2 gennaio 2008
«La famiglia è la culla della vita e della pace» (Rondoni per "Avvenire")
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DAVIDE RONDONI
Quando inizia l’anno, c’è la festa di Maria. Come se fosse un appoggio per iniziare, per sperare davvero. Così che gli auguri non siano solo lievi auspici. La festa di una donna che è madre di Dio. Che è come dire una cosa incredibile. Come fa una donna, e vergine, ad essere madre dell’Eterno? Mistero dei misteri. La Chiesa ha piantato la memoria di questo mistero dei misteri all’inizio di ogni anno. A ogni inizio normale, consueto degli anni e del tempo, c’è la memoria dell’inizio più inconsueto. Così il tempo solito, che si misura e si distende nei soliti giorni, è da subito segnato, aperto, dalla presenza più insolita, dalla faccenda più grande che sia mai esistita. Dall’avvenimento che ha dato un altro inizio alla storia del mondo.
Ma il Papa nell’omelia di ieri ha fatto, se si può dire, un passo in profondità. Ha ricordato perché la festa di Maria è stata posta, ad un certo punto, all’apertura dell’anno. E poi è entrato nel cuore di quell’inizio. È entrato a guardare nel cuore di Maria. Esiste luogo, esiste spazio, spettacolo più misterioso del cuore di Maria? Il cuore di Gesù, in un certo senso, lo conosciamo. S’è così tutto aperto. Tutto mostrato, e piagato, per noi. Il cuore di Gesù s’è spaccato e ha fatto vedere cosa c’era dentro. Quale passione per gli uomini. E quale disponibilità a suo Padre. Nel vangelo sappiamo che Lui parla sempre 'con il cuore'. Il che non vuol dire sentimentalmente. Il cuore per gli antichi – e specie per il popolo ebreo – non era una specie di spugna dei sentimenti. Non era il cuore banale di cui parlano ormai tutte le pubblicità, tutti i politici, tutti gli slogan di quest’era sentimentale e tragica.
No, il cuore era il segreto di ogni uomo. La sua personalità di affetto e intelligenza. La sua costituzione interiore, la finestra da cui guardava il mondo. Gesù ha mostrato il suo cuore. Ne ha mostrato il grido e il silenzio. L’allegria e l’implorazione. Di quello di Maria sappiamo poco, pochi cenni nel racconto. E il Papa ha voluto ieri guardare il cuore di Maria. Il cuore dell’inizio.
Tra le altre cose, ha ricordato il senso delle parole che il vangelo riferisce su di lei. Lei assisteva agli eventi della vita di Gesù e 'serbava queste cose meditandole nel suo cuore'. Il Papa andando alla originale versione greca del racconto, traduce quel meditare con 'metteva insieme', e sottolinea con delicata precisione il senso di 'scoperta' che doveva abitare il cuore di Maria nel mettere insieme i segni di un grande mistero. Come dire che la sua mediazione di fronte a Gesù era un mettere insieme i segni. Era, in definitiva, l’atteggiamento di chi sta scoprendo un disegno mentre gli si mostra. Lei, che ne era la madre, scopriva il Figlio. Come noi, prima di noi. Il suo cuore era un cuore dunque sorpreso. Continuamente sorpreso dall’approfondirsi, dal chiarirsi dell’inizio.
Maria sta dunque al principio dell’anno non come una specie di statua sul portale. Non si tratta solo di onorarla mentre si passa sotto l’arco del passaggio dei giorni. Non c’è da fare solo una riverenza alla Donna più onorata nei secoli. Si tratta di conoscere e sperimentare il suo stesso cuore. Quel 'mettere insieme' ragionevole e stupefatto che è il tratto vero di ogni vita cristiana.
La speranza e la pace si nutrono così. Non grazie a slogan o a programmi impeccabili. Ma in cuori che in un Volto presente, familiare, riconoscono la grandezza, e il significato del tempo.
© Copyright Avvenire, 2 gennaio 2008
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