19 marzo 2008

Il Papa e il Dalai Lama si appellano al dialogo. Che penseranno ora tutti coloro che, in questi giorni, hanno avuto il coraggio di criticare il Papa?


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Tibet, il Papa e il Dalai Lama si appellano al dialogo

Criticato ingiustamente per non aver espresso la sua posizione sulla situazione drammatica che sta vivendo, in questi giorni il Tibet, il Papa ha finalmente parlato nell'udienza generale di questa mattina. "Dialogo" il desiderio espresso dal Sommo Pontefice. Richiesta che, a centinaia di chilometri dal Vaticano, faceva anche il Dalai Lama.

di Emanuele Ercoli

Chissà cosa penseranno adesso tutti coloro che, in questi giorni, hanno avuto il coraggio di criticare il Papa per non essere intervenuto a sostegno dei dissidenti tibetani, ingiustamente torturati dal Governo cinese. Non sono bastate, infatti, le varie motivazione espresse dal portavoce vaticano, il quale spiegava che il Sommo Pontefice preferiva aspettare un po' prima di esprimere la sua opinione, soprattutto in virtù del fatto che in Cina, cosa spesso dimenticata, il culto del cristianesimo è ancora considerato illegale.

Nell'udienza di questa mattina, finalmente Benedetto XVI ha rotto il solenzio. Il Papa ha espresso "tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone" in Tibet ed ha auspicato che venga scelta la strada del dialogo. "Con la violenza i problemi si aggravano", ha proseguito.

"Seguo con grande trepidazione - ha spiegato Benedetto XVI al termine dell'udienza generale - le notizie che in questi giorni giungono dal Tibet. Il mio cuore di padre sente tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone. Il mistero della Passione e della morte di Gesù, che riviviamo in questa settimana santa, ci aiuta ad essere particolarmente sensibili alla loro situazione", ha aggiunto. "Con la violenza - ha ammonito - non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano. Vi invito - ha terminato il Pontefice - a unirvi a me nella preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce, che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza".

Ironia della sorte, proprio mentre a Roma riecheggiava l'appello papale, dal suo esilio di Dharamsala, nel nord dell'India, il Dalai Lama proponeva di riprendere il dialogo con Pechino, sospeso da quasi due anni. "Rendiamoci conto che viviamo fianco a fianco, dobbiamo parlarci", dichiarava il portavoce del leader tibetano, Tenzin Takhla. Il Dalai Lama, infatti, ha ricevuto oggi i leader del Tibetan Youth Congress (Tyc) e di altri gruppi politici che reclamano l'indipendenza, per invitarli a mettere fine alla violenza. Sia la regione Autonoma del Tibet che le altre Prefetture Tibetane rimangono chiuse ai giornalisti e a tutti gli osservatori stranieri.

Secondo il venerabile Lama Paljin Tulku Rinpoce, monaco buddista di tradizione tibetana, nonché fondatore e guida spirituale del centro studi tibetani Mandale di Milano, le parole del Santo Padre sulla situazione delle popolazioni tibetane sono estremamente importanti. "La dichiarazione di Benedetto XVI è una dichiarazione che un'autorità religiosa e spirituale non può esimersi dal fare perché la non violenza fa parte di tutte le tradizioni religiose e quindi è ben venuta perché trova sulla stessa lunghezza d'onda tutti coloro che oggi sono in ansia per la situazione del popolo tibetano. Siccome i buddisti credono nella preghiera - ha proseguito il monaco - ci auguriamo che, insieme alla dichiarazione del Papa, tutti i cristiani del mondo possano trovarsi uniti in un momento di intensa spiritualità mandando energie positive perché gli auspici di coloro che vogliono risolvere la questione tibetana si possano avverare. Il mio messaggio - aggiunge il Lama - è che non soltanto non si dimentichi il popolo tibetano ma non si dimentichino tutti coloro che a causa della violenza soffrono. Il modo migliore per sostenere queste popolazioni è quello della preghiera che possa costituire la base per un rinsavimento delle genti. Chiudiamoci nella nostra interiorità e preghiamo per quanto siamo capaci di fare perché questo darà senz'altro un risultato".

Da Pechino, per ora, i segnali non sono incoraggianti. Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha affermato di avere le prove che le manifestazioni della scorsa settimana a Lhasa sono state "fomentate e organizzate dalla cricca del Dalai Lama". "La Cina è impegnata in una lotta per la vita o la morte", ha tuonato, da parte sua, il segretario del Partito Comunista del Tibet, Zhang Qingli. Insomma, sembra proprio che la strada del dialogo sia lastricata da cattive intenzioni.

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Attendiamo con ansia la reazione dei giornali di domani.
Sono curiosa di leggere che cosa avra' da scrivere il direttore del Riformista, Antonio Polito, per il quale il Papa "pensava solo ai suoi".
Leggeremo anche Galeazzi e gli articoli del Corriere e di Repubblica che hanno dato molto spazio alle polemiche relegando ad un misero trafiletto l'appello del Papa per l'Iraq.
Spero di non dover leggere l'enorme e colossale bugia secondo cui Benedetto XVI avrebbe parlato pressato dai media perche' chi dovesse fare un'affermazione del genere dimostrerebbe di non conoscere per niente Joseph Ratzinger o di essere in assoluta malafede
.
R.

P.S. Avete notato che i siti web dedicano sempre meno spazio al Tibet? Fatico a trovare l'evolversi della situazione. Ho letto che le truppe cinesi si stanno muovendo lungo il confine. Come mai la notizia non apre i notiziari online?
Spero che il Tibet non venga lasciato a se stesso solo perche' diminuiscono le "fonti di polemica".
Sarebbe una vera tragedia per tutti
.
R.

1 commento:

mariateresa ha detto...

Cara amica e cari amici, leggo adesso il bilancio delle notizie del giorno (Tibet).
Cosa volete che aggiunga? Tutto come da copione.
Pazienza, amici e amiche. Sono tre anni che ne abbiamo piene i cosiddetti.
Il meccanismo, ormai oliato, è questo:
- un lancio d’agenzia nient’affatto obiettivo, anzi con un bel cucchiaio a imboccare i minchioni e a catechizzare le masse (non solo le agenzie nazionali, ma anche quelle internazionali, vedi Ratisbona)
- la ripresa nel sito web, praticamente intonsa
- l’editoriale prevedibile come le emorroidi dopo il pepe (scusate la franchezza, ma è per capirci meglio).
Ormai è così, è inutile sperare in qualcosa di diverso, anche da adesso in poi. Ognuno alla fine deve guadagnarsi il pane. E non può inventarsi delle linee editoriali personali.
Quello che invece dà da pensare, sono i rischi, che giustamente Raffaella segnala, a livello diplomatico. E qui la Sala Stampa vaticana è bene che stia ben sveglia e che trovi delle modalità di risposta istantanea o quasi. Sennò sono dolori. Perché qui, chi orchestra la commedia, utilizza anche i ritardi , nei suoi giochini a imbesuire la gente.
Se il nostro piccolo e bellissimo blog informa così velocemente, a maggior ragione , devono farlo loro. DRIIINNNN!!!! Sveglia!!
Il gioco in atto non è limpido, almeno , secondo me è evidente.
E’ accaduto , di tutto e di più, e accadrà, questo è sicuro. Certo noi che vogliamo bene a papa Benedetto, siamo forse ipersensibili. Tuttavia,dopo aver bevuto un’abbondante camomilla, avete praticato la respirazione yoga, avere contato fino a 100, sono arrivata alla conclusione che i giornaloni, sono tutti uguali e che ne è possibile avere le palline (biglie da gioco) piene della loro informazione.
Quindi stiamo svegli e non facciamoci illusioni.
Ma a parte questo, devo dire che questo blog , in tutte le sue parti è bellissimo,
E che noi di tutta questa sceneggiata mediatica, ce ne facciamo un baffo.
PS: Mio marito, un cattolico creativo non praticante , si trova ultimamente piuttosto in accordo in me e mi ha detto “Ma perché vi arrabbiate? E’ come schiacciarsi i cosiddetti fra una porta e lo stipite.”
Lui condivide i nostri argomenti ma non capisce il nostro accanimento affettivo.
Invece, in questo accanimento affettivo io credo molto.
Un abbraccio a tutti e tutte.