29 novembre 2007

Autobiografia di Günter Grass, L'Osservatore: poteva risparmiarsi i condizionali visto che il Papa raccontò la sua prigionia molti anni fa...


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Tradotto in italiano "Sbucciando la cipolla"

La giornata di pioggia in cui Günter Grass divenne SS

Claudio Toscani

La fertile maturità del settantanovenne Günter Grass ha prodotto in questi ultimi tempi una stipata messe di titoli: da Il torto del più forte (2004) a Il club dei mancini (2005); da L'etica dello scrittore a Scrivere dopo Auschwitz, entrambi del 2006; da Tutti contro di me a Sbucciando la cipolla a Stupido agosto (tra 2006 e 2007). Sbucciando la cipolla giunge ora nella traduzione in italiano (Einaudi, pagine 384, euro 19), dopo aver arroventato l'estate dell'anno scorso nelle edizioni della tedesca Steidl. Scandalo degli scandali: Günter Grass (emblema della cultura tedesca, praeceptor moralizzante e coscienza critica della Germania nonché icona della Vergangenheitsbewältigung - rielaborazione del passato - e infine Nobel letterario nel 1999), sbucciando la cipolla dei suoi ricordi e raccontandosi tra i dodici e i trent'anni, confessa di essere stato soldato delle "SS" (divisione Frundsberg di stanza a Bad Muenstereifel) tra il dicembre 1944 e l'aprile 1945. Ma lo scalpore, per non dire il lato inaccettabile della situazione, sta nel fatto che Grass ha taciuto per sessanta anni questo particolare della sua esistenza, sia pure esente da qualsiasi crimine o responsabilità di sangue: anzi, ricco di sofferenza, dalle spaventose scene di guerra al ferimento, dalla cattura da parte dei russi alla finale consegna agli americani. Se è vero che, strato dopo strato, o pelle dopo pelle, o tunica dopo tunica, sbucciare una cipolla fa piangere, la metafora con cui Grass investe il nucleo tematico di questo libro lo lascia a ciglio piuttosto asciutto, specie per quanto attiene all'insistito risvolto di non colpevolezza, e quindi di autoassoluzione, riguardo ai fatti confessati. Trauma della notizia, doccia scozzese d'una verità lungamente taciuta, inopinato crollo di un mito d'innocenza: nulla è stato sedato, anzi, ha subito più d'una recrudescenza alle sopraggiunte precisazioni di Grass: "non ne ho parlato per vergogna", "non ho mai trovato la forza di dirlo", "non era facile per un giovane capire quanto pericolosi fossero i nazisti", ecc. Il libro, in sé, è anche più lontano da qualsiasi forma di autogiustificazione, se dà per certo che il corpo militare di Grass non era parte dell'esercito regolare, che lui non ha sparato un solo colpo, che non era stato un volontario ma un arruolato. Ma si insiste: non il fatto in sé, conta, ma il silenzio. E poi si insinua che lo scrittore si sia deciso alla verità temendo di essere scoperto da annunciate indagini in archivi segreti, se non addirittura acconsentendo a un battage pubblicitario.
Ma non ci si disponga alla lettura di Sbucciando la cipolla con un simile retroterra di complicazioni, non solo, ma neanche pensando che sia criticamente produttivo considerare il recupero di un imbarazzante passato come una sorta di ideologica bohème giovanilistica; oppure che la categoria espressiva per dirlo (un "io" autotestimoniale) sia stata scelta in quanto permissiva di un accettabile slalom tra compatimento di una propria sedicenne debolezza e astuta, se non disonesta, petizione di pietà per un personaggio ridiventato persona (il Nobel delle tante battaglie democratiche e lo specchiato censore di innumeri dibattiti politici che scopre una smagliatura nella sua purezza e nobiltà, ma non rinuncia all'idea dello scrittore che educa, insegna, orienta, senza macchia e senza abiura).
"Certo - scrive Grass - il presente con i discorsi del Führer, le guerre lampo, gli eroi dei sommergibili e gli assi dell'aviazione pluridecorati, mi era chiaro (...), ma al tempo stesso mi muovevo tra l'esercito dei crociati in marcia verso Gerusalemme, ero scudiero dell'imperatore Barbarossa, menavo fendenti come cavaliere dell'ordine teutonico".
Niente di sconcertante, ma di fanaticamente prevedibile, semmai, dati i tempi, e dopo il naufragio dell'adolescente impostazione cattolica voluta dalla madre. In più, accordato il debito riguardo all'effimero orgoglio per l'adesione a un nazionale delirio di potenza, un'altra fragilità s'impone al lettore di queste pagine: quella del ricordo, esposto ai quattro venti dell'elaborazione, delle inconsce riserve, dell'imbarazzo e delle inevitabili velature degli anni. Se dire memoria è dire identità, non è lo stesso che dire concordanza documentale. L'autobiografia letteraria è un patto tra verità e rimembranza, verità e retrospezione: infine, verità e ipotesi ("La memoria si appella volentieri alle lacune. Spesso il ricordo offre solo informazioni vaghe e interpretabili a piacere"). Quella "giornata "probabilmente" di pioggia" in cui il giovane Grass sottoscrive la domanda di arruolamento, è in sé il proliferante atomo verbale di tutto il libro, la reazione a catena tra vita e rievocazione che divenuta scrittura certifica più l'artista che l'uomo, più il Bildungsroman (il romanzo di formazione) che la vita da cui prende le mosse.
Il momento in cui, prigioniero, gioca a dadi con il "cattolico di ferro" Joseph Ratzinger, coinvolgendolo nel testo, Grass scrive, con dubitabile buona fede, di non voler escludere trattarsi dell'attuale Papa. Poteva risparmiarsi la circospezione del condizionale, dato che la verità è nota da sempre (da ultimo, e con più precisazioni, in un testo di anni fa dello stesso Benedetto XVI: La mia vita, San Paolo, 1997).
E in altre imprecisioni, rimozioni, reticenze, inciampa lo scrittore, tanto da suscitare presso alcuni storici, non solo lo scontento per aver taciuto, ma l'accusa di aver mentito. In sostanza, di aver perso l'occasione per comporre una volta per tutte la generazionale schizofrenia ideologica del popolo tedesco, seguita alla catastrofe dell'ultima guerra mondiale, che non vuole cadere in prescrizione.
Forse la cipolla non è sbucciata del tutto, per cui, una volta stornato il pensiero di ogni e qualsiasi complicità attiva di Grass per la sua giovanile esperienza nelle Schutz-Staffeln naziste, nonché cercato di comprenderne, se non di assolverne, la tardiva denuncia, torniamo al libro ("Così è andata per molti ai quali si rimproverava una biografia sbagliata; quelli con la biografia giusta sapevano da sempre cosa doveva esserci di sbagliato").
E tornando al libro, nella prosa svelta e robusta, diretta e spietata, dalle digressioni al minimo dettaglio, in cui è scritta, il passato non resta fisso su se stesso ma dà la mano a molti eventi di dopo il ventennio, intrecciando azioni ed emozioni, circostanze e conseguenze, fatti ed effetti.
Dagli anni dell'entusiasmo per la fascinosa uniforme di truce bellezza delle "SS", novello Sigfrido, al congedo dopo l'attentato al Führer, la pellicola si strappa. Il film riprende in un secondo tempo d'altro mondo, d'altra civiltà, d'altra cultura. L'impari riunificazione delle due Germanie capovolge d'acchito la clessidra storica, ma sullo sfondo dei grandi avvenimenti, Grass ritrova la famiglia, celebra la scultura come prima passione per l'arte che non cederà al passo incombente della poesia e della prosa critica o creativa, secondo i casi (memorabile l'appartenenza al "Gruppo 47", che Grass vorrebbe far rivivere agli anni nostri), ma vi si abbinerà da allora sino ad ora. Poi i viaggi (Italia e Francia soprattutto), poi la perdita dei genitori, poi un inossidabile matrimonio e la famiglia e i figli.
"C'era una volta un giovane scultore che per la prima volta si presentò in veste di poeta".

(©L'Osservatore Romano - 29 novembre 2007)

Ricordiamo che Joseph Ratzinger era considerato un "soldato di serie B" perche' arruolato a forza.
R.

1 commento:

euge ha detto...

Ancora con questa storia Raffaella ........... ma è una fissazione!!!!!!!! ma si cambi argomento questo e riscaldato e stracotto, tanto quanto il "pastore tedesco" Bastaaaaaa!!!!!