15 giugno 2007

Blair e la sua presunta conversione al cattolicesimo


Vedi anche:

Blair e i media: atto II

Il cardinale Kasper e Chrysostomos II lavorano per un incontro fra Benedetto XVI e Alessio II

Magister: una straordinaria coerenza lega il Ratzinger teologo, Vescovo, Cardinale e Papa

Si e' spento Giuseppe Alberigo

Politi-Navarro catastrofici, Accattoli "senatore", Valli verso Raiuno

Fra Sistino, un uomo...un mito (2)

Insulti al Papa patrocinati dal governo italiano?

Esclusiva di Petrus: imminente il motu proprio sulla Messa in latino

CARD.KASPER:INCONTRO CON ALESSIO II?SPERIAMO ENTRO UN ANNO

Rassegna stampa del 15 giugno 2007


Il 23 giugno la seconda udienza del premier inglese in Vaticano, preceduta dalle voci sulla sua conversione cattolica

Blair cercherà di parlare al Papa più di Africa che di bioetica

Roma. Sabato 23 giugno, pochi giorni prima del suo addio a Downing Street, il premier inglese Tony Blair verrà ricevuto per la seconda volta da Benedetto XVI. La notizia, ancora ufficiosa, ha risollevato il dibattito mediatico sulla sua presunta conversione al cattolicesimo. Blair, come è noto, ha una moglie cattolica e anche i figli sono battezzati nella chiesa di Roma. Tra i suoi più stretti collaboratori ci sono cattolici (come l’attuale ambasciatore presso la Santa Sede Francis Campbell, che in passato è stato suo segretario personale) e nel suo governo siede un membro dell’Opus Dei, la parlamentare laburista Ruth Kelly. La signora Blair è stata ricevuta dal Papa anche da sola (il 28 aprile 2006), un raro privilegio accordato finora solo a Laura Bush (il 9 febbraio 2006).
E’ stata anche invitata a tenere una relazione in occasione di una sessione plenaria della pontificia Accademia delle scienze. Nei Sacri Palazzi ha suscitato qualche perplessità la scelta di Cherie di presentarsi all’udienza papale in un abbacinante completo bianco (tradizionalmente riservato solo alle mogli dei sovrani cattolici, quelli di Spagna, Belgio e Lussemburgo) o alcune sue battute del tipo “non ci sono molte ragioni per cui la metà dei posti della Curia romana non possano essere occupati da donne”.
Nei colloqui con i vertici della Segreteria di stato, previsti dopo l’udienza, gli argomenti in agenda toccheranno i punti di contatto e anche quelli di frizione tra la Santa Sede e il Regno Unito. Una guida utile a illustrare quale sia lo stato dei rapporti tra Vaticano e Gran Bretagna è costituita dai discorsi che il Papa e l’ambasciatore di sua maestà si sono scambiati il 23 dicembre 2005 in occasione della presentazione delle lettere credenziali del diplomatico.
Benedetto XVI, in un discorso preparato dalla Segreteria di stato, dopo aver ricordato che i rapporti formali tra Santa Sede e Regno Unito sono stati restaurati nel 1914 e che hanno raggiunto un pieno status diplomatico nel 1982, ha riconosciuto che le relazioni “hanno reso possibile un significativo grado di cooperazione nel servizio della pace e della giustizia, specialmente
nel mondo in via di sviluppo, dove il Regno Unito ha giocato un ruolo da leader (leading role) negli sforzi internazionali
per combattere la povertà e le malattie”.
Il Papa quindi ha espressamente ricordato e elogiato l’International Finance Facility (iniziativa lanciata nel 2003 da Gordon Brown per aiutare i paesi del terzo mondo) e il vertice del G8 ospitato da Blair a Gleneagles in Scozia nel luglio 2005. La consonanza maggiore infatti tra la Santa Sede e il governo britannico è quella di dare priorità agli aiuti al continente africano. Nei Sacri Palazzi si è poi apprezzato il ruolo di Downing Street nel dare una svolta che sembra decisiva al processo di pacificazione in Irlanda del nord (significativo in questo senso che il Papa, prima di partire per il Brasile, abbia voluto incontrare gli ambasciatori di Londra e di Dublino e che la foto di questo incontro sia stata pubblicata in prima pagina dell’Osservatore Romano del 10 maggio a fianco di un servizio che descriveva l’insediamento del primo governo autonomo di Belfast). Ma i rapporti tra Santa Sede e Londra hanno anche le loro spine. In politica estera rimane agli atti la differenza di vedute sulla decisione di affiancare gli Stati Uniti nella guerra in Iraq. Ma mentre di Bush nei Sacri Palazzi si continua ad apprezzare la linea tenuta su questioni “non negoziabili” come aborto, biotecnologie e concezione della famiglia, lo stesso non può avvenire per Blair, il quale, distinguendosi in questo, dall’alleato d’oltreoceano, ha assunto politiche diametralmente opposte a quanto insegnato dalla
chiesa cattolica. Basti pensare all’atteggiamento di Londra a favore della sperimentazione sugli embrioni e della clonazione per fini terapeutici, agli appelli lanciati da Blair in persona alle chiese affinché cambino il giudizio negativo nei confronti dell’uso dei profilattici, alla decisione del suo governo di non esentare gli enti cattolici dall’obbligo di dare in adozione bambini anche a coppie omosessuali. Quest’ultimo provvedimento è stato pubblicamente stigmatizzato anche dai vertici della chiesa cattolica inglese, che pure è considerata tra le più liberal.

Il Foglio, 15 giugno 2007


Tony il cattolico

Il 23 giugno Blair sarà ricevuto dal Papa, a Londra molti lo danno per convertito. Ecco perché

Richard Newbury

In Francia c’è una sola religione e cento salse; in Inghilterra una sola salsa e cento religioni” scrisse Voltaire dal suo esilio londinese. L’Inghilterra ha un libero mercato delle confessioni cristiane: il cattolicesimo irlandese vi è penetrato con l’immigrazione di operai, minatori e scioperanti circa 150 anni fa,
esattamente come fecero gli ebrei dell’Europa orientale cinquant’anni dopo e i musulmani, gli indù e i sikh hanno iniziato a fare a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Tra tutti questi, i cattolici irlandesi sono coloro che hanno impiegato più tempo a diventare membri del mondo professionale, della politica e dell’establishment. Al funerale della Regina Madre, cui parteciparono tutte le confessioni, per la prima volta dal funerale di Maria “la sanguinaria” (1558) prese parte anche un sacerdote cattolico: il cardinale d’origine irlandese Cormac Murphy O’Connor.
Per di più, la bara della Regina Madre fu trasportata dalle guardie (irlandesi repubblicane) del reggimento di cui ella stessa era comandante in capo: le Guardie Irlandesi, un reggimento cattolico
reclutato nella Repubblica di Irlanda. La chiesa scozzese è presbiteriana,
ma anche qui vi è una minoranza cattolica (venti per cento), anch’essa in gran parte frutto dell’immigrazione irlandese nel XIX secolo: ecco perché a Glasgow il Celtic è cattolico e i Glasgow Rangers sono protestanti. In Galles, dove la chiesa anglicana non è chiesa di stato, la maggioranza è non-conformista, vale a dire, battista, metodista e presbiteriana.
La conversione al cattolicesimo, quindi, non doveva più sembrare un’opportunità per quei Feniani irlandesi che negli anni Ottanta del XIX secolo spararono alla regina Vittoria, misero una bomba nella nuova metropolitana e fecero saltare in aria uffici postali.
E non è certo la stessa cosa che ammettere, come un “left-footer”, un’imbarazzante preferenza sessuale.
Comunque, non è al primo posto in una lista di mosse giuste per fare carriera nel Regno Unito.

Il ruolo di Cherie

Anthony Howard, commentatore politico e biografo del cardinale Basil Hume, ritiene che Tony Blair, “una volta dimessosi da primo ministro entrerà ufficialmente nella chiesa cattolica”. E’ stata Cherie Blair a portare il marito nel Partito laburista. Ora, a quanto sembra, è ancora lei a portarlo dentro la chiesa cattolica romana, per quanto il suo cattolicesimo sembri una miscela tra un adottato nazionalismo irlandese, cristalli New Age e mantelline spagnole – come un iberico che indossasse il kilt. Tony Blair non soltanto ha fatto una scelta cattolica per la propria moglie, ma anche la stessa politica del suo New Labour è stata decisamente “cattolica” nel senso di genericamente universale, ossia una chiesa vasta, la terza via e la concentrazione sui “valori” anziché sull’ideologia. E come il Partito laburista ha fatto fatica a digerire Tony, anche la sua nuova chiesa potrebbe ritenere minaccioso il suo cattolicesimo “inclusivo”.
Quando Tony Blair ha iniziato a frequentare la messa cattolica insieme a sua moglie e ai suoi figli, e a ricevere la comunione, il compianto cardinale Basil Hume, arcivescovo di Westminster, gli ha detto che non gli era permesso di farlo. Blair ha risposto accettando il richiamo, ma domandando che cosa avrebbe pensato Nostro Signore o san Paolo di questo divieto. Una risposta tipicamente protestante.
Il concetto chiave della fede protestante è la responsabilità personale diretta nei confronti di Dio. Il concetto fondamentale di
quella cattolica è l’obbedienza nei confronti del vicario di Cristo sulla terra. Nel Concilio delle chiese di Cambridge, dove vivo, sono
rappresentate 22 diverse confessioni ma non i cattolici. Il motivo per cui i cattolici rifiutano di farne parte sta in ciò che fin dall’inizio ha diviso i protestanti dai cattolici: la messa.
Per i cattolici la messa è la ripetizione dei poteri redentori del Cristo sulla croce. Per i protestanti è un agape, una commemorazione
del supremo sacrificio compiuto da Cristo per i nostri peccati. L’uomo che è riuscito a convincere il protestante Paisley e il cattolico McGuinnes a formare un governo insieme in Irlanda del nord può riuscire anche nell’impresa di far quadrare il cerchio nel cuore stesso della Riforma? Oppure sta cercando di ripetere il suo più grande successo politico – la pace in Irlanda – riunificando la
cristianità occidentale? O forse, più semplicemente, vuole soltanto andare in chiesa la domenica con sua moglie e i suoi figli, ed è pronto a entrare nel partito/chiesa che gli permette di realizzare questo desiderio?
In Gran Bretagna i partiti non hanno affiliazioni politiche; come disse Alistair Campbell allo stesso Tony Blair che voleva terminare
un discorso con la frase “Dio vi benedica tutti”: “Noi non facciamo la parte di Dio!”.
Nelle ultime elezioni i tre candidati alla carica di primo ministro erano un anglicano, un ebreo e un cattolico. Ma la cosa strana era che erano tutti e tre praticanti – fatto piuttosto inconsueto nella storia della Gran Bretagna moderna.
Alla Durham Cathedral School, anglicana, o alla Fettes School (l’Eton scozzese), nella Edimburgo presbiteriana, Blair non mostrò mai alcun interesse per la politica o la religione.
Fu a Oxford, patria dell’anglo-cattolicesimo del XIX secolo o della cosiddetta High Church anglicana, che Blair cadde sotto l’influenza del reverendo Peter Thomson, il quale lo introdusse all’anglicanesimo e anche al socialismo cristiano del filosofo scozzese John MacMurray (autore di “Communitarianism”).
Per qualche tempo, lo studente di legge Blair rimase indeciso se fare il prete o il politico. Quando fece le cresima nella cappella del St. John College, il cristianesimo era per lui come “l’unione tra l’individuo e la comunità”, come la conferma del fatto che “non siamo abbandonati in un impotente isolamento, ma abbiamo un dovere nei confronti di noi stessi e degli altri”. “La santa cena conferma che non cresciamo in completa indipendenza, ma in modo interdipendente”.
L’inclusione di tutti (classi, religioni, generi sessuali) nella comunità, con responsabilità nei confronti degli altri, secondo il
principio dei diritti individuali, è il centro vitale che ha spinto verso la politica Tony Blair, definito sarcasticamente come il Vicario di St. Albione.
E’ compito del Converter General della cattedrale cattolica di Westminster verificare queste utili generalizzazioni contro la dottrina cattolica se non si vuole che l’ammissione di Tony sia bocciata dal Catholic Club. Il frate francescano Michael Seed, noto come il prete delle celebrità (ma che sfrutta questi contatti anche per gestire un istituto di carità per i senzatetto, The Passage), ha un passato che piacerebbe a Blair. E’ nato a Manchester nel 1957, figlio di una povera ragazza madre.
Ha preso il nome dai suoi genitori adottivi, ma la madre adottiva si è suicidata quando lui aveva appena otto anni. Dopo essere stato sballottato da una famiglia adottiva all’altra, è finito in una scuola per bambini disadattati.
Fu licenziato dal suo primo lavoro in una stazione di servizio autostradale per avere rotto troppe stoviglie, poi da un altro per avere messo a scaldare un bollitore elettrico su una cucina a gas. Il suo viaggio spirituale lo condusse all’Esercito della Salvezza, alla chiesa anglicana e ai battisti. Si accostò al cattolicesimo per la prima volta nel 1974 quando un barbone di un ostello nel quale lavorava gli diede un opuscolo sulle locali organizzazioni cattoliche. Entrò nei frati francescani nel 1979. Dopo un periodo di formazione negli Stati Uniti, nel 1986 divenne cappellano cattolico nell’ospedale di Westminster; poi, nel 1988, fu nominato consigliere ecumenico dell’arcivescovo Hume nella cattedrale di Westminster, proprio quando l’ammissione delle donne al sacerdozio da parte degli anglicani scatenò una corsa del clero anglicano (e spesso sposato) a Roma.
Se davvvero Blair chiederà di entrare nella chiesa cattolica molti si chiederanno il perché di questo “ritardo”. Un ritardo dovuto non soltanto al fatto di non voler mettere alla prova la posizione costituzionale determinata dalla condizione di essere il primo premier cattolico, il quale deve segnalare i candidati per l’episcopato anglicano alla Civil Service Appointments Commission. La chiesa cattolica e lo stesso Blair ritengono che sarebbe stata un’inutile provocazione.
Ed è vero, se si tiene inoltre conto del fatto che il presbiteriano Gordon Brown ha già detto che vuole rinunciare al compito di raccomandare vescovi alla Regina, mentre il futuro Carlo III ha dichiarato che presterà giuramento a difesa non della chiesa d’Inghilterra ma di tutte le fedi. Soprattutto, Blair non ha voluto mettere in pericolo la sua più grande eredità: l’accordo di pace in Irlanda del nord. Con una madre irlandese protestante e una moglie cattolica ha un piede su entrambe le sponde. Ha passato ore a discutere sulla Bibbia con il reverendo Ian Paisley, e altrettante ore a parlare con McGuinnes e Adams per convincerli a fare il miracolo.
Cambiare cappotto improvvisamente avrebbe rischiato di far andare tutta quella faticosa costruzione di fiducia in fumo e sparatorie, anzi, in un terribile inferno.

Il Foglio, 14 giugno 2007

Nessun commento: