19 settembre 2008

Mons. Fisichella: «Così portai dal Papa la mia amica Oriana Fallaci. Fuorvianti i commenti della stampa su quell'incontro» (Sacchi)


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«Così portai dal Papa la mia amica Oriana»

di Matteo Sacchi

nostro inviato a Lodi

Monsignor Rino Fisichella si è presentato, ieri, di fronte al pubblico di «Da Donna a Donna», il festival internazionale di letteratura e creatività al femminile che la città di Lodi organizza da quest’anno per valorizzare la scrittura in rosa.
Per la prima volta ha deciso di raccontare il suo rapporto epistolare e di amicizia con Oriana Fallaci. Quello che è stato di conforto alla scrittrice nei suoi mesi più difficili, quelli in cui «l’Alieno», come lo chiamava lei, non le dava più tregua e tra i suoi desideri restava solo quello di poter incontrare il Santo Padre, quel Joseph Ratzinger che lei apprezzava soprattutto come intellettuale e come teologo.
Un carteggio di cui, ieri, il Giornale ha pubblicato in anteprima ampi e inediti stralci.
Seduto nei Giardini dell’episcopio, Fisichella ha raccontato il suo rapporto con Oriana. Lo ha fatto con l’emozione, quasi il pudore, di chi dopo averci a lungo meditato ha deciso che questo rapporto personale abbia qualcosa da insegnare al prossimo, che questa testimonianza non sia relegabile nell’ambito del privato. Cosi il rettore dell’Università lateranense di fronte a una piccola folla, tra cui c’erano anche alcuni dei suoi vecchi professori, ha iniziato a raccontare.
A partire da quella prima lettera di Oriana del giugno 2005 in cui chiedeva di incontrare «zitta zitta» Sua Santità: «Tutto è nato da un’intervista al Corriere... All’inizio mi dava del “lei”... era una donna profondamente in ricerca, lo è sempre stata. Questa volta era alla ricerca del senso della propria vita. Voleva delle risposte ed essendo intelligente voleva risposte razionali... Io ho provato a farle accettare il mistero della vita. La nostra amicizia è andata avanti così, è stata un tentativo di avvicinarla al mistero. Che è cosa profondamente diversa dall’enigmaticità. Cercavo di avvicinarla al fatto che il “da dove vengo” e “il dove vado” costringono ad accettare altre categorie.
Dopo la prima visita a Roma osai mettere una dedica a un mio libro sul Mistero, e glielo regalai. Mesi dopo la sua morte, quando suo nipote Edoardo me lo restituì, mi accorsi che Oriana aveva messo post-it e sottolineature dappertutto... Con tanti punti esclamativi e tanti punti di domanda. Era questo il senso del discorso tra me e lei».
Poi Fisichella racconta dell’incontro con il Papa, quel Papa che una Fallaci allo stremo considerava come un baluardo contro il dilagare dell’Islam.
«Io penso che tutti quanti comprenderete che quando un sacerdote incontra una persona può dire alcune cose e non altre...

Io racconterò solo quello che può servire a fare del bene. Quello che posso dire e che molti dei commenti di allora da parte della stampa furono fuorvianti. Io mi interessai perché Oriana andasse dal Santo Padre. Avvenne alla fine di agosto... Lei si riempì di entusiasmo ma anche di una strana timidezza.

Aveva intervistato tutti ma non aveva mai intervistato un papa. E questa poi non era un’intervista, voleva conoscerlo e partecipargli alcuni suoi timori».

Ma l’emozione, spiega Fisichella non fu solo da parte di Oriana: «Il Papa fu molto paterno. La visita andò oltre i venti minuti canonici... Oriana portò con lei Lettera a un bambino mai nato e un libro di Ratzinger sull’Europa tutto sottolineato».

Poi, accompagnata dalla lettura delle lettere, la memoria di Fisichella ricostruisce i momenti salienti di un rapporto umano profondissimo. La rabbia per una lezione saltata al Laterano, i viaggi di Fisichella a New York, il «lei» che diventa «tu», il «Monsignore» che diventa «Rino».
Il momento doloroso della morte della madre di Monsignor Fisichella e la toccantissima lettera che gli inviò Oriana. E su questo punto gli occhi si arrossano. Poi parla della volontà della scrittrice di non «convertirsi», del fatto che però voleva che lui le tenesse la mano nel momento estremo. «Lei secondo me cercava Dio. Se mi chiedete se si è convertita io devo essere sincero... non si è convertita nel senso proprio del termine... però cercava Dio.
Mi ha anche regalato la sua icona della Madonna, mi ha imposto di metterla sopra il mio letto. Io penso sempre in questi casi a un’espressione di Ignazio Silone: “Dimmi credi? No però spero”. Ecco io ho forte questa dimensione».
Poi leggono l’ultima lettera, quella in cui la Fallaci dice a Fisichella: «Mi dispiace molto morire... ma il dispiacere più grosso è averti trovato così tardi... Da un anno sei tu la mia famiglia...».
E lui si commuove di nuovo. Poi dice: «Oriana è stata un grande dono, un dono che non mi sarei aspettato. Mi ha insegnato molto sul potersi avvicinare agli altri. Che si incontra Dio quando lui a deciso di incontrarci».
Quando lo raggiungiamo alla fine dell’incontro e gli chiediamo che cosa gli sia rimasto nel cuore di Oriana, Fisichella dice: «Su Oriana è stato già detto tutto. Però il suo coraggio mi ha insegnato tanto.

Ha affrontato tutto e nello stesso modo ha affrontato la morte, l’ultimo nemico. Lo ha fatto senza paura ed è questo che credo si debba ricordare. Non aveva paura, cercava risposte... Ed è in questo suo porsi delle domande che io credo sia il senso ultimo della sua vicenda umana. La morte è il limite dell’esistenza, ma anche l’elemento che le ha consentito l’ultima sfida...».

E quando proviamo a tornare sull’argomento su cui la stampa si è accanita di più, l’incontro con il Papa: «Quell’incontro è stato letto in modo fuorviante. Non c’entrava la politica. Niente di tutto questo. Oriana voleva incontrare una persona che sentiva di stimare. Quello che vedeva come un alleato per difendere l’identità culturale europea. Vedeva in Ratzinger un baluardo».

© Copyright Il Giornale, 19 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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