19 settembre 2008

Gli attacchi anticristiani in India mettono a rischio la democrazia (Osservatore Romano)


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L'intervento dell'arcivescovo di Delhi sul propagarsi delle violenze

Gli attacchi anticristiani in India mettono a rischio la democrazia

New Delhi, 18. "Le violenze e il terrore in Orissa e in altri Stati dell'India non sono soltanto un problema di rispetto delle minoranze, ma coinvolgono il futuro della democrazia nel Paese": è quanto dichiarato in un'intervista all'agenzia Asia News dall'arcivescovo di Delhi, Vincent Michael Concessao. Per il presule "è molto triste che mentre l'India emerge sulla scena mondiale come una potenza, all'interno cresce l'intolleranza religiosa e le violazioni dei diritti umani". E ha aggiunto: "La comunità internazionale e i leader mondiali che credono nella democrazia dovrebbero opporsi e condannare queste rozze violazioni dei diritti costituzionali. Il problema in gioco non è solo la difesa delle minoranze, ma quello del futuro della democrazia". L'arcivescovo ha parlato a seguito dei crescenti episodi di intolleranza avvenuti negli ultimi giorni.
Gli attacchi anticristiani in India, infatti, si stanno estendendo dall'Orissa a sempre più Stati del Paese. L'allarme viene dalla Catholic Bishops' Conference of India (Cbci). Oltre all'Orissa, sono il Karnataka, il Madhya Pradesh e il Kerala, le aree di maggiore tensione, dove i fondamentalisti indù agiscono senza apparenti scrupoli e senza incontrare forti resistenze. Si moltiplicano infatti le testimonianze di religiosi e religiose vittime delle violenze. Come riferiscono diverse fonti locali è oltremodo difficile controllare l'evolversi della situazione viste le difficoltà di collegamento soprattutto con i villaggi sparsi nelle zone remote del Paese: i luoghi preferiti dai fondamentalisti per agire indisturbati.
L'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, Raphael Cheenath, ha dichiarato all'agenzia Ucanews che "l'unico modo per tenersi in contatto con i sacerdoti e le suore è utilizzare il cellulare". Il telefono è anche lo strumento utilizzato dai fedeli per tenersi in contatto e lanciare l'allarme preventivo che permette di fuggire dagli aggressori, come osserva anche il portavoce dell'arcidiocesi, padre Dibakar Parichha, che sottolinea come "senza i cellulari, ci sarebbero stati molti più morti". Il portavoce ha specificato che negli ultimi giorni, sono state bruciate almeno dodici case appartenenti a cristiani. I profughi cristiani dunque sono periodicamente braccati e riescono a rimanere in contatto e a chiedere aiuto solo grazie ai telefoni portatili.
Il presidente della Cbci, il cardinale Varkey Vithayathil, ha nuovamente espresso dolore per gli attacchi, affermando che rappresentano "la manifestazione della crescente intolleranza di certi settori della società, che sfidano apertamente i diritti costituzionali dei cittadini di questo Paese". Il porporato ha poi lanciato un appello: "Chiediamo loro di smettere di provocare le minoranze cristiane e di proseguire nel cammino di dialogo e dignità al momento di affrontare le questioni sociali, religiose e politiche".
La Chiesa che è in India ribadisce che da parte dei cristiani non c'è stata alcuna provocazione e che risulta, inoltre, infondata l'accusa di fare del proselitismo soprattutto tra le persone che abitano nei villaggi. I presuli evidenziano che "la comunità cristiana finora si è comportata in modo pacifico, anche in situazione di provocazione estrema". E tuttavia aggiungono: "Questo atteggiamento non deve essere interpretato come una forma di debolezza, ma come opzione preferenziale per i principi di una convivenza civile". Anche l'accusa di proselitismo appare inaccettabile visto che "la comunità cristiana continua a offrire i suoi servizi a tutti i settori della società indiana senza alcuna discriminazione". Per i vescovi le accuse infondate di conversioni fraudolente sono dovute agli interessi di gruppi impegnati a polarizzare la società in base alle credenze religiose e, concludono, "noi come cittadini responsabili dell'India, non soccomberemo a queste tattiche che cercano la divisione".
L'arcivescovo di Bangalore, Bernard Blasius Moras, ha chiesto in una nota che i cristiani si tengano uniti in questo momento difficile: "È giunto il momento per i cristiani - ha affermato - di unirsi e di crescere nella loro forza". Proseguono anche gli sforzi per mantenere vivo il dialogo: ne è esempio il recente incontro svoltosi a Bhubaneswar, la capitale dello Stato dell'Orissa, dove trecento cristiani, induisti, buddisti e musulmani hanno evidenziato la necessità di garantire maggiore sicurezza alla comunità cristiana.

(©L'Osservatore Romano - 19 settembre 2008)

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