21 ottobre 2007

Mons. Betori: l’Italia riscopra il bene comune


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INTERVISTA CON MONSIGNOR BETORI
«I cattolici che hanno votato alle primarie hanno fatto benissimo. Ma per un religioso è diverso»

«L’Italia riscopra il bene comune»

«La Chiesa non è soggetto politico ma sociale sì, e in quanto al servizio della società nel suo insieme non vedo perché debba vedere negate le agevolazioni che le permettono di operare a favore di tutti, come il sindacato o gli enti no profi t. Se poi una mensa Caritas si trasforma in ristorante deve senz’altro pagare l’Ici».

ALDO MARIA VALLI

A margine dei lavori della 45esima Settimana sociale dei cattolici, in corso a Pisa, monsignor Giuseppe Betori accetta di rispondere alle domande di Europa.
L’idea di bene comune, tema al centro di questa settimana sociale dei cattolici, sembra difficile da cogliere in un paese come il nostro, marcato da un individualismo spinto. Eppure voi lo riproponete. Perché?

Perché non vogliamo che la frammentarietà, segno distintivo della cultura contemporanea, aggredisca anche i valori fondanti della persona e della convivenza fra gli uomini. I cattolici devono comprendere che su questi valori non ci si può schierare gli uni contro gli altri, né all’interno del cattolicesimo né all’interno del paese, che oggi ha bisogno di riscoprire il bene comune. Su questo piano tutti devono convergere al di là delle pur doverose e legittime diversità sociali e politiche.

Quindi voi sostenete una forte convergenza dei cattolici su quelli che il papa definisce “valori non negoziabili”, al di là dello schieramento politico…

Senza dubbio. Ripeto che occorre seminare all’interno della società una visione più attenta alle convergenze che alle divergenze.

Questa edizione del centenario delle settimane sociali a suo giudizio per quale aspetto si deve caratterizzare?

Credo anzitutto per questo ritrovarsi insieme dei cattolici a ragionare sui contenuti del bene comune, messi particolarmente in crisi dalla cultura contemporanea.
E poi occorre dare uno slancio nuovo all’operatività sociale del cattolicesimo. La vita di una comunità civile non si esaurisce nell’attività politica.
C’è anche un insieme di iniziative che nella storia del cattolicesimo presenta molti esempi. Penso a quello che è stato il Progetto Policoro nel Mezzogiorno, con le cooperative per i giovani. Sono opere che bisogna promuovere e far crescere in tutti i settori.
Solo così la politica può trovare nutrimento e vita, pur, lo ripeto, nella legittima pluralità delle scelte.

Non possiamo nascondere però che quando la Chiesa scende in campo la parola “ingerenza” torna sulla bocca di molti, con forme di insofferenza esplicita. E sei poi pensiamo alle recenti politiche sull’Ici, si arriva all’aperta ostilità. Perché tutto questo se la Chiesa si impegna per il bene comune?

Anzitutto distinguerei tra Chiesa e cattolici. I cattolici non possono essere considerati cittadini di serie B. Come tutti i cittadini, hanno il diritto di una presenza attiva nella società, e nessuno li può discriminare perché si ispirano a una fede religiosa. Altro è il discorso per la Chiesa, che non è soggetto politico ma sociale sì, e in quanto al servizio della società nel suo insieme non vedo perché debba vedere negate quelle agevolazioni che le permettono di operare a favore di tutti.

Le esenzioni dall’Ici d’altra parte non riguardano solo la Chiesa ma tanti soggetti sociali, come i sindacati, le cooperative e tutti gli enti no profit. Se poi una mensa Caritas si trasforma in ristorante deve senz’altro pagare l’Ici e lo stesso se c’è una casa per ferie che diventa albergo.

Cent’anni fa Toniolo, fondatore delle settimane sociali, venne preso a sassate da alcuni contestatori. Un secolo dopo, ci sono sassi metaforici che continuano a colpire i cattolici quando escono dalla sfera privata e scendono sul terreno sociale e politico. Perché?

In questi giorni stavo pensando tra me che mentre noi facciamo memoria di cento anni di cattolicesimo sociale c’è qualcuno che fa memoria con piacere di quei sassi. Mi sembra triste, ma preferisco pensare alle tante persone che avvertono la Chiesa e il cattolicesimo come presenza amica e solidale. Tanta gente sa che la Chiesa è a suo favore e la sostiene perché la riconosce come istituzione affidabile, mentre chi ha un pregiudizio ideologico non riesce a percepire questo ruolo e vede nella Chiesa soltanto un contropotere.
Se per “potere” si intende il servizio al popolo, voglio dire molto chiaramente che noi non smetteremo di esercitarlo.

In una sua intervista di qualche giorno fa lei è stato critico nei confronti delle suore viste ai seggi delle primarie del Partito democratico. Perché?

I cittadini cattolici che sono andati a votare per le primarie hanno fatto benissimo, è un loro diritto e nessuno lo mette in discussione, ma la posizione di un religioso, di un sacerdote e di un vescovo è diversa. Le scelte all’interno di un seggio elettorale si fanno e vanno fatte, ma votare per le primarie di un partito vuol dire schierarsi e questo comportamento mi sembra che non appartenga al ruolo di chi dentro la Chiesa ha altre vocazioni da realizzare.
Dal momento che si rimprovera spesso a noi vescovi di dire qualcosa circa il dibattito politico, mi sembra strano che chi nella Chiesa ha un ruolo di testimonianza religiosa possa addirittura schierarsi per una corrente politica.

© Copyright Europa, 20 ottobre 2007

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