28 luglio 2008

Dal sottosuolo di San Paolo fuori le Mura riemerge la storia. Un monastero in lotta col fiume (Osservatore Romano)


Vedi anche:

SAN PAOLO E ANNO PAOLINO

Il 19 ottobre il Papa al santuario di Pompei (Malafronte)

L'attesa di Bressanone: servizio di Skytg24

Mons. Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone: «Attendiamo le parole del Papa» (Gasperina)

Un anno da passare con l'apostolo Paolo sul comodino (Osservatore Romano)

Domani il Papa a Bressanone. Esauriti i biglietti per i due Angelus, altre tre occasioni per "incrociare" il Pontefice (Adige)

Benedetto XVI da domani a Bressanone. Il vescovo Egger: «Custodi della sua serenità» (Rosoli)

ANGELUS: TRASCRIZIONE DEL SALUTO RIVOLTO DAL SANTO PADRE AI FEDELI RIUNITI ALL'ESTERNO DEL PALAZZO APOSTOLICO DI CASTELGANDOLFO

Angelus di oggi: un ringraziamento a Telepace, Sat2000 tronca il collegamento sulla voce del Papa...

Il Papa entusiasta: "La Gmg era come un mosaico multicolore, formato da ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte della terra"

Benedetto XVI in vacanza con la gatta Milly ovvero ciò che i media volutamente ignorano...

Le origini tirolesi di Joseph Ratzinger: i ricordi del fratello Georg (da Gelmi Josef, „Die Päpste mit dem Namen Benedikt“)

Joseph Ratzinger e Bressanone: i ricordi del dott. Johannes Messner

GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' SYDNEY 2008: LO SPECIALE DEL BLOG

Dal sottosuolo di San Paolo fuori le Mura riemerge la storia

Un monastero in lotta col fiume

di Giorgio Filippi
Archeologo dei Musei Vaticani
e Lucrezia Spera
Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana

Lo scavo nell'orto del monastero di San Paolo fuori le Mura, eseguito dai Musei Vaticani e dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana a partire da novembre 2007 con il contributo finanziario dei "Patrons of the Arts in the Vatican Museums" - del quale ci siamo occupati in queste pagine nel numero del 6 aprile 2008 - offre oggi, a pochi giorni dalla sua interruzione, elementi di novità per la conoscenza del complesso sulla via Ostiense.
Nell'area indagata, posta a sud della basilica di San Paolo e mai precedentemente oggetto di perlustrazioni archeologiche, si è portata alla luce una fitta sequenza di strutture murarie appartenenti a epoche diverse, dall'età tardoantica al basso medioevo (v-xv secolo), esito del progressivo ampliamento e potenziamento del complesso di edifici sorti intorno al santuario paolino e noti dalle fonti letterarie ed epigrafiche. Queste permettevano di ricostruire molto sommariamente la progressiva urbanizzazione della zona, testimoniando in particolare l'esistenza di case per i poveri e i pellegrini, terme e due monasteri, uno femminile dedicato a santo Stefano e uno maschile dedicato al martire di Terracina Cesario; un lungo portico con colonne partiva dalla porta Ostiense e per circa quattro chilometri fino al santuario paolino accompagnava il percorso dei numerosi pellegrini giunti a Roma per "toccare" le tracce del cristianesimo dell'età apostolica. Nella seconda metà del ix secolo Papa Giovanni viii predispose di proteggere tale agglomerato di edifici con poderose mura, ratificando così la nascita della Johannipolis, la "città di Giovanni", come il borgo viene nominato nei documenti medievali.
Le evidenze tornate alla luce consentono di proporre un inquadramento cronologico sulla base delle tipologie murarie, del progressivo addossamento delle costruzioni, dei dati deducibili dai materiali - monete, ceramica, vetri, metalli, bolli laterizi - contenuti nelle stratigrafie archeologiche. La successione degli interventi monumentali e gli sviluppi dell'insediamento si presentano fortemente condizionati dal profilo geomorfologico del sito, che in antico digradava con accentuati dislivelli dalla rupe detta "di san Paolo" e dalla via Ostiense, a est, verso ovest e dall'area occupata dalla basilica, a nord, verso sud, formando un'ampia depressione senza barriere alle continue inondazioni del Tevere.
La prossimità del corso fluviale - che fino agli importanti lavori di arginatura del secolo scorso predisponeva l'area a continui e facili impaludamenti - e la presenza di una falda acquifera - a circa tre metri di profondità rispetto al pavimento della basilica e senza dubbio rintracciata anche dalle costruzioni altomedievali - rendevano la zona di difficile insediabilità e solo la grande forza attrattiva della tomba apostolica e del grande edificio creato per contenerla spiega l'immane impegno edilizio per potenziare il santuario e aggregare a esso le strutture imprescindibili per le sue funzioni primarie: il culto e la liturgia, la vocazione cimiteriale, in risposta al desiderio di essere inumati presso il sepolcro paolino, l'assistenza e l'ospitalità.
Gli organismi più antichi privilegiano ovviamente settori in posizione più rilevata. La struttura individuata presso l'angolo nord-est dell'area di scavo è di età non posteriore al v secolo e consiste in un blocco angolare di muratura piena di mattoni di forma quadrangolare, probabilmente addossata alle fondazioni della basilica, presso il quale corre un canale di adduzione idrica. Il minimo settore evidenziato del monumento - che si auspica di poter complessivamente recuperare con ricerche future - impone cautele su ipotesi precise di identificazione, ma i caratteri delle murature si prestano a una possibilità di correlazione con uno degli importanti interventi di restauro o di nuova edificazione promossi nel complesso della via Ostiense da Papa Leone Magno (440-461) e da Simmaco (499-514), costruttore di case per i poveri (habitacula pauperibus) e di un balneum.
L'insieme più organico di strutture è costituito da un impianto di eccezionale estensione, nel quale non può non riconoscersi il monastero che compenetrò la sua storia a quella del santuario paolino e che, nel medioevo, aveva riunito i due cenobi paleocristiani di Santo Stefano e di San Cesario. La preziosità della scoperta è ulteriormente accresciuta dalla considerazione che dei cinquantasei monasteri noti dalle fonti a Roma entro il ix secolo, dentro la città e fuori le mura, presso i santuari più importanti di San Pietro, San Paolo, San Lorenzo e San Sebastiano, non vi erano, fino ad oggi, riscontri archeologici.
Di questo macroscopico insediamento lo scavo ha portato alla luce due grandi ambienti addossati al più antico manufatto murario già descritto, un lunghissimo corridoio pavimentato con lastre di marmo, che si prolunga a sud, oltre i limiti dell'area di scavo, e una grande sala di dieci metri per quindici, destinata forse a refettorio. In essa è di particolare interesse la presenza di un pozzo, singolarmente realizzato con il riutilizzo per l'imboccatura della parte sommitale di un grande dolio della prima età imperiale - sul bordo si legge il marchio del produttore, Q(uintus) Tossius Ingenuus e il numerale di capienza del vaso - e in pietrame eterogeneo nel resto della struttura. Il muro occidentale di questo ambiente separava lo spazio costruito da un'area ad aperto cielo: addossato alla faccia esterna di questo, infatti, vi sono resti consistenti di un'importante attività di cantiere, organizzata mediante la creazione di una serie di vasche quadrangolari per la lavorazione della calce e pozzolana, segnale di importanti attività costruttive promosse dal monastero.
Gli ambienti descritti sono contraddistinti da opere murarie peculiari per lo straordinario riuso di materiale eterogeneo (tufi, mattoni, marmi di varie dimensioni), funzioni e provenienza, un modo di costruire che inizia ad attestarsi a Roma non prima del vii secolo e durante i primi decenni dell'viii, periodo al quale può essere dunque riferita tale fase edilizia del monastero di San Paolo. I medesimi caratteri costruttivi segnano anche una monumentale struttura porticata a ovest dell'area di scavo, in linea con la facciata della basilica, che doveva prolungarsi a nord fino alla connessione con il quadriportico e proseguire anche a sud, come rivela il prolungamento, ancora interrato, delle strutture individuate; l'eccezionale organismo è l'esito di almeno due fasi costruttive, la prima segnata da un lungo stilobate continuo con grandi basi marmoree (se ne conserva una a sud) e dal muro di delimitazione ovest, costruito con uso accentuato di materiale di spoglio. In un momento successivo si effettuò una ristrutturazione dello spazio mediante la creazione di due spallette in muratura, in mattoni e blocchi di riuso, entro le quali venne posto un nuovo stilobate rialzato, sormontato da tre colonne delle quali permangono in situ le basi marmoree di riuso.
L'interesse della costruzione è riposto anche nella serrata serie di rifacimenti pavimentali, riconoscibile nella sovrapposizione di almeno sei livelli di preparazione per le lastre, intervallati da strati di terra e limo, segno delle continue inondazioni cui questa parte dell'insediamento, più prossimo al Tevere, dovette essere esposta. La diffusa presenza della falda, invece, impose per la porticus come per gli ambienti del monastero la costruzione di muri di notevole spessore negli alzati, ma con fondazioni non troppo profonde, abilmente impermeabilizzate con vespai di pozzolana.
L'attività archeologica ha portato anche a importanti acquisizioni di materiali mobili. In corso di scavo sono stati inventariati novecento reperti archeologici di particolare rilevanza che comprendono monete, marmi architettonici, iscrizioni e numerosi frammenti di sarcofagi pagani e cristiani, taluni di pregio artistico; tra i sarcofagi paleocristiani notevole interesse rivestono il frammento di cassa con l'arresto di Pietro e quello con la scena della risurrezione di Lazzaro, databili alla metà del iv secolo, e la lastra con figura di apostolo con rotolo di età teodosiana.
Si aggirano intorno alle ottomila unità invece i reperti ceramici e vitrei e i metalli, che testimoniano, come gli altri materiali, le ininterrotte fasi di vita del sito dal i secolo dell'era cristiana fino ad oggi, nell'altalenante uso, riuso e accumulo, volontario e involontario, di tutti i materiali, compresi quelli di risulta, ai quali è legata, per fattori di ordine geomorfologico e ambientale, la storia e la necessaria sopravvivenza del sito, le cui potenzialità insediative nel corso dei secoli dipesero dalla possibilità di fare fronte alle alluvioni del Tevere, mantenendo intatto il luogo consacrato dalla presenza della tomba apostolica.
A nessuno sfuggirà che i dati di conoscenza storica finora acquisiti, e in particolare quelli riferibili al secolo v, inducono a sperare in un proseguimento delle indagini che peraltro si proporrebbero come un evento di non secondaria importanza in occasione dell'anno celebrativo di san Paolo.

(©L'Osservatore Romano - 27 luglio 2008)

Nessun commento: