3 maggio 2008
Mary Ann Glendon: "La dignità della persona in equilibrio tra diritti e doveri" (Osservatore Romano)
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Il rilevante ruolo dei Paesi latinoamericani nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
La dignità della persona in equilibrio tra diritti e doveri
Si è svolto a Roma all'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" il forum "Latin America International Human Rights Project: Yesterday, Today and Tomorrow". Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento dell'Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede.
di Mary Ann Glendon
Nell'autunno del 1914 si intravede, finalmente, la fine della guerra in Europa. La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica cominciano a pianificare le politiche del periodo post-bellico. (...) L'idea che fra gli obiettivi delle Nazioni Unite potesse esserci la tutela dei diritti dell'uomo era però ben lontana dalla mente delle maggiori potenze. Nella bozza della proposta i diritti umani erano citati una sola volta e incidentalmente.
La questione poteva quasi considerarsi chiusa, ma due mesi prima la conferenza di San Francisco, che si tenne nell'aprile del 1945, alcuni membri delle delegazioni latinoamericane avevano partecipato a un incontro dell'organismo predecessore dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa) a Chapultepec, in Messico, nell'ambito del quale i partecipanti alla conferenza di San Francisco venivano invitati ad adoperarsi per includere una dichiarazione transnazionale dei diritti nella Carta delle Nazioni Unite.
La decisione presa in Messico ebbe ampie ripercussioni. In occasione della conferenza di fondazione delle Nazioni Unite il gruppo latinoamericano e caraibico costituì il più ampio blocco di nazioni, venti su cinquanta. (...) Ma che cosa stava accadendo in America Latina a quel tempo per ispirare tanto interesse per i diritti umani? In primo luogo numerosi Paesi latinoamericani stavano tentando di superare gli assolutismi di destra e di sinistra per approdare a una democrazia costituzionale. Almeno dieci di essi avevano riscritto le proprie costituzioni negli anni Quaranta e cinque negli anni Trenta. Ad esempio, Cuba aveva adottato una costituzione democratica nel 1940, e aveva destituito il suo leader corrotto Fulgencio Batista nel 1944. Purtroppo, Batista riprese il potere nel 1952 con l'aiuto delle forze militari e sospese tutte le garanzie costituzionali. Tuttavia, nel 1945, Cuba stava vivendo un interludio di speranza. Fu in grado di inviare all'incontro di San Francisco un brillante ed eloquente giovane democratico, il trentenne Guy Pérez Cisneros. All'apertura della conferenza, i delegati di Cile, Cuba, Messico, Panama e Uruguay si impegnarono per includere una dichiarazione sui diritti umani nella Carta delle Nazioni Unite, in conformità con la risoluzione adottata due mesi prima a Chapultepec. Quello sforzo fu contrastato dalle maggiori potenze e alla fine fu abbandonato. Tuttavia il gruppo latinoamericano passò velocemente a un'altra strategia. Unendo le proprie forze a quelle di Paesi da poco indipendenti come le Filippine e il Libano, reindirizzarono gli sforzi a garantire che la Carta riflettesse almeno un serio impegno per la tutela dei diritti umani.
Anche su quel fronte, incontrarono resistenze. Le reazioni andarono da un'iniziale mancanza di entusiasmo da parte degli Stati Uniti all'aperta ostilità dell'Unione Sovietica e di potenze coloniali quali la Francia e la Gran Bretagna. Tuttavia, a metà strada si verificò una svolta quando cominciarono ad arrivare dall'Europa le prime fotografie dei campi di concentramento da poco liberati. Quelle rivelazioni suggerirono agli Stati Uniti di riconsiderare la propria posizione e il gruppo latinoamericano colse l'occasione. Entro il termine della Conferenza, i diritti umani furono menzionati non una sola volta, ma sette nella Carta delle Nazioni Unite accanto a un impegno a creare una commissione apposita.
Quindi il primo modo in cui i Paesi latinoamericani contribuirono a plasmare il moderno progetto per i diritti umani fu semplicemente sollevare la questione a San Francisco, formando un fronte unito, trovando alleati e insistendo nonostante la dura opposizione dei Paesi più potenti del mondo. (...)
Uno dei primi compiti assegnati alla nuova Commissione per i Diritti Umani fu quello di preparare una dichiarazione dei diritti dell'uomo in una forma accettabile da parte di membri delle Nazioni Unite. Nella Commissione, composta da diciotto membri, l'America Latina era rappresentata dai delegati di Cile, Uruguay e Panama. Il membro cileno, Hernán Santa Cruz, fu scelto per il piccolo comitato di otto persone responsabile della redazione vera e propria della bozza. (...)
Su raccomandazione di John Humphrey, Direttore della Divisione delle Nazioni Unite per i Diritti dell'uomo, il comitato prese a modello due iniziative latinoamericane che si stavano svolgendo in quel periodo. Una di queste era la proposta che a breve divenne la Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell'Uomo, nota come Dichiarazione di Bogotá. (...)
La Dichiarazione di Bogotá era scritta in una particolare forma di linguaggio legale che non si poteva facilmente definire individualistica o collettivistica. La concezione dei diritti che essa incarnava, una concezione che doveva molto al pensiero sociale cattolico, ebbe un grande richiamo per numerose culture.
Diversi modi di procedere si sono registrati nel tempo e hanno generato linguaggi diversi, ognuno rappresentativo di una visione specifica dei diritti umani. Uno di questi è stato influenzato dalla retorica della rivoluzione statunitense del 1776 e dai filosofi politici anglo-americani. È informato da una certa quantità di diffidenza per il governo e pone una forte enfasi sulla libertà e sull'iniziativa individuali. Un altro linguaggio si è formato nel continente europeo ed è influenzato dalla retorica della rivoluzione francese e dai pensatori dell'Illuminismo continentale. Questo concede uno spazio maggiore all'uguaglianza e alla fraternità assieme alla libertà, modula diritti e doveri e considera il governo sotto una luce più positiva, garante non solo di diritti, ma anche di tutele per i bisognosi.
Queste due concezioni dei diritti hanno trovato un punto di convergenza in modo molto interessante in America Latina, dove molti Paesi, al tempo dell'indipendenza, mantennero i sistemi di diritto civile europei e presero in prestito alcune idee dalla Costituzione statunitense. In seguito, integrarono quell'amalgama di idee con tutele per i lavoratori e i poveri e con altri principi derivati dalla dottrina sociale cattolica.
Quelle caratteristiche, prese insieme, resero il documento panamericano un modello molto attraente per una dichiarazione delle Nazioni Unite che intendeva essere universalmente applicabile. Innanzitutto, fu il primo esempio della tendenza costituzionale del XX secolo di combinare le libertà politiche e civili di "prima generazione" con i diritti di "seconda generazione" relativi alla giustizia sociale. Infatti, la Storia mostra che contrariamente a quanto si suppone ora, i sostenitori più zelanti dell'inserimento dei diritti sociali ed economici nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non furono affatto i rappresentanti del blocco sovietico, ma i delegati dei Paesi latinoamericani, in particolare il cileno Santa Cruz, un uomo di sinistra che ciononostante raramente votò con il blocco sovietico. L'idea di giustizia sociale della maggior parte di quelle persone era ispirato più dagli insegnamenti sociali di Leone XIII nella Rerum novarum e di Pio XI nella Quadragesimo anno che dal pensiero marxista. Non si concentrarono sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, ma sulla dignità del lavoro e sull'opzione preferenziale per i poveri.
Un'altra caratteristica che donò al documento panamericano un grande fascino fu l'enfasi posta sul fatto che i diritti sono soggetti a doveri e a limitazioni. Il fatto che fosse una Dichiarazione sui diritti e sui doveri le permise di avere una vasta eco anche nelle tradizioni non occidentali. I delegati cinesi e indiani, per esempio, tenevano molto al fatto che la dichiarazione universale non separasse i diritti dai doveri. Diversamente l'unica volta che la parola "dovere" appare nei documenti fondanti degli Stati Uniti è il riferimento al dovere contenuto nella Dichiarazione di Indipendenza di rovesciare un governo tirannico.
Senza dubbio il contributo latinoamericano è stato uno dei principali fattori che hanno impedito alla Dichiarazione delle Nazioni Unite di cadere nelle trappole o di un eccessivo individualismo o di un eccessivo collettivismo. Ciò ha contribuito a far guadagnare consenso a un'organizzazione delle Nazioni Unite che già nel 1948 includeva rappresentanti di sei nazioni asiatiche e di nove Paesi in cui era predominante la cultura islamica.
Per questi motivi la Dichiarazione delle Nazioni Unite, nella sua forma attuale, differisce notevolmente dagli strumenti angloamericani relativi ai diritti, soprattutto per l'inclusione dei diritti politici e civili. Al tempo stesso differisce anche dalle Carte in stile sovietico per la forte enfasi che pone sulle libertà civili e politiche e per il riconoscimento dell'importanza delle strutture intermedie fra Stato e cittadino.
Questa storia spiega anche il motivo per cui la Dichiarazione delle Nazioni Unite ha diverse caratteristiche che non sono presenti né nella Costituzione degli Stati Uniti né nelle costituzioni socialiste del XX secolo: la diffusa enfasi sulla "dignità intrinseca" e sul "valore della persona umana", l'affermazione che la persona umana è "dotata di ragione e di coscienza", il diritto del lavoratore a una retribuzione equa per se stesso e per la sua famiglia, il riconoscimento di quest'ultima quale "nucleo naturale e fondamentale della società" che ha diritto a essere "protetta dalla società e dallo Stato", il diritto primario dei genitori a scegliere l'educazione dei figli, la disposizione per cui la maternità e l'infanzia hanno diritto "a speciali cure e assistenza". (...)
L'influenza latinoamericana continuò quando la Commissione per i Diritti Umani presentò la bozza della dichiarazione perché fosse rivista da un comitato delle Nazioni Unite molto più ampio, composto da rappresentanti di tutte le nazioni. A quel tempo, l'autunno del 1948, i paesi membri erano cinquantotto. Tuttavia, i rappresentanti latinoamericani costituivano ancora il gruppo più ampio e utilizzarono la propria influenza.
La Dichiarazione di Bogotá dei diritti e dei doveri dell'uomo era stata adottata all'inizio di quello stesso anno e alcuni delegati latinoamericani che non avevano partecipato alla stesura della bozza della Dichiarazione delle Nazioni Unite avrebbero voluto rimandarla al comitato perché la confrontasse riga per riga con il documento di Bogotà. La proposta fu rifiutata e alcuni delegati cominciarono a proporre emendamenti per avvicinare il più possibile la bozza delle Nazioni Unite a quel testo.
Questa attività preoccupò i sostenitori della Dichiarazione, i quali sapevano che qualsiasi ritardo avrebbe giocato a favore dei sovietici, che erano contrari al testo ma non volevano opporvisi pubblicamente. Inoltre, i sostenitori della Dichiarazione, temevano che, con l'inasprirsi della Guerra fredda il progetto sarebbe stato affossato per sempre se non fosse stato portato a termine nella sessione del 1948.
Fra i più preoccupati c'era il direttore della Divisione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, John Humphrey, che nelle sue memorie ha fatto riferimento agli sforzi dei Paesi contrari alla Dichiarazione come alla "minaccia di Bogotá". "Molto intelligente, Pérez Cisneros ha utilizzato ogni strumento procedurale per raggiungere il suo obiettivo. I suoi discorsi erano adorni di filosofia sociale cattolica e, a volte, sembrava che i protagonisti nella stanza della conferenza fossero i cattolici romani e i comunisti, questi ultimi al secondo posto", aggiunge in proposito parlando del delegato cubano Guy Pérez Cisneros. Nei suoi diari privati, pubblicati dopo la morte, Humphrey diede sfogo alla propria esasperazione. Riferendosi a Pérez Cisneros come a un uomo che "combina la demagogia con la filosofia sociale cattolica romana" disse che il cubano "avrebbe dovuto bruciare all'inferno" per aver rallentato le procedure. Il povero Humphrey non comprese mai quanto della dottrina sociale cattolica avesse egli stesso apportato alla Dichiarazione Universale! Questo perché, per sua stessa ammissione, aveva attinto più dai documenti latinoamericani che da qualsiasi altra fonte, quando preparava il materiale.
Hernán Santa Cruz, che con Humphrey condivideva il senso di urgenza della situazione, alla fine persuase Pérez Cisneros del fatto che se la Dichiarazione doveva essere adottata da tutti, bisognava andare avanti il più velocemente possibile. Sottolineò che gran parte della Dichiarazione si era già basata sulla bozza di Bogotá, che era stato estremamente faticoso per la Commissione pervenire a un testo accettabile da una vasta gamma di culture e che un documento che avrebbe dovuto essere applicabile universalmente non poteva essere una copia esatta della dichiarazione panamericana.
Un numero di importanti cambiamenti furono apportati durante i dibattiti dell'Assemblea Generale per l'ostinazione dei delegati latinoamericani. Grazie a Minerva Bernardino della Repubblica Dominicana, nel preambolo si fece speciale menzione della parità di diritti fra uomini e donne. Grazie a Pérez Cisneros, il riferimento alle necessità particolari delle famiglie fu inserito nell'articolo sul diritto a un tenore di vita adeguato. Su richiesta dell'ecuadoriano, l'articolo 9 fu modificato per includervi la tutela contro l'esilio arbitrario. Inoltre, su istanza del Messico, fu aggiunto un nuovo articolo che adottava l'istituzione conosciuta in Spagna come amparo (ricorso contro le violazioni dei diritti fondamentali).
Infine, il 10 dicembre 1948, la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo fu approvata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite all'unanimità (nonostante alcune astensioni del blocco sovietico, dell'Arabia Saudita e del Sudafrica). Contrariamente alle previsioni degli scettici che dubitavano del valore di un documento non vincolante, la Dichiarazione mostrò rapidamente il suo grande fascino divenendo un modello per la maggioranza degli strumenti legislativi relativi ai diritti nel mondo, più di novanta, secondo le ultime stime. Divenne anche il principale punto di convergenza retorica per il movimento internazionale per i diritti umani del dopoguerra. Oggi, è il più importante punto di riferimento per i dibattiti sui diritti umani a livello internazionale.
I contributi dell'America Latina alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo sono stati significativi. Tuttavia, per evitare incomprensioni, si deve sottolineare che, certamente, ci sono state molte altre fonti di influenza su quello storico documento.
Oggi, sessanta anni dopo l'approvazione della Dichiarazione innanzitutto, essa dimostra in modo incoraggiante che gli esseri umani non vengono semplicemente sballottati dalle onde della storia, ma possono fino a un certo punto, influenzare il corso degli eventi mediante la riflessione e la scelta. Gli uomini e le donne che hanno redatto la bozze degli strumenti relativi ai diritti dopo la seconda guerra mondiale non erano degli ingenui ottimisti. Tuttavia, il realismo non ha impedito loro di lavorare per arrivare al giorno in cui un piccolo nucleo di principi, tanto fondamentali per la dignità umana da poter essere definiti universali, sarebbe stato accettato da ogni nazione come un modello comune per misurare il proprio e l'altrui progresso.
Oggi, in misura impressionante, quel sogno è divenuto realtà. È vero che esistono discrepanze vistose fra le pratiche di molti Stati e i principi ai quali essi hanno ufficialmente aderito, ma non è un risultato mediocre che la stragrande maggioranza delle nazioni abbiano formalmente accettato un insieme comune di principi come diritti umani fondamentali. Come ha dichiarato Benedetto XVI il 18 aprile nel suo discorso alle Nazioni Unite: "Il merito della Dichiarazione Universale è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno a un nucleo fondamentale di valori, e, quindi, di diritti".
A livello nazionale, sebbene ancora ci siano molte cose da ottenere, si sono verificati cambiamenti importanti: in primo luogo sotto l'influenza del principio di uguaglianza, le opportunità per le donne e per i membri dei gruppi di minoranza di ottenere una piena partecipazione alla vita politica ed economica si sono molto estese. Negli anni Ottanta, inoltre, la Dichiarazione è divenuta il principale punto di riferimento dei movimenti per i diritti umani che hanno portato alla pacifica caduta dei regimi totalitari nell'Europa dell'est e al collasso dell'apartheid in Africa. La Dichiarazione continua poi a contribuire a mantenere i riflettori accesi su abusi che in passato sarebbero stati ignorati oppure considerati affari propri della nazione in cui avvengono. Oggi, infine, il testo è il principale punto di riferimento comune per i dibattiti interculturali su come pianificare il futuro umano in un mondo sempre più interdipendente.
È importante ricordare il contributo dei Paesi latinoamericani, sia perché va riconosciuto il lavoro di quanti si sono impegnati in questo senso, sia perché l'idea di dignità che ha ispirato così tanti strumenti relativi ai diritti dopo la seconda guerra mondiale è oggi minacciata. Come ha ammonito Benedetto XVI nel suo discorso alle Nazioni Unite, esistono alcune tendenze che, se incontrollate, rischiano di minare i fondamenti morali e culturali da cui in definitiva dipendono tutti i diritti.
In particolare il Papa ha messo in guardia sia contro la diffusione di approcci relativistici e selettivi ai diritti universali, sia contro "pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione e di comprometterne l'intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari".
Una delle mie speranze è che questa conferenza promuova la riappropriazione e il ripristino della tradizione latinoamericana dei diritti. Se ci permettiamo di sognare un po', possiamo sperare che essendo stati già una volta capaci di impedire che la Dichiarazione Universale cadesse negli eccessi del libertarismo o del collettivismo, i latinoamericani possano ancora una volta aiutare il movimenti per i diritti umani a rimanere fedeli al proprio scopo di promuovere "migliori livelli di vita in una più ampia libertà".
(©L'Osservatore Romano - 2-3 maggio 2008)
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