diocesi di provenienza, ma col nostro ha una lunga frequentazione. Diciamo che si è trattato di riprendere un colloquio già avviato. Nessun imbarazzo o remora.

Qual è il «peso» di quanto accaduto? Il vescovo parla al Santo Padre «delle gioie e dei dolori» della Diocesi: a cosa porta un colloquio di questo tipo col Papa?

In generale direi che ci sono motivazioni diverse e concomitanti. Intanto un vescovo parla col Papa per informarlo della situazione della Diocesi. In secondo luogo lo fa per chiedere e ricevere conforto. Infine si tratta anche di uno scambio di opinioni con valore operativo. Il Papa richiama i valori fermi, traccia le linee guida, indica le opzioni forti per la conduzione della Diocesi. È un colloquio anche «di lavoro» perché sono entrambi vescovi: il Papa infatti è il vescovo di Roma.

E secondo lei come avrà affrontato i casi di cronaca - per esempio la della rana o i processi per pedofilia?

Posso immaginare che il nostro vescovo gli avrà illustrato i casi con molta diplomazia. Senza allarmismi, senza mettere la Diocesi in cattiva luce. E immagino che sentendo della rana il Pontefice abbia convenuto sull’inopportunità di esporre quella statua e abbia esternato il suo stupore di fronte al fatto che questa cosa non è successa a Milano o Bologna ma nel cattolicissimo Tirolo. Avrà sgranato gli occhi...

E basta?

Posso supporre che abbia chiesto al vescovo come si sia comportato, e forse sentirsi rispondere che la Diocesi ha solo diffuso un comunicato stampa non lo avrà soddisfatto. Immagino si aspettasse qualcosa di più.

E sui processi per pedofilia? Nei giorni scorsi, dall’Australia, papa Ratzinger era stato molto duro.

Il Santo Padre su queste vicende è stato molto chiaro fin dall’inizio del suo pontificato, esigendo chiarezza e prendendo adeguate misure disciplinari.

Ricordo solo il caso di padre Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo (ordine potentissimo e dal nome cupissimo, che inizia a fare proseliti anche da noi), sospeso da tutti gli incarichi e consegnato a vita privata in seguito a una serie di accuse di pedofilia.
Questa è la sua linea e sicuramente l’avrà ribadita anche al nostro vescovo: fare chiarezza, essere lineari, cercare di prevenire e non di tamponare.

La Diocesi lo sta facendo?

Negli ultimissimi anni, e sottolineo negli ultimissimi, la Curia sta intervenendo ai primi segnali e prende misure disciplinari chiare e rapide. Ha mandato il messaggio che la tolleranza è connivenza. E la chiarezza fa sempre bene, sia nei casi di colpevolezza che in quelli di innocenza - come sono convinto sia quello che riguarda la nostra Diocesi.

Il vescovo ha parlato al Papa della rana e dei processi ma anche di altri «dolori»: le famiglie, le vocazioni. Secondo lei quali sono i problemi principali della nostra diocesi?

Il più importante è riuscire ad avere una progettualità, che ora è carente. Poi bisogna riavvicinare i giovani, che si stanno allontandando in massa - e anche quelli tedeschi, smentendo il luogo comune che il problema riguarda soprattutto gli italiani (dove invece la risposta vocazionale è più alta). Infine bisogna svecchiare certe dinamiche e favorire la comunicazione interna. Nella nostra Curia si preferiscono le dichiarazioni soft, si rifiutano le comunicazioni che esprimono crisi o disagi. Invece dovremmo favorire la franchezza se non vogliamo perdere i treni che la storia ci presenta.

Incontrerà il Papa?

No, per chi abita di fronte al Seminario le difficoltà sono troppe, non possiamo nemmeno uscire a gettare l’immondizia... Starò a Merano. Auguro al Papa vacanze di grande relax. E spero che scriva il secondo libro su Gesù, sui misteri pasquali. (m.r.)

© Copyright Alto Adige, 30 luglio 2008

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