6 aprile 2007

Rassegna stampa del 6 aprile 2007


Cari amici, devo ammettere che sono molto, ma molto, delusa dalla lettura dei giornali di oggi.
Mi sarei aspettata fior di articoli e di editoriali di omaggio al Papa che ieri ha parlato di "sporcizia nella Chiesa" e dei rotoli di Qumran. Invece? Poco o nulla, a parte "Il Corriere", "La Stampa" e "Libero", fra i quotidiani consultabili al mattino!!!
Una riflessione: si accusa il Papa di ficcare il naso nella politica italiana (e non e' vero!), ma quando fa omelie prettamente teologiche non gli si dedica lo spazio che meriterebbe.
Per non parlare di Marco Politi che ieri sera, a Controcorrente di sky, ci ha deliziati con chicche antiratzinger formidabili. Ma ne parleremo in un altro post.
Ammetto la mia ignoranza: non so molto dei rotoli di Qumran, ma mi riprometto di effettuare una ricerca
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Raffaella


Vedi anche:

Il coraggio di Papa Benedetto

Un Papa animalista nella Messa in coena Domini

Un nuovo sport: "sparare" su Ratzinger

Rassegna stampa del 6 aprile su "Gesu' di Nazaret"


Il pasto coi Dodici sarebbe avvenuto il giorno prima della festa ufficiale

MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Benedetto XVI rilancia la questione dei rapporti di Gesù Cristo con la comunità essena di Qumran. E nello stesso tempo «sposa» una tesi di avanguardia per risolvere il problema dell’ultima Cena. Lo ha fatto ieri pomeriggio, nella sua omelia a San Giovanni in Laterano, durante la messa della lavanda dei piedi, detta «in Coena Domini». Nel racconto dei Vangeli, c’è un problema che ha tormentato gli studiosi per due millenni. San Giovanni racconta infatti che Gesù morì sulla croce precisamente nel momento in cui, nel tempio, venivano immolati gli agnelli pasquali. «Ciò significa, però, - ha detto papa Ratzinger - che Egli morì alla vigilia della Pasqua e quindi non poté personalmente celebrare la cena pasquale, questo, almeno, è ciò che appare». Secondo i tre Vangeli sinottici, Matteo, Marco e Luca, invece l’Ultima Cena di Gesù fu una cena pasquale, come quella che gli ebrei erano soliti consumare alla vigilia della festa. Una contraddizione apparentemente «insolubile», ha detto Benedetto XVI.
«La scoperta degli scritti di Qumran ci ha nel frattempo condotto ad una possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità». Infatti Gesù avrebbe celebrato la Pasqua, con la cena, non secondo il calendario lunare ufficiale, ma secondo il calendario solare che era seguito a Qumran dagli esseni, questa misteriosa comunità che ha alimentato e ancora nutre la curiosità degli storici. «Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima – ha detto il Papa - l’ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio». È la tesi avanzata da una studiosa francese, Annie Jaubert; e anche se molti specialisti la rifiutano, altri la considerano affascinante. A questo punto si riaprirebbe però un interrogativo: quali erano i rapporti di Gesù con gli Esseni, e con Qumran, che non vengono mai citati nel Nuovo Testamento? Uno studioso tedesco, Ruckstuhl, afferma che «non è escluso che già i genitori di Gesù celebrassero a volte le feste ebraiche con gli esseni». E certamente le parole del Papa daranno nuovo vigore ai fans dell’ipotesi di un «Gesù esseno».

La Stampa, 6 aprile 2007


«L'agnello era lui Gesù non lo mangiò»

di CATERINA MANIACI

«Siamo ora in grado di dire che quanto Giovanni ha riferito è storicamente preciso. Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell'ora dell'immolazione degli agnelli. Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima - l'ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio. Gesù dunque ha celebrato la Pasqua senza agnello - no, non senza agnello: in luogo dell'agnello ha donato se stesso, il suo corpo e
il suo sangue». Il Papa sta celebrando la messa "nella cena del Signore", la messa del Giovedì Santo e della lavanda dei piedi, nella basilica di San Giovanni in Laterano, e pronuncia l'omelia. Da teologo parla del senso della Pasqua, del rito ebraico, poi dei rotoli di Qumran e degli esseni. Pronuncia le parole sopra riportate e spiega, da esegeta, che la scoperta di Qumran ha risolto la contraddizione fra i Vangeli di Giovanni e quelli di Matteo, Marco e Luca. I rotoli danno ragione a Giovanni, secondo il quale Gesù veniva crocifisso nel momento stesso in cui nel Tempio erano sacrificati gli agnelli pasquali, dunque «la sua morte e il sacrificio degli agnelli coincisero». Secondo gli altri tre Vangeli invece prima avvenne la cena pasquale tradizionale, durante la quale «Egli inserì la novità del dono del suo corpo e del suo sangue». «Questa contraddizione», spiega il Pontefice, «fino a qualche anno fa sembrava insolubile. La maggioranza degli esegeti era dell'avviso che Giovanni non aveva voluto comunicarci la vera data storica della morte di Gesù, ma aveva scelto una data simbolica per rendere così evidente la verità più profonda: Gesù è il nuovo e vero agnello che ha sparso il suo sangue per tutti noi». Tuttavia, spiega Ratzinger, nel corso del Novecento è intervenuta una scoperta che ha contribuito a chiarire il quadro degli eventi: «La scoperta degli scritti di Qumran ci ha nel frattempo condotto ad una possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità». Quindi ecco la prova della storicità del Vangelo di Giovanni, spiegata, appunto, attraverso «il calendario di Qumran», dunque, in sostanza, l'influsso della comunità degli esseni dimostra la storicità dei Vangeli. Perciò non esiste alcuna concessione alle svariate teorie che dilagano su Gesù semplice esponente del gruppo degli esseni e quindi unicamente uomo, non Figlio di Dio. Anzi, il Papa ribalta l'idea, tanto per intenderci, ribadita nel best-seller "Inchiesta su Gesù" di Corrado Augias e Mauro Pesce. Spieghiamo che cosa sono questi famosi rotoli di Qumran e chi erano gli esseni. Nel 1947 in alcune grotte del deserto di Giuda, a Khirbet Qumran, vicino al Mar Morto, furono casualmente scoperte da un giovane pastore alcune giare contenenti antichi manoscritti. Erano il prodotto della comunità religiosa ebraica degli esseni, appunto, che abitò quella regione fino al 70 d.C. Avevano abolito ogni proprietà personale e, di quanto producevano o possedevano in comune, facevano baratto. Dediti ai lavori di agricoltura, di apicoltura, di allevamento, e di artigianato, alternavano ore di attività con momenti di preghiera. Contrari alla violenza e attenti al rispetto degli animali, che non sacrificavano, rifiutavano di essere arruolati e di fabbricare armi, professando l'uguaglianza di tutti gli uomini. Alcuni studiosi hanno suggerito che Gesù fosse un esseno, e che il cristianesimo nacque da questa comunità. Secondo altri studi più puntuali Giovanni il Battista viene considerato come un ottimo esempio di esseno che aveva abbandonato la vita comunitaria. Senza contare che i rotoli del Mar Morto hanno dato vita anche a thriller tra religione e mistero, come, tra gli ultimi, "L'Ultimo testamento" di Philip De Roy.

Libero, 6 aprile 2007


Notti di preghiera attendendo la veglia pasquale

di CATERINA MANIACI

È cominciato il Triduo pasquale: il ruolo di Roma quale centro della cristianità è più che mai evidente in questo momento, con le celebrazioni che si susseguono a ritmo serrato. Tre sono i luoghi che rappresentano il cuore della Pasqua: la basilica di San Giovanni in Laterano, il Colosseo e, ovviamente, San Pietro. Ieri, dunque, il Triduo - i tre giorni della Pasqua - è cominciato celebrando la Messa "In Coena Domini". Il Papa ha lavato i piedi a dodici uomini, gesto simbolo di servizio che ripete quello compiuto da Gesù verso gli apostoli nell'ultima cena celebrata a Gerusalemme. Durante la messa celebrata a San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma, Benedetto XVI ha ripetuto così il gesto della lavanda dei piedi, nei confronti di dodici laici in rappresentanza delle aggregazioni laicali della diocesi di Roma. Oggi è il giorno della rievocazione dolorosa della Passio Christi, la passione di Cristo: il Venerdì Santo. Simbolicamente la Passione, con la morte di Gesù, vengono rievocati nella Via Crucis condotta dal Papa nel Colosseo, laddove si è consumata la persecuzione di migliaia di cristiani e la morte di uomini e donne solo perché schiavi e relegati al ruolo di "divertimento" per i giochi romani. Il testo della celebrazione quest'anno è stato affidato al noto biblista Gianfranco Ravasi prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Solitamente alla Via Crucis accorrono moltissimi pellegrini e anche tanti turisti, quest'ultimi attirati soprattutto dalla suggestione del rito: le fiaccole nella notte, la mole oscura del Colosseo rischiarata dal lento corteo, i canti, la gente in preghiera... Un'altra notte di preghiera, ma dallo spirito più felicemente sollevato nell'attesa della festa è quella che si celebra nel Sabato Santo, con la veglia pasquale. Lo scenario è quello di San Pietro. Il rito centrale del Sabato Santo è la Veglia pasquale, che papa Ratzinger presiederà nella basilica di San Pietro dalle 22 per commemorare la Notte della Risurrezione. All'inizio della celebrazione, il Papa benedice nell'atrio il fuoco nuovo. Dopo l'ingresso in processione in basilica con il cero pasquale, al canto dell'Exultet, presiederà le liturgie della parola, battesimale ed eucaristica, questa concelebrata con i cardinali. Si arriva così alla Domenica di Pasqua, quando Benedetto XVI presiederà la messa del Giorno, alle 10:30, sul sagrato di San Pietro. Alle 12 pronuncerà quindi il messaggio pasquale e impartirà la benedizione Urbi et Orbi dalla loggia centrale. Anche per riposarsi dalle fatiche della Settimana Santa, alle 16:30 di domenica Benedetto XVI si trasferirà nella residenza di Castel Gandolfo, dove rimarrà per una settimana, fino al pomeriggio di sabato 14 aprile. Dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il Papa si affaccerà ai fedeli alle 12 del Lunedì dell'Angelo per la recita del "Regina Coeli".

Libero, 6 aprile 2007


Benedetto XVI lava i piedi a dieci uomini

Amare e servire contro la sporcizia

Manuela Scalpelli

CITTÀ DEL VATICANO
La prima cosa da imparare è l'amore, per vincere la «sporcizia della propria vita» ed imitare veramente Gesù. E questo vale soprattutto per i sacerdoti. È la riflessione del Papa, che si fa messaggio concreto quando Benedetto XVI, ripetendo il gesto di Gesù nell'ultima cena, lava i piedi a dieci uomini, in San Giovanni in Laterano, per la messa «in Coena Domini» nella quale la Chiesa ricorda l'ultima cena di Gesù con i discepoli, a Gerusalemme. Al mattino in San Pietro Papa Ratzinger ammonisce che senza amore non si entra nel regno dei cieli e la veste bianca richiesta da Dio è la veste dell'amore verso Dio stesso e verso i fratelli. Gli abiti del sacerdote, poi, «sono una profonda espressione simbolica di ciò che il sacerdozio significa», del dover «parlare e agire in persona Christi». Ma proprio celebrando, osserva il Papa, «ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da lui, quanta sporcizia esiste nella nostra vita». Davanti al Papa, sia nella messa del mattino che in quella del pomeriggio, ci sono quasi tutto il collegio cardinalizio e una miriade di vescovi e sacerdoti: è ai vertici della Chiesa dunque che Papa Ratzinger ricorda il comandamento dell'amore e i rischi della caduta. È una meditazione forte, anche se non ha i toni di severità di quando, ancora cardinale, disse durante le meditazioni della via crucis del 2005, alla fine del pontificato di Wojtyla. «Quanta sporcizia – disse – c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza». La durezza di quelle parole fece il paio in quelle settimane con la condanna della «dittatura del relativismo» che Ratzinger formulò nella «missa pro eligendo pontifice» all'apertura del conclave. La decisione con cui stigmatizzò le «correnti ideologiche» che hanno agitato «la piccola barca dei cristiani»: «marxismo, liberalismo, libertinismo, collettivismo, individualismo radicale, vago misticismo religioso, agnosticismo, sincretismo...» ad alcuni apparve troppo critica, ad altri indicò che il cardinale bavarese non faceva sconti al proprio rigore neppure per conquistarsi benevolenza: si presentava con la propria identità chiara. E forse questa franchezza spinse molti, il giorno successivo, ad eleggerlo Papa.

Gazzetta del sud, 6 aprile 2007


L'Ultima Cena

«A tavola Gesù non mangiò agnello»

CITTA' DEL VATICANO — Gesù potrebbe aver celebrato la Pasqua ebraica — sua «ultima cena» — nel giorno in cui la fissava il calendario degli Esseni, che erano vegetariani e quindi potrebbe aver fatto una Pasqua «senza agnello»: è un'ipotesi di alcuni studiosi che il Papa ha ricordato ieri durante la celebrazione in San Giovanni in Laterano, riconoscendole «un alto grado di probabilità». L'ipotesi si basa sugli «scritti di Qumran» scoperti nel 1947 che ci informano sulla setta degli Esseni. Gesù — ha detto ieri Benedetto XVI — «ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran — cioè almeno un giorno prima della Pasqua del Tempio — e l'ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran che non riconosceva il Tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio».

Il Corriere della sera, 6 aprile 2007


Stasera la celebrazione. Alla Nona stazione la meditazione scritta da Ravasi sulla condizione femminile

Papa, la Via Crucis delle donne «Con Cristo le umiliate e violentate»
La Pasqua e il richiamo ai sacerdoti: «Quanta sporcizia c'è nella Chiesa»

Luigi Accattoli

CITTA' DEL VATICANO — Nella «Via Crucis» di questa sera al Colosseo — che sarà guidata da Benedetto XVI ed è stata scritta dal biblista Gianfranco Ravasi — vengono ricordate, sullo sfondo dell'incontro di Gesù «con le donne di Gerusalemme», tutte le figure femminili tribolate di oggi e di ogni tempo: violentate, «sottoposte a pratiche tribali indegne», cioè infibulate o variamente vessate nella loro sessualità, «sole di fronte alla maternità», madri «ebree e palestinesi», vedove, anziane abbandonate.
Ogni anno tocca a un diverso autore scrivere la «Via Crucis» per il papa e due anni addietro, per l'ultimo Venerdì Santo di papa Wojtyla, l'autore era stato Joseph Ratzinger, che aveva proposto una severa riflessione sul peccato che «sfigura» il volto della Chiesa: «Quanta sporcizia — scrisse tra l'altro — c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui».
La parola «sporcizia» riferita al peccato dei consacrati è tornata ieri in bocca al papa, durante la messa celebrata in mattinata nella Basilica di San Pietro: «Quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo — ha detto rivolgendosi ai sacerdoti — ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita. Egli solo può donarci il vestito festivo, renderci degni di presiedere alla sua mensa, di stare al suo servizio».
Il papa ha scelto per la «Via Crucis» di quest'anno un autore creativo: monsignor Ravasi, biblista di gran nome e prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Le sue meditazioni sono puntuali sia nella lettura delle quattordici «stazioni» evangeliche, sia nella loro attualizzazione.
La «nona stazione» — dove Gesù incontra «un gruppo di donne, forse appartenenti a una confraternita dedita al conforto e al lamento rituale per i moribondi e i condannati a morte» — è forse quella che gli è riuscita meglio.
Il biblista parte dal ricordo delle donne di cui Gesù «si era spesso circondato» durante la sua vita, «superando convenzioni e pregiudizi»: dalla vedova di Nain alla «prostituta in lacrime», «dalla giovane figlia di Giairo all'anziana curva, dalla nobildonna Giovanna di Cusa alla vedova indigente e alle figure femminili della folla che lo seguiva». Accenna poi al «mondo di madri, di figlie e di sorelle» che «si stringe attorno a Gesù fino all'ultima sua ora», cioè appunto nelle diverse fasi della «via della croce».
Ecco infine il richiamo alle donne dolenti d'ogni tempo e luogo: «Accanto a lui noi ora immaginiamo anche tutte le donne umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali indegne, le donne in crisi e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree o palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove o le anziane dimenticate dai loro figli».
Creature dolenti e a un tempo consolanti, che insegnano agli uomini la «bellezza» della compassione: «È una lunga teoria di donne che testimoniano a un mondo arido e impietoso il dono della tenerezza e della commozione, come fecero per il figlio di Maria in quella tarda mattinata gerosolimitana. Esse ci insegnano la bellezza dei sentimenti: non ci si deve vergognare se il cuore accelera i battiti nella compassione, se talora affiorano sulle ciglia le lacrime, se si sente il bisogno di una carezza e di una consolazione».
La seconda stazione permette a Ravasi di dire qualcosa sull'intricante figura di Giuda, più che mai attuale oggi a seguito della pubblicazione dell'apocrifo «Vangelo di Giuda» e del romanzo di Jeffrey Archer appena tradotto in italiano da Mondadori: «Il Vangelo secondo Giuda. Beniamino Iscariota». Ravasi sembra fare spazio a un «pentimento» del traditore che potrebbe non essere stato solo disperazione: «Alla notte succederà l'alba, all'oscurità la luce, al tradimento il pentimento, anche per Giuda».

Il Corriere della sera, 6 aprile 2007

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